Spesso la gestione della Sanità nelle regioni italiane è stata oggetto di sprechi e di gestioni “allegre”, anche a discapito di risultati ed efficienza. Tanto, si dice, paga lo Stato e il cittadino può accettare tutto (o quasi), anche perhé in fondo è gratis. E invece, alle circostanze già di per sé spesso inaccettabili, si sommano le parole, suo malgrado minacciose, di Monti: «Le proiezioni di crescita economica e quelle di invecchiamento della popolazione mostrano che la sostenibilità futura dei sistemi sanitari – incluso il nostro servizio sanitario nazionale, di cui andiamo fieri (…) potrebbe non essere garantita se non si individueranno nuove modalità di finanziamento e di organizzazione dei servizi e delle prestazioni», ha dichiarato intervenendo in collegamento a Palermo nel corso dell’inaugurazione di un centro biomedico della fondazione Ri.Med. Poi, (come ormai di consueto) è arrivata la smentita da Palazzo Chigi (a dire il vero, non particolarmente impegnativa): «il Presidente non ha messo in questione il finanziamento pubblico del sistema sanitario nazionale, bensì, riferendosi alla sostenibilità futura, ha posto l’interrogativo sull’opportunità di affiancare al finanziamento a carico della fiscalità generale forme di finanziamento integrativo». Abbiamo chiesto a Mario Melazzini assessore alla Sanità delle regione Lombardia, ci spiega quali scenari si prefigurano.



Le preoccupazioni di Monti sono reali? Se il governo centrale si ostinerà nella politica dei tagli lineari, continuando a produrli in maniera del tutto ignara dei comportamenti delle singole regioni, allora siamo sulla buona strada. La legge lombarda 31 equipara i privati accreditati al pubblico, rendendoli attori del sistema sanitario. Questo settore sarà maggiormente penalizzato degli altri, perché il governo ha ridotto loro le risorse anche attraverso la spending review e il decreto Balduzzi. La sostenibilità, in ogni caso, è il frutto di ciò che ad oggi ancora non è stato fatto: una programmazione condivisa con le Regioni. Specialmente con quelle virtuose, come la Lombardia.



Il sistema lombardo è sostenibile? Lo è, nonostante dal primo luglio al 31 dicembre di quest’anno sono stati tagliati 144 milioni di euro, e per l’anno prossimo ne sono previsti ulteriori 225. La Regione, con enorme fatica, è riuscita ad effettuare una grande opera di riorganizzazione. E non soltanto perché il pareggio di bilancio è richiesto dalla Costituzione, quanto perché si tratta di un indicatore di efficienza del sistema.

In cosa è consistita tale riorganizzazione? Nel potenziare sempre di più l’applicazione del sistema normativo e procedurale lombardo, specialmente in relazione all’appropriatezza nel percorso di cura del paziente, e all’appropriatezza prescrittiva. Si è sempre prestata enorme attenzione, inoltre, all’allocazione corretta di tutte le risorse a disposizione della Regione. I particolare, si è deciso di riordinare il sistema delle emergenze/urgenze, i punti nascita e diverse specialità quali emodinamica, cardiochirurgia, neurochirurgia, chirurgia vascolare e radioterapia. Lo abbiamo fatto basandoci su criteri di volumi, di appropriatezza e territoriali.



Il modello lombardo è applicabile anche altrove? 

Con le giuste persone, sì. E’ necessario, infatti, introdurre parametri volti a verificare il rapporto tra spese e livelli qualitativi dei servizi erogati, quali i costi standard; tuttavia, ci deve essere qualcuno che questi parametri li faccia rispettare.  

Il premier ha detto inoltre che sarà necessario individuare altre modalità di finanziamento per servizi e prestazioni. Secondo lei, quali sarebbero le più efficaci? Sarebbe utile, tanto per cominciare, la compartecipazione del cittadino, ipotizzandola attraverso un sistema di scaglioni e fasce di reddito. A questo andrebbe affiancato un sistema di assicurazioni private che, tuttavia, nella nostra cultura stentano ad entrare. Anche in tal senso, occorrerebbe una maggiore condiviso con le regioni da parte dei ministri competenti ed una discussione più aperta rispetto al futuro della sanità italiana.

In questo schema, che ruolo potrebbero assumere il terzo settore e il welfare privato? Importantissimo. Peccato che hanno subito numerosi tagli, sono stati fortemente penalizzati e, ormai a stento, riescono a sostenersi. Eppure, di tratterebbe di risorse fondamentali e insostituibili.

 

(Paolo Nessi)