Con l’apertura della grande mostra sull’età costantiniana a Palazzo Reale a Milano cominciano le celebrazioni del 1700° anniversario di una svolta epocale: infatti nel febbraio del 313 Costantino e Licinio emanano l’editto di Milano, che concede per la prima volta la libertà religiosa a tutti i sudditi dell’impero e in primo luogo ai cristiani.



Tale evento sarà al centro anche di un corposo ciclo di incontri promosso dal Centro culturale di Milano e proprio le differenti sottolineature poste in epigrafe alle due manifestazioni  (la mostra definisce il periodo come Il tempo della tolleranza, mentre il ciclo di incontri afferma che si tratta di andare oltre la tolleranza: libertà e diritto alla verità) ci spingono a riflettere sul senso profondo di questo anniversario. E’ importante infatti comprendere che quanto è accaduto nel 313 è particolarmente “sconvolgente” per la mentalità dell’epoca (ma evidentemente anche per la nostra) perché quanto affermato nel rescritto che ci tramanda il contenuto dell’Editto: Noi dunque Costantino Augusto e Licinio Augusto abbiamo risolto di accordare ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità



Non è semplicemente un allargamento della “tolleranza religiosa” ai cristiani (fino a poco prima fieramente perseguitati), ma costituisce il primo documento che sgancia la struttura dello stato romano dal patto con gli dei tradizionali ed afferma che il rapporto tra l’uomo (e l’intera società) e Dio è fondamentale per ogni dimensione (compresa quindi quella politica), ma è basato su un rapporto libero. Come diceva la grande storica Marta Sordi: “Totalmente ed esclusivamente di Costantino è il concetto di libertà religiosa secondo cui il diritto della divinitas di essere adorata come vuole, fonda nei singoli la potestà di seguire la religione che ciascuno avesse voluto”.



Sul piano storiografico la “questione costantiniana” sollevata alla metà del Novecento (relativamente all’uso politico della religione come motivazione della “svolta costantiniana” del 312) appare definitivamente risolta grazie all’apporto di studiosi di varia provenienza e formazione (dalla Sordi a G. Bonamente a P. Veyne) che riconoscono a Costantino una esperienza umana eccezionale sul piano religioso nel 312, tale da portarlo a considerare necessario inserire nella tradizionale visione romana del concetto di pax deorum (da intendere non solo come pace ma come patto con gli dei) come fondamento dello Stato l’insistenza sul valore della libertà della persona nello stabilire il modo e la forma del suo rapporto con il divino.

Si tratta di tirarne le conseguenze culturali, superando i luoghi comuni persistenti: la svolta di Milano segna, prima per l’impero romano e poi per l’intero Occidente, una nuova concezione del rapporto religione-politica.

Di fronte ad una mentalità come quella odierna che pretende di negare che la morale e la libertà siano agganciate a una trascendenza divina (basti ricordare che nella Costituzione europea si rifiuta di nominare il nome di Dio, come invece accade in quella americana) è decisivo comprendere che l’intento di voler fondare sulla divinità trascendente – senza volerla definire in maniera confessionale – anche i diritti dell’uomo è un’idea che Costantino nell’Editto di Milano mostra di avere già ben presente e che trasporta nelle scelte politiche.

Il senso profondo della rivoluzione costantiniana non implica quindi una separazione tra religione e politica e nemmeno una relativizzazione della visione religiosa, perché, come nota sempre la Sordi: “La piena libertà religiosa, che scaturisce dall’accordo di Milano, rappresenta un equilibrio ideale che difficilmente una situazione storica, con i suoi molteplici condizionamenti concreti, riesce a conservare; delinea l’immagine di uno stato che si definisce religioso e ritiene anzi il suo rapporto con la divinità fondamentale problema politico e si proclama nello stesso tempo aconfessionale, non in nome di un razionalismo scettico, ma in nome della sua inconfessata incompetenza a decidere, in quanto Stato, la natura teologica della divinità, il quicquid est divinitatis in sede caelesti, di uno Stato in cui il rapporto fra religione e politica nasce non dalla legge scritta, ma dalla legge non scritta, e il diritto della divinità ad essere adorata come vuole fonda la libertà di tutti a praticare il proprio culto e la propria fede religiosa secondo coscienza”.

E’ il caso di chiedersi: è stato il cristianesimo o la politica laica scaturita dalla rivoluzione francese ad aver scoperto  il principio della libertà religiosa e ad aver fecondato la storia dell’Occidente con la convinzione che la dimensione politica non sia in grado di colmare l’aspirazione alla libertà e alla felicità dell’uomo e della società?

Gli incontri ed i convegni che si succederanno nei prossimi mesi ci permetteranno di comprendere come, anche sul piano storico, solo il libero incontro della libertà dell’uomo e della libertà di Dio può permettere la costruzione di una convivenza civile rispettosa dell’identità di tutti e non succube di una semplice “tolleranza” politically correct.

 

Lunedì 29 ottobre 2012, alle ore 21, si terrà a Milano in via S. Antonio 5 un incontro pubblico sul tema: Persona e popolo, nuovi protagonisti. Intervengono Giulio Maspero e Giovanni Maria Vian, coordina Andrea Caspani. L’appuntamento è organizzato dal Centro Culturale di Milano e fa parte del ciclo 313-2013. L’editto di Costantino: oltre la tolleranza. Libertà e diritto alla verità.