Sabato una quindicina di detenuti del carcere di Bollate hanno partecipato alla Colletta Alimentare con i volontari dell’Associazione Incontro e Presenza. Pur di donare il loro tempo libero a un’opera che aiuta le persone più indigenti, tra cui gli stessi detenuti, hanno deciso di impiegare i permessi premio che di solito sono loro indispensabili per incontrare le famiglie. “Mia mamma non crederebbe che oggi sono davanti a un supermercato a fare il volontario. Rapinarli era la mia specialità”, rideva di gusto Sergio, un detenuto di Bollate guardando la sua pettorina da volontario del Banco alimentare.



Insieme con lui ieri c’erano altri quattro compagni del carcere di Bollate che hanno partecipato all’iniziativa davanti all’Esselunga di Baranzate. Pietro è andato più in là: “Poter donare il nostro tempo, le nostre energie per progetti sociali ci fa sentire vivi, utili, e non dei relitti di una società a cui abbiamo fatto anche molto male. Queste iniziative danno un senso a chi, come me, ha davanti un tempo lunghissimo da scontare, ci danno una speranza”. La vita può continuare, oltre la pena.



Francesca è una volontaria di Incontro e Presenza che per la prima volta ha partecipato alla Colletta Alimentare dentro il carcere di San Vittore. Normalmente impiega il suo turno per recarsi nel centro clinico, uno dei raggi di San Vittore dove le persone soffrono di più, perché vi si trovano malati di Aids, malati cronici e pazienti psichiatrici. Come racconta Francesca, “per me fare la raccolta del Banco Alimentare in carcere è stata veramente un’esperienza pazzesca. Mentre passavamo per le celle ho imparato la gratuità dai detenuti. Tanti di loro che non hanno nulla, ma veramente nulla, eppure ci donavano i prodotti alimentari con un entusiasmo che mi ha commosso. Poi quando ci siamo recate a visitare Paolo, un carcerato del centro clinico, che insieme a tre compagni ci ha consegnato tre scatoloni di cibo, lui ha voluto evidenziare come per loro fosse stato importante questo momento. Quest’anno oltre ai detenuti alla raccolta ha partecipato anche l’amministrazione penitenziaria, in quanto la ‘cucina’ del VII raggio aveva donato anch’essa degli alimenti”.



Come aggiunge Francesca, Paolo “era felice del fatto che questa occasione aveva ‘rimosso’ le barriere tra detenuti e polizia penitenziaria, permettendo loro di trovarsi tutti uguali in questo gesto di carità. Credo ci abbia ripetuto tre o quattro volte proprio questo fatto, che il gesto gratuito del Banco Alimentare aveva fatto sì che non ci fossero barriere”.

Inoltre il carcerato del centro clinico “ci ha fatto trovare sopra ogni pacco un foglio con i nomi, il numero di cella e i prodotti che ognuno di loro aveva donato, come per volere esprimere: ‘Eccomi ci sono anch’io’. Mi è risultato però evidente – sottolinea sempre la volontaria di Incontro e Presenza – che non avevano scritto i nomi per farsi vedere, ma proprio per affermare la loro presenza in questo gesto. Grazie ancora, per questa occasione che mi è stata data”.

Ma non è stato soltanto a Milano che i carcerati hanno partecipato alla Colletta Alimentare. Anche alla Casa Circondariale di Chieti i detenuti si sono mobilitati per questo gesto di carità. Come racconta uno di loro, Tarek Sgaieri, “sono in carcere dal 2008. Isolato dai miei famigliari e dagli amici che frequentavo prima, in tutti questi anni trascorsi in vari istituti nessuno ha mai creduto in me o mi ha dato la minima possibilità di reinserirmi. Qui, invece, in questo istituto in cui mi trovo da un po’ di tempo, ho trovato persone che credono davvero in me. Sono immensamente grato a tutti loro che mi stanno dando questa opportunità di essere utili a chi è più bisognoso di noi, ma allo stesso tempo potrà rendere meno pesante il peso delle mie (e delle nostre) colpe”.

Mentre, osserva un suo compagno di carcere, Nicola Paradiso “per me la Colletta Alimentare è un evento che segna il mio ritorno alla vita, direi la mia occasione di rinascita; mi esprimo così perché sono un detenuto di lunga data a cui nella precedente manifestazione è stata data l’opportunità di osservare il mondo nei suoi colori, rumori, luci e nei gesti comuni come il fare la spesa. Tutto questo lo avevo dimenticato, avevo negli occhi nelle orecchie e nel naso visioni, rumori e odori che diventavano quelli di detenuto nella vita di ogni giorno. Ricordo ancora l’entusiasmo, la curiosità e direi la bramosia di fare mio, o ancor di più, fissare nella mia mente tutti i momenti che avrei vissuto, perché poi una volta rientrato in carcere vi avrei nutrito la mente e l’anima”.

 

(Pietro Vernizzi)