La candidatura di Albertini alla presidenza della Lombardia vive un momento difficile, le incertezze di posizione nel PdL e le paure dei centristi rendono difficile la salvaguardia del patrimonio di immagine che Albertini ha saputo mantenere. Se viene sprecato anche questo allora veramente si può parlare di azzeramento della politica. Allarghiamo lo sguardo su quelle che succede nella politica italiana. 



Cominciamo dalle  primarie della sinistra, i magnifici cinque messi a confronto da Sky. Renzi è una promessa di svecchiamento della politica, Bersani è il vecchio saggio che ricorda le concrete ragioni del governare, Vendola raccoglie tutte le variabili dell’anarchismo di sinistra, Tabacci è il ragioniere del potere, Laura Puppato è la sinistra veneta, cioè l’impossibile. Non si può dire che si tratta di un’arena democratica, per la semplice ragione che le primarie sono una invenzione della casta per farsi scegliere senza lasciar entrare nessuno, cioè senza diritti del far parte.



Comunque le differenze nella sinistra sono schierate e gli elettori possono scegliere fra le bandierine messe a loro disposizione. Nel centrodestra invece cosa succede? Il dibattito sulle primarie è incentrato su come selezionare gli eventuali candidati e sulla necessità di avere diversi mesi di libertà di voto. Sono regole che fanno formalmente un passo avanti rispetto alle primarie della sinistra, nelle quali la selezione dei partecipanti è avvenuta senza regole.

Ma a sinistra avevano schierato le differenze, mentre nel centrodestra nessuno si schiera: per cui si parla di primarie, ma il candidato unico è Alfano. E perché non La Russa, Formigoni, Cicchito, Gelmini? Perché il padre padrone, Berlusconi, tiene ancora il banco e i capi intermedi non osano apparire. Non parliamo poi delle primarie di coalizione: nella Lega Maroni è proposto come unico da imporre agli alleati, perché loro si fidano solo del loro uomo. Nell’area di centro grande confusione: Casini resta in retroguardia perché vuole rimanere legato alla riproposizione del governo Monti, Fini attende la scomparsa di Berlusconi, Montezemolo che il Paese lo chiami, mentre Giannino, Magdi Allam e Buttiglione sono sulle torri d’avorio. 



Insomma, il centrodestra non è adatto alle primarie. Sarebbe sua vera dimensione il Congresso all’americana, dove i candidati scaturiscono dalla raccolta delle rappresentanze significative. Ma il centrodestra è troppo rinchiuso nella sua crisi per diventare davvero un polo di proposte nuove. Dunque prepariamoci alla vittoria della sinistra, manichea, incompleta, spesso estremista, comunque produttrice della casta. Alla quale si ribella Grillo.

Interessante il dibattito sul premio di maggioranza: la sinistra lo vuole per la coalizione che raggiunge almeno il 30%, perché sa di non rappresentare di più nell’elettorato. Ma sa che solo la sinistra giungerà a questa percentuale. Intanto con brivido pensano che potrebbe anche riuscirci Grillo, e allora sarebbe veramente la fine del sistema Italia, governato dalla casta.

Fra di noi liberi, che esercitiamo il giudizio sulla politica  senza schieramento predefinito, abbiamo capito che per le indicazioni di voto, se non ci sarà la strada unitaria al Partito Popolare Europeo, aspetteremo l’ultimo minuto. E sceglieremo con la logica del ridurre il danno, che comunque ci sarà. La cosa più grave rischia di produrla Berlusconi, che vuole fare  il patto con Maroni: a te la Lombardia a noi il sostegno per l’alleanza di centrodestra nelle elezioni nazionali.

Il fatto grave è che la Lega è contro la ricostruzione di un minimo di unità del Paese e di una ripresa del bene comune. In Veneto hanno deciso di far partire il referendum per chiedere l’indipendenza. Berlusconi sa bene che, per farci accettare il suo patto con Maroni, ci deve costringere ad un voto senza alternativa. Ma questa volta non tiene in conto che la sua “diga al comunismo” non è più accettabile, meglio restare liberi di scegliere anche a sinistra piuttosto che dover dare ancora potere alla Lega, che con la Lombardia chiuderebbe il cerchio del nord che si vuole staccare dall’Italia.

Allora amici, diciamo apertamente che in Lombardia, se Albertini viene aggirato da Berlusconi, allora noi non voteremo per Maroni, ma per Ambrosoli. In primavera, nelle elezioni politiche nazionali, se il centrodestra si ripropone senza alleati moderati, allora voteremo il meno peggio della sinistra, consapevoli che il Paese andrà male e che si dovrà comunque lavorare per ricostruire la politica. Tutto questo per dire a Berlusconi e al PdL che non accetteremo la logica del patto obbligatorio. Patto che è stata la causa delle mancate realizzazioni delle promesse berlusconiane, perché il leghismo è il contrario del liberismo responsabile e riformatore.