Presumibilmente, questa non se l’aspettava. La reazione della Germania, tutto sommato, se l’era andata a cercare perfino; ma il veto della Lega, proprio no. «Io cerco di convincerlo al passo indietro perché se io perdo con lui in campo noi siamo finiti. Non credo che alla fine si candiderà. Nessuno sa leggere i sondaggi meglio di lui, prima o poi si renderà conto che la sua candidatura danneggia anche se stesso», ha spiegato Maroni, affermando che con Berlusconi candidato, la Lega non si alleerà mai con il Pdl. Un duro colpo per l’ex premier. Tanto da farlo vacillare. Pare che non stia escludendo, effettivamente, l’ennesimo passo indietro. Abbiamo chiesto al sindaco di Varese, Attilio Fontana, a cosa punta il suo partito.



Siete (quasi) riusciti a strappare a Berlusconi la candidatura di Maroni in Lombardia e che staccasse la spina al governo. Cosa volevate di più?

La nostra scelta è motivata da una ragione politica che consiste nel fatto che, all’interno del movimento, ci sono state molte voci contrarie all’ipotesi di allearci con Berlusconi. Maroni, quindi, ha ascoltato la voce del partito. Del resto, vorrei ricordare che nessuno di noi si è mai impegnato per correre assieme all’ex premier. Si stava, semplicemente, iniziando ad avviare una trattativa per capire se sussistessero le condizioni per un’alleanza, sia a livello nazionale che locale.



Chi non vuole Berlusconi? La dirigenza della Lega o la base?

Maroni ha ascoltato la voce di entrambi. La presa di posizione è stata univoca.

Perché Berlusconi non va bene al partito?

Perché la Lega è animata da una spirito di rinnovamento e cambiamento che confligge con la sua ridiscesa in campo. Vogliamo, inoltre, dare una svolta ad una politica che per il nord ha fatto decisamente poco, producendo risultati per il territorio decisamente scarsi.

Alfano vi andrebbe bene?

Attualmente, il partito non lo ha ancora stabilito.

Se Berlusconi decidesse di scendere in campo ugualmente, nonostante il veto della Lega, cosa farete?



Ovviamente, persisteremo nel nostro progetto. In Lombardia il nostro candidato sarà comunque Maroni. E, a livello nazionale, il nostro candidato qualcun altro. Ma senza accordo anche in tal caso correremo da soli.

La discesa in campo di Berlusconi precluderebbe anche l’alleanza in Lombardia?

Questo è ancora da decidere. Chi sta trattando riferirà al Consiglio federale che, in seguito, deciderà.

Sul fronte del contenuti, quali sono i vostri principi inderogabili?

Anzitutto, la rinuncia alla cosiddetta Agenda Monti. Ci accusano di preocedere per slogana, ma i primi che ne hanno prodotto sono stati i tecnici. A partire dalla cosiddetta “spending review” che, ben lungi dal rappresentare una revisione della spesa, è consistita esclusivamente nei classici tagli lineari e in un aggravio impositivo. Si è trattato di scelte molto favorevoli all’Eurozona e poco all’Italia. Non possiamo, inoltre, rinunciare a rivedere il problema del nord, ad affrontare i gravissimi problemi che attanagliano la nostra terra e che, se non risolti, trascineranno con sé anche il resto del Paese. Occorre, quindi, tornare alla responsabilizzazione degli enti locali, a quel principio federalista che è stato interrotto, e introdurre quello delle euroregioni.

L’amicizia di Tremonti con la Lega è nota, così come le frizioni dell’ex ministro dell’Economia con Berlusconi. E’ un fattore che ha condizionato la vostra decisione?

Direi di no. La linea della Lega è indicata dal segretario in accordo con il Consiglio federale. I condizionamenti esterni non sono minimamente presi in considerazione.

Berlusconi, in ogni caso, aveva fatto tutto quello che gli avevate chiesto. Come credere che reagirà?

Credo che occorrerà un po’ più di tempo perché maturi una decisione e ce la comunichi.

 

(Paolo Nessi)