Dopo lo scandalo dei fondi dei partiti esploso con il caso della Regione Lazio e che si è allargato a macchia d’olio in altri sei consigli regionali, il governo si dice pronto a intervenire. Già questo giovedì, infatti, dal Consiglio dei ministri verrà varato il decreto sui tagli dei costi agli enti territoriali, il che si tradurrà in un minor numero di consiglieri, in una stretta sui loro stipendi e in bilanci certificati per Regioni e Comuni. A vigilare sulle spese dei partiti, sia a livello locale che nazionale, sarà la Corte dei Conti con poteri di controllo e sanzione. IlSussidiario.net analizza le varie proposte avanzate in questi giorni dai diversi governatori con Giancarlo Pola, professore di Finanza degli Enti locali presso l’Università di Ferrara.
Cominciamo dalla proposta di Formigoni. Il governatore della Lombardia propone di portare il numero delle regioni a tre: Nord, Centro e Sud. Cosa ne pensa?
Della proposta di Formigoni resta da capire in che modo verrebbero gestite le Regioni a statuto speciale, quindi se il Friuli Venezia Giulia convergerà all’interno della macroregione del Nord e se la Sicilia e la Sardegna in quella del Sud. Quella della costituzione di tre grandi macroregioni è una proposta avanzata dal professor Gianfranco Miglio durante gli anni del suo insegnamento in Cattolica, quindi si tratterebbe sostanzialmente della ripresa di una concezione ottimizzante del Paese secondo cui, in questo modo, vengono riunite “famiglie di popoli” più simili tra loro.
Cosa ne pensa?
Non credo sia un’idea totalmente da scartare, soprattutto se dovesse portare ad acquisire più potere nella cosiddetta Europa delle regioni. Credo però che la Regione del Nord avrebbe il dovere e il diritto di vedersi attribuiti quel potere e quella restituzione di risorse di cui la Lega ha parlato con molta veemenza in questi due giorni a Torino.
Cosa bisognerebbe fare concretamente per procedere in tal senso?
E’ ovvio che dividere l’Italia in tre macroregioni non è cosa semplice. Sono dell’idea che un processo di questo tipo debba inevitabilmente avere origine da un intervento sulla Costituzione italiana. Si potrebbero pensare altre vie, come ampie conferenze interregionali chiamate a valutare e ad approvare un progetto del genere, ma immagino che una modifica costituzionale non possa essere evitata.
Questo renderebbe quindi un progetto del genere difficilmente realizzabile?
Sì, personalmente credo che si tratti di una proposta di difficile realizzazione. Probabilmente sarebbe più semplice accorpare le quattro Regioni basiche del Nord, in quella “Plev” di cui ho parlato nei giorni scorsi su queste pagine, e iniziare una convenzione specifica senza aver bisogno di toccare la Costituzione. Immagino dunque una sorta di avventura condivisa che abbia l’obiettivo di ottenere il massimo dei vantaggi, per esempio dal punto di vista fiscale e della spesa, semplicemente dalla legislazione nazionale. Potrebbe inoltre essere concesso qualche margine in più al deficit, come avviene in Germania.
Vale a dire?
Già da qualche anno la Germania ha introdotto una regola costituzionale che prevede che il governo Federale raggiunga e mantenga un disavanzo strutturale al massimo pari allo 0.35% del Pil entro il 2016, mentre i Länder raggiungono il pareggio di bilancio strutturale entro il 2020. Da un punto di vista economico, sono diversi i vantaggi di questa regola, che comunque assicura un certo margine di flessibilità.
C’è chi parla del fallimento del federalismo. Crede sia ora di tornare al centralismo?
Possiamo dire che è probabile che dietro molte dichiarazioni di questo tipo vi siano volontà e ombre di un centralismo ricorrente e che probabilmente nessuno, più dei centralisti, sia compiaciuto nell’assistere al disastro delle Regioni e della percezione di cui esse attualmente godono presso l’opinione pubblica. Dubito però che sia una buona idea rincorrere un tale centralismo, a meno che non si intenda una particolare forma che si basa sulla redistribuzione dei fondi e delle risorse centrali tra le varie Regioni per infrastrutture e altri investimenti. Di certo non è possibile immagine un ritorno al centralismo solamente perché qualche Regione poco trasparente ha agito nei modi a cui abbiamo potuto assistere.
Crede però che il numero delle Regioni debba essere ridotto?
Fino a poco tempo fa avrei risposto che sarebbero bastate 10-12 Regioni, ma da quando ho analizzato i fatti tedeschi sono francamente più scettico rispetto a questa ipotesi.
Come mai?
Perché sono 40 anni che i tedeschi tentano di aggregare i Länder senza però riuscirci. E’ vero anche che le situazioni dei due Paesi sono diverse e che in Germania i Länder possiedono anche rappresentanza politica nel Bundesrat, ma ho avuto modo di vedere che anche in Paesi democraticamente maturi vi sono notevoli resistenze a superare il frazionamento. Per questo motivo, pur rimanendo favorevole a un eventuale diminuzione del numero delle Regioni, sono piuttosto scettico riguardo il successo di tale operazione.
(Claudio Perlini)