Silvio Berlusconi ha dichiarato apertamente l’ostilità verso la candidatura di Albertini alla presidenza della Regione Lombardia. Il suo schema, rigidissimo, prevede di lasciare alla Lega la Lombardia, per fare in modo che alle elezioni nazionali tutto il centrodestra ruoti attorno a lui.
Concreto e realista, ma non ragionevole. Le cose sono molto cambiate rispetto al percorso del centrodestra italiano. Berlusconi ha anche detto che Monti è stato l’agente della Germania in Italia, sposando così la tesi più estremista sui conflitti interni all’Europa. In sostanza il Cavaliere è diventato leghista, e la sua adesione al conflitto localista contro i tratti della globalizzazione assomiglia molto a quello che porta avanti Putin in Russia. Poteri locali contro ogni tentativo di dare una governabilità al mondo. La realtà è che questi poteri locali possono avere diverse nature, anche quella degli affari oscuri, traffico di armi e progetti guerrafondai.
Ora, è questo il centrodestra italiano? L’ossessione del perseguitato dai poteri forti produce una visione chiusa in un vicolo cieco. Bisogna scrollarsi di dosso questa depressione che opprime il centrodestra. Albertini è una risorsa, ha mantenuto una presenza nell’area culturale dei moderati ma non è diventato un membro dello staff del capo, dunque non ne subisce la mentalità. In sostanza, fra alcuni altri, Albertini può essere di aiuto a una crescita culturale del centrodestra italiano. Ma bisogna che si tenga nei suoi limiti la Lega.
La Lega è criticamente presente nel centrodestra, possiede criteri liberali e non statalisti. Ma possiede anche un populismo negativo fondato sull’egoismo territoriale. Far crescere il suo potere nel territorio vuol dire aggravare la sua posizione populista, il suo progetto egemone che esclude alleati. Per questo Albertini deve ottenere una alleanza che lo accetti, altrimenti non potrebbe governare.
Comunque, adesso il problema è che gli errori del berlusconismo hanno gettato le basi per una vittoria della sinistra, vittoria che si potrebbe contrastare solo con la presenza di tutti i centristi nel progetto del centrodestra. Ma Berlusconi odia quelli che lui considera traditori, Casini e Fini, dirigenti che avevano tutto il loro diritto di avere idee diverse da lui e che proprio lui doveva invece tenere insieme.
Albertini è portatore di questa aggregazione del centro e Berlusconi avrebbe dovuto fare questa scelta, riconoscere la sua candidatura e ottenere dalla Lega l’appoggio. Se non ci riesce è perché al fondo ha una preferenza per la Lega. Dunque una sola battaglia è possibile: spacchettare le alleanze, penetrare fra i due poli, chiedere una responsabilizzazione di tutti coloro che vogliono dare alla Lombardia un governo liberale e riformatore, adeguato allo sviluppo e ai cambiamenti necessari alla uscita dalla crisi economica. Io credo che questo sia possibile: la follia del sentimento antieuropeo e le pretesa collettivista di Vendola possono solo aggravare la crisi.
Nella necessità di cambiamento della politica italiana, nella stessa propensione al federalismo, non si può continuare con la logica nazionale che indirizza ogni scelta di governo locale. Sarebbe l’ora di liste che esprimono il territorio dal basso, secondo le caratteristiche delle realtà locali. Questo sarebbe davvero un localismo positivo, che risponde in modo adeguato alla globalizzazione senza entrare in conflitto con le grandi aggregazioni internazionali. Ecco perché io sostengo la coalizione che propone Albertini.