Nelle prossime settimane Pdl e Lega Nord dovranno necessariamente trovare un accordo sul candidato comune da far correre alla presidenza della Regione Lombardia, da scegliere al proprio interno o in aree della società civile vicine al partito. Nel caso in cui non dovesse andare in porto la trattativa con il partito di via Bellerio, già pronto a schierare il segretario Roberto Maroni, il Popolo della Libertà potrebbe ricorrere come extrema ratio alle primarie di coalizione. È sostanzialmente questo l’esito dell’incontro tra i vertici lombardi del partito che ha avuto luogo lunedì nella sede di Viale Monza, a cui hanno partecipato il governatore uscente Roberto Formigoni, Ignazio La Russa, Maurizio Lupi, Paolo Romani, Daniela Santanchè e Massimo Corsaro. Tra loro anche il coordinatore regionale, Mario Mantovani, raggiunto da IlSussidiario.net.



Cosa può dirci dell’incontro di ieri?

In Lombardia si sta semplicemente cercando la sintesi migliore di quella che può essere la prosecuzione del buon governo che abbiamo avuto in questi ultimi 17 anni.

Cosa significa in questo caso “sintesi”?

Fare sintesi significa cercare un candidato utile che possa rappresentare innanzitutto l’intero centrodestra lombardo. Insomma, come a livello nazionale, è necessario riproporre la figura di un candidato governatore di rilievo che vorremmo possa essere indicato dal Popolo della Libertà, ma che comunque sarà frutto di una decisione presa insieme alla Lega Nord.



Cosa significherebbe però vedere Maroni alla guida del Pirellone?

Visto che la Lega è già alla guida di due regioni del Nord, sono dell’idea che si possa benissimo convergere su un candidato del Popolo della Libertà.

Come mai è così complicato giungere a una soluzione?

Purtroppo c’è stata qualche fuga in avanti, soprattutto riguardo la candidatura di Albertini.

Cosa intende?

E’ senza dubbio una candidatura molto buona ma, se fosse stata condivisa ai tavoli regionali prima di essere lanciata autonomamente dallo stesso Albertini, convinto di rappresentare una nuova formula del Ppe italiano, forse saremmo già a buon punto.



Quindi Albertini non avrebbe dovuto farsi avanti da solo?

Avrebbe dovuto rispettare le modalità classiche che sono appunto quelle di essere chiamati anziché proporsi e imporsi. Così facendo credo abbia messo un po’ in difficoltà tutta la macchina. Si tratta dunque di recuperare e di vedere se ci sono le premesse di proseguire sulla candidatura di Albertini, altrimenti bisognerà fare con la Lega una riflessione comune.

 

E in quel caso potrebbero entrare in gioco le primarie.

Di certo non sono escluse, ma restano comunque un’ultima possibilità nel caso in cui non si riuscisse proprio ad arrivare a una soluzione comune.

 

Lei ha recentemente detto che l’ipotesi di voto il 10 marzo rende comunque meno urgente la scelta. Non crede però si debba chiudere al più presto la faccenda?

Se la data del voto fosse stata il 27 gennaio o il 10 febbraio tutto sarebbe stato ovviamente diverso. Adesso abbiamo oltre tre mesi di tempo per giungere a una conclusione che può essere il più ponderata possibile.

 

I nomi sul tavolo restano quelli di Maroni e Albertini oppure potrebbero spuntarne di nuovi?

Quelle di Maroni e Albertini sono entrambe buone candidature, l’importante è trovare una soluzione. In caso contrario, potremmo optare per un nome di sintesi: per ora niente è escluso.

 

(Claudio Perlini)

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