La candidatura solitaria di Maroni sembra ormai cosa certa. Nei giorni scorsi aveva fatto sapere che non escludeva che la Lega avrebbe potuto correre da sola per la presidenza delle regione Lombardia. E, in politica, le mezze ammissioni, specialmente in questi casi, equivalgono a piene conferme. L’ufficializzazione arriverà solamente dopo lunedì. Dopo, cioè, che il Consiglio federale si sarà espresso sulla possibilità che il segretario del Carroccio scenda in campo. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Giancarlo Pagliarini, già ministro del Bilancio e della Programmazione Economica nel 1994 durante il primo Governo Berlusconi.



Come valute l’ipotesi della corsa solitaria della Lega?

Bisogna vedere se Maroni, semplicemente, vuole delle poltrone. In tal caso, farebbe meglio ad andare con uno dei due candidati; con l’uno o con l’altro, fa poca differenza. Né ad Albertini né ad Ambrosoli interessa minimamente cambiare la Costituzione nei termini che servirebbero al Paese.



Come andrebbe cambiata?

In senso federalista. Non parlo del federalismo di cui gran parte della politica si è riempita la bocca in questi anni, ma di quello vero. Quello svizzero.

In cosa consiste?

La Costituzione svizzera non inizia con l’articolo 1, ma con cinque premesse. Una di questa recita: «Determinati a vivere la loro (il popolo svizzero e i cantoni ndr) molteplicità nell’unità, nella considerazione e nel rispetto reciproci». Tale affermazione è volta a riconoscere un principio fondamentale: la diversità. Esistono, in uno Stato, territorio con tradizioni, cultura, economie e, a volte, lingue profondamente diverse tra di loro. La consapevolezza di tale diversità è la condizione affinché nasca la cultura del rispetto per l’altro e la di possibilità mettersi assieme per il bene collettivo. Non è un caso che in Svizzera maggioranza e opposizione governino assieme. Se Maroni avesse intenzione di fare un’operazione culturale per introdurre concetti di questo genere, allora, farebbe bene a correre da solo.



Crede che abbia questa intenzione?

Non mi pare. Verosimilmente, correrà da solo, ma per il potere. Senza l’intenzione, quindi, di effettuare la suddetta operazione culturale. Ma, oltre a perdere contro Albertini e Ambrosoli, e oltre a non riuscire a compiere alcuna operazione culturale, potrebbe prendere anche meno voti di Alessandro Cé che, con il suo movimento, Verso il nord, concorrerà per la presidenza. Perderebbe, in sostanza, tre volte.

Cosa le fa pensare che Cè potrebbe avere più successo di Maroni?

Già diversi anni fa, dimostrò di aver capito quali erano i mali che affliggevano la Lega, definendola un partito interessato, ormai, solo al potere. E, coerentemente, lasciò la Camera, si dimise da assessore regionale e uscì dal partito.

Questo è sufficiente?

Dobbiamo considerare anche il fatto che, mentre Maroni parla in maniera generica di federalismo e sembra che, tutto sommato, non gliene importi nulla, Cè ha un progetto di federalismo ben preciso. E facilmente comprensibile dagli elettori. D’altro canto, qualunque chance di vittoria è stata troncata sul nascere, con la decisione di non indire primarie per scegliere il candidato di Pdl e Lega.

Se ci fossero state, avrebbe avuto qualche probabilità di vittoria?

Rispetto ai candidati di cui si parlava, non lo escludo. Del resto, era stato lo stesso Maroni a chiedere le primarie.

L’antieuropeismo leghista sarebbe stato conciliabile con la presidenza delle Lombardia?

Assolutamente no. L’antieuropeismo attuale è un’operazione ridicola, insensata. La Catalogna non esclude di separarsi della Spagna. Ma per essere annessa al resto dell’Europa. Se bene che avrebbe solo da guadagnarci.

 

(Paolo Nessi)