Due sentenze, rispettivamente del Tribunale e della Corte d’Appello di Milano, consentirebbero in linea teorica a Formigoni di ricandidarsi per un quinto mandato. Il presidente della Lombardia ha già annunciato di non avere intenzione di farlo, ma i magistrati nel 2010 hanno di fatto creato un precedente che ora il governatore potrebbe fare valere a suo vantaggio. Secondo i giudici, la legge dello Stato numero 165/2004, che prescrive un limite di due mandati per i presidenti di Regione, è soltanto una “norma cornice” che non si applica finché il Consiglio regionale non decide di recepirla. La Corte d’Appello è giunta a respingere come “manifestamente infondata” anche la questione di legittimità costituzionale sollevata da quanti volevano impugnare la rielezione di Formigoni. A spiegarlo a Ilsussidiario.net è Sandro Staiano, professore di Diritto costituzionale all’Università di Napoli Federico II.
Professor Staiano, in linea teorica Formigoni potrebbe ricandidarsi per un quinto mandato?
La questione è stata già considerata in sede giurisdizionale. In sede di sospensiva, la sua proposta di candidatura fu impugnata davanti al Tar, al Tribunale e alla Corte d’Appello di Milano. Nel 2010, dopo la quarta vittoria di Formigoni, è stato presentato un ricorso in tribunale con la richiesta di pronunciarne la destituzione per violazione della legge nazionale 165/2004. Questa norma prevede l’impossibilità di superare i due mandati. Ciò aveva indotto i ricorrenti a chiedere la dichiarazione di decadenza dalla carica di presidente.
Come si erano espressi i magistrati?
Sia il tribunale di primo grado sia la Corte d’appello hanno ritenuto che l’eccezione di incandidabilità fosse infondata. In entrambi i casi i magistrati hanno affermato che la 165 del 2004 è una legge cornice o quadro dello Stato. Ciò avviene nelle materie che sono attribuite nella potestà legislativa concorrente, nelle quali cioè lo Stato pone i principi fondamentali e la Regione stabilisce le regole di attuazione dei principi. La materia elettorale rientra in una di queste potestà concorrenti.
E quindi?
E quindi quando la legge 165 pone il limite di due mandati, dice il tribunale e poi ribadisce la Corte d’Appello, la norma statale stabilisce un principio, che poi deve essere attuato dalla legge della Regione. In concreto il limite dei mandati avrebbe dovuto porlo la legge della Regione. Sennonché la legge della Regione non è mai intervenuta, perché non è mai stata adeguata alla legge 165. Non troviamo quindi una regola di attuazione che stabilisca il limite dei due mandati come previsto dal principio introdotto con la legge 165.
Per quale motivo era necessaria una legge regionale?
La norma nazionale parla di “non immediata rieleggibilità”. Quale sia poi il significato da attribuirvi nel concreto, per esempio quanto tempo debba intercorrere fra la non ricandidabilità al termine della seconda elezione consecutiva e un eventuale terzo mandato, avrebbe dovuto essere stabilito dalla legge della Regione. Il tribunale ha affermato quindi che la non ricandidabilità non è una regola immediatamente applicabile, bensì un principio che si rivolge alla Regione. Quest’ultima quando produce la sua norma è vincolata a rispettare questo principio, ma se la Regione non produce una nuova legge elettorale questo principio non la vincola, e quindi la legge 165 non si applica.
Qual è invece la posizione della Consulta?
La Corte costituzionale ha affermato che se una legge cornice contiene non soltanto dei principi ma anche delle regole, e la Regione omette di legiferare, la regola posta dalla legge cornice vale fino a quando la norma della Regione non intervenga. Ciò è valido però quando queste norme contenute nella legge cornice sono finalizzate all’immediato svolgersi di funzioni amministrative dello Stato, per soddisfare esigenze unitarie, e che quindi non possono essere esposte al rischio della ineffettività.
Ciò vale anche per la legge 165?
Il Tribunale e la Corte d’Appello hanno detto che in questo caso non è così, perché la norma prevista sulla non immediata rieleggibilità non è di quelle che devono permettere l’effettivo svolgersi delle funzioni amministrative.
Quindi per i magistrati milanesi non ci sono dubbi?
Gli appellanti in sede di Corte d’Appello avevano sollevato perfino la questione di legittimità costituzionale. La stessa Corte d’Appello l’ha ritenuta manifestamente infondata e dunque inammissibile. L’unico spiraglio nella sentenza della Corte d’Appello è che “anche se si considerasse immediatamente applicabile la norma contenuta nella legge dello Stato sulla ineleggibilità, tuttavia nella fattispecie non sarebbe applicabile perché risulterebbe applicata retroattivamente”.
Riferendosi a Maroni, Formigoni ha dichiarato di ritenere “irrituale che il capo di un partito che ha rotto questa esperienza positiva di governo possa pretendere di essere candidato” …
E’ una valutazione politica che esula dal campo tecnico. Dal punto di vista istituzionale si può soltanto osservare che c’è una evidente situazione di frammentazione, di pressione e di difficoltà del contesto partitico, e ciò si riverbera sugli equilibri e sulla tenuta del quadro istituzionale.
(Pietro Vernizzi)