Martedì 2 ottobre 2012: una giornata che sarà ricordata con incubo da migliaia di milanesi per scelta o per necessitò lavorativa. Scene di autentico delirio e anche di terrore si sono registrate nei mezzanini e nelle gallerie della metropolitana sia al mattino che al pomeriggio in coincidenza con l’inizio della sospensione delle attività per lo sciopero nazionale dei trasporti. L’inizio del primo periodo di sciopero, fissato alle 8.45, ha visto decine di persone strisciare sotto le saracinesche, che si stavano abbassando per chiudere l’accesso alle banchine, nel tentativo di prendere l’ultimo convoglio disponibile prima dell’inizio dello sciopero. Scena ancora più drammatica nel pomeriggio, quando alle 17.40, solo venti minuti prima dell’inizio del blocco serale, un treno si è fermato in galleria a causa dell’azionamento del freno d’emergenza: una persona anziana si era sentita male, forse proprio per il sovraffollamento di uno degli ultimi treni disponibili. Migliaia di passeggeri sono rimasti bloccati in linea, preda del timore di non riuscire a tornare a casa. Per Raffaele Cattaneo, assessore regionale alle Infrastrutture e alla Mobilità, contattato da Ilsussidiario.net, «quello che è avvenuto martedì è inaccettabile». Per Cattaneo «uno strumento legittimo che nessuno mette in discussione come lo sciopero non può essere applicato a qualunque costo, provocando danni a persone che non hanno nessuna colpa». Siamo alla barbarie, aggiunge,«una deriva dell’umano che pensa che qualunque cosa sia consentita purché io possa difendere il mio particolare».
Assessore, lei martedì sera ha inviato una nota che criticava l’atteggiamento dei sindacati. Qualcuno le ha risposto dicendo che non bisogna mettere in discussione il diritto di sciopero.
Chiariamo che la nota che avevo mandato ieri era stata scritta ancora prima degli eventi drammatici che poi si sono verificati nel pomeriggio. Oggi, con una cognizione più chiara di quanto successo, io dico che ciò che si è verificato è assolutamente inaccettabile. Non c’è alcun diritto che può essere usato schiacciando diritti altrettanto legittimi di altre persone. Altrimenti questo si chiama prevaricazione, non si chiama tutela di un legittimo diritto. Nessuno, tanto meno io, mette in discussione che lo sciopero sia uno strumento legittimo e garantito, ma non può esserlo a qualunque costo e provocando danno a persone che non hanno nessuna colpa.
Lei, nella sua nota, ha chiesto un cambiamento delle regole con cui oggi si applica lo sciopero dei trasporti.
Assolutamente. A questo punto è chiaro che bisogna certamente intervenire cambiando le regole. Non è infatti pensabile – e questo è solo uno dei problemi rilevati – che la commissione di garanzia stabilisca delle fasce protette che non hanno alcuna sovrapposizione. Guardiamo a quello che è successo ieri: Atm sospendeva il servizio alle 18 e alla stessa ora partiva la fascia protetta dei servizi ferroviari. Per cui tutte le persone che dovevano raggiungere le stazioni ferroviare sono uscite di corsa all’ultimo momento per cercare di prendere in tempo l’ultimo mezzo disponibile. Sarebbe bastata mezz’ora o un’ora di sovrapposizione, come d’altronde si faceva in passato, per evitare la situazione di sovraffollamento che si è creata alle 18.
Come quindi intervenire per tutelare le legittime aspirazioni di tutti: passeggeri da una parte e lavoratori del trasporto dall’altra?
Innanzitutto credo che si debba ribadire che il rinnovo di un contratto di lavoro fermo dal 2007 non si risolve con una giornata di sciopero ma solo con un buon negoziato sindacale. Lo abbiamo dimostrato noi di Regione Lombardia con la firma del contratto integrativo fatta con il consenso dei sindacati e di Trenord. La prossima azione è quindi riportare tutti al tavolo delle trattative e non fermare per un altro giorno i mezzi di trasporto, che è un utilizzo molto debole della lotta sindacale.
Sembra invece che per i sindacati questa sia ancora una valida forma di lotta: alcune realtà hanno annunciato iniziative di sciopero selvaggio, senza preavviso. E Milano ha già sperimentato nel passato come questo significhi la paralisi completa della città.
Quella degli scioperi selvaggi è una pratica barbara e inaccettabile. Su questo il potere delle istituzioni deve farsi sentire, a cominciare dalla precettazione del personale coinvolto. Su questo non si deve accettare alcun cedimento.
Le reazioni a quanto accaduto martedì sembrano però portare, più che a miti consigli, a una radicalizzazione dello scontro.
Mi sembra che dietro a queste posizioni ci sia una deriva della consapevolezza che i nostri atti devono rispettare la persona altrui e non possono ignorare, nella tutela di un interesse mio, la tutela dell’altro. Questa è una deriva dell’umano: siamo alla barbarie, ossia al pensare che mi sia consentita qualunque cosa per difendere il mio particolare. Nessuna convivenza si può reggere su queste basi. Quello che è successo, e anche quello che viene minacciato, è preoccupante non solo per il disagio creato ma anche, oserei dire soprattutto, per il messaggio che danno. Un messaggio per cui alla fin fine tutto è consentito e non c’è nulla che meriti essere rispettato.
Tornando invece alle questione di merito, c’è un motivo preciso per cui il contratto di lavoro del settore Trasporti è fermo dal 2007?
Le ragioni sono profonde, e tra queste bisogna inserire il fatto che nel trasporto pubblico c’è stata, nei decenni passati, una consuetudine di difesa dei diritti sindacali che ha portato anche a qualche decisione non giustificata. Il comparto del trasporto pubblico è uno di quelli più sindacalizzati con un fortissimo potere di ricatto, come si è ben visto ieri, e nel passato ha spesso utilizzato lo sciopero in modo improprio per ottenere contratti con condizioni poco giustificate. Basti guardare l’orario di lavoro previsto: il tempo di lavoro effettivo nel trasporto pubblico è quello più ridotto, si lavora meno di quattro ore. Tutto questo in un momento difficile come quello attuale. C’è una posizione, di alcuni sindacati, che sembra ignorare le circostanze.
Non sarà però solo colpa dei sindacati…
C’è anche la difficoltà in cui versa il settore, che ha subito tagli, da parte del governo, sempre più consistenti: le aziende oggettivamente fanno sempre più fatica a far quadrare i bilanci. Il costo del lavoro è circa il 70% di quello complessivo del sistema, ed è comprensibile che l’aumento del costo del lavoro in un momento simile diventa sempre più insostenibile. Ma ritengo che, se solo c’è davvero la buona volontà di sedersi davanti a un tavolo a discutere, non sia impossibile arrivare a una soluzione positiva.