Una politica corrotta, debole, che ha oramai smarrito la sua vocazione originaria. Le parole di monsignor Luca Bressan, vicario episcopale della Diocesi di Milano per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione sociale, sono severe, inequivocabili. L’attuale rappresentanza politica ha cessato di essere quello strumento che permette, attraverso il buon governo, la custodia e la difesa del bene comune. Il fenomeno corruttivo, insieme a evidenti tracce di infiltrazioni di una criminalità organizzata sempre più diffusa, non vanno solamente letti come segni dell’indebolimento del codice di moralità di singoli attori della politica, ma come un ben più profondo campanello d’allarme che mette in luce il grave stato di crisi dell’intero sistema. Alla luce degli scandali di queste settimane, commentiamo i principali contenuti del testo di Bressan insieme a Piero Bassetti, politico, imprenditore, primo storico presidente della neonata Regione Lombardia nel 1970. E grande sostenitore di Giuliano Pisapia alle ultime elezioni comunali di Milano.
Monsignor Bressan parla di una politica screditata, “che ha smarrito la sua vocazione originaria”. Condivide l’impietosa fotografia della realtà contenuta nella lettera?
Certamente condivido il pensiero, ma è necessario sottolineare che le considerazioni che vi leggiamo non trovano le proprie basi su tesi prevalentemente politiche, ma di fatto morali. Questo è senza dubbio l’atteggiamento più corretto che può avere la Chiesa, impegnata in una sorta di “ricristianizzazione” degli italiani e di conseguenza della loro politica: non dimentichiamo, infatti, che siamo proprio noi a eleggere i corrotti. Come sempre, la politica riflette la società che la produce. Però, proprio perché il documento di Bressan non è politico, ma morale, il vero problema resta quello del raccordo tra le fonti di moralità e gli assetti organizzativi della politica.
Si spieghi.
Semplicemente, questa corruzione è il frutto della cattiva organizzazione delle nostre istituzioni e, non a caso, abbiamo avuto focolai corruttivi proprio nelle Regioni.
Perché dice questo?
Perché le Regioni sono state talmente svuotate di qualsivoglia contenuto responsabilizzante, che in esse l’attività politica non poteva non arrivare ad assumere caratteristiche corruttive. Mi passi questa metafora: se le Regioni vengono trasformate in mense aziendali, la gente vi andrà per mangiare.
Si riferisce anche all’indebolimento dei Consigli regionali?
Abbiamo organizzato una democrazia in cui lo sforzo massimo del centralismo è stato quello di deresponsabilizzare i cittadini, gli elettori e i loro rappresentanti. Finché il circuito tra bene comune e mezzi non si è definitivamente rotto. Può un Parlamento di corrotti produrre una legge anticorruzione? Come può un Consiglio regionale, di conseguenza, non sprecare risorse quando è stato deresponsabilizzato nel loro uso? Bisogna poi sottolineare che la ’ndrangheta è cosa ben diversa dalla corruzione…
Cosa intende?
Il corrotto abbandona, più o meno consapevolmente, sia la regola etica sia quella facente parte dell’istituzione in cui opera. Chi invece pratica il circuito di potere mafioso non è affatto convinto di fare qualcosa di immorale in assoluto, proprio perché la mafia non rappresenta uno scostamento dai meccanismi previsti ma solamente la loro sostituzione con altri diversi.
Mons. Bressan parla non solo di crisi del codice di moralità dei singoli, ma di crisi del sistema politico nel suo complesso.
Appunto. Il fondamento dell’etica politica è rappresentato dal rispetto dell’istituzione e non della moralità individuale. Se quindi vogliamo combattere la corruzione possiamo certamente fare appello all’etica, ma è molto più importante fare appello all’organizzazione del potere affinché possa responsabilizzare chi lo detiene.
Alla luce di queste considerazioni, come giudica l’attuale fase di uscita di scena di Formigoni?
La mia impressione è che al momento non vi sia percezione della differenza tra una crisi di sistema e una crisi personale di moralità. Il governo della Regione Lombardia, pur nella situazione in cui attualmente si trova, è stato senza dubbio tra i migliori, tanto che lucidamente anche l’opposizione ammette i suoi importanti risultati.
Ma la Chiesa cosa deve fare?
È quantomai opportuno che la Chiesa continui a ricoprire il suo valido ruolo di “mantenitrice” dei valori, però è necessario far capire al mondo laico e cattolico che non sono le esortazioni morali a garantire rappresentanti non corrotti, ma solamente un sistema di rappresentanza in cui la responsabilità possa diventare fondante.