Per tradizione festa dell’infanzia, il Natale, assieme al vicino termine dell’anno legale – e fiscale ­–, diventa occasione anche per un bilancio dell’aiuto ai bambini più in difficoltà, non solo in Italia ma soprattutto in molti Paesi in via di sviluppo. Quello che nei Paesi industrializzati è un diritto acquisito – assistenza sanitaria, scuola, formazione – in molti altri rappresenta un traguardo da raggiungere tra molte difficoltà. Pochi sanno che uno dei più geniali strumenti di cooperazione internazionale in questo ambito, ovvero il sostegno a distanza è nato in ambito missionario. Promotore di questa innovativa forma di aiuto – che significativamente si chiamava all’inizio “adozione a distanza” – fu nel 1969 il Centro aiuto alle missioni del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) di Milano. E ancora oggi è proprio il Pime ad essere all’avanguardia in quella operazione di trasparenza economica che viene evocata in tantissimi settori ma che poi viene effettivamente realizzata da pochi. E che nell’attuale situazione di crisi economica assume un’importanza ancora crescente. Chi dona vuole essere sicuro che neanche un euro venga sprecato. Ne parliamo con padre Alberto Caccaro, attuale presidente della Fondazione Pime onlus e direttore del Centro Missionario Pime di Milano.



Con circa 500 missionari sparsi in 18 Paesi del mondo, il Pime è un importante osservatorio internazionale “sul campo”. Qual è il polso della situazione?
La crisi economica non allenta la morsa, e gli effettivi si fanno sentire anche sulla generosità degli italiani. C’è il rischio che molte persone abbiano dovuto dare un taglio alla voce “solidarietà” del proprio bilancio. Può darsi che questa sia una necessità reale, ma può anche darsi che venga dettata da una sorte di “panico”, di ripiegamento su se stessi per “paura di”. La risposta alla crisi deve invece essere un coraggioso “prendersi carico” di chi ha meno. Guai se la spending review nostrana la facessimo ricadere sulle spalle di chi è più debole!



“Non facciamo pagare la crisi di più deboli” è infatti l’appello che avete lanciato in questo squarcio finale del 2012. A cosa lo finalizzate?

Il progetto “leader” della campagna è “Giocare per crescere”, promosso da padre Giuseppe Marchesi a Macapà, nell’Amazzonia brasiliana, per sottrarre i bambini dalla strada e al cui sostegno ha contribuito anche il trio d’attori Aldo, Giovanni e Giacomo. Ma ci sono anche tutti gli altri progetti messi in cantiere dai nostri missionari: ad oggi ne sono aperti 53, di cui molti di sostegno a distanza, per non meno di 100mila beneficiari. Complessivamente, in questi anni, ne abbiamo sostenuti oltre 450.



Un numero considerevole. E anche l’impegno economico non deve essere stato indifferente…
Negli ultimi dieci anni sono transitati dai nostri uffici verso i progetti sociali delle nostre missioni ben 73,9 milioni di euro. E i costi di gestione sono stati tenuti al minimo: la quota parte assorbita da queste spese è stata inferiore all’8%, in assoluto tra le più basse in Italia. Questo vuol dire che oltre il 92% di quanto donato è arrivato ai destinatari. E non sono chiacchiere: nel 2008 la Fondazione Pime, che è l’ente che sostiene l’attività di promozione sociale dei nostri missionari, ha varato l’iniziativa “Segui il tuo euro”: ogni donatore può verificare in tempo reale sul sito www.pimemilano.com come è gestita la sua donazione. Il processo è stato verificato e certificato dall’Istituto Italiano della Donazione.


In effetti Cinzia Di Stasio, segretario generale dell’Istituto Italiano della Donazione, ha sottolineato in più di una occasione che la Fondazione Pime è “l’unica organizzazione che riesce a rendere così trasparente il percorso delle donazioni”. Un valore aggiunto, quindi. Ma i donatori – e qui torniamo alla domanda iniziale – in questo periodo di crisi come rispondono a questo impegno di tutto il Pime, missionari e fondazione insieme?
Ovviamente la crisi non ci è estranea e come molti altri enti anche la Fondazione Pime onlus ne subisce i contraccolpi. Nei primi nove mesi dell’anno, quindi da gennaio a settembre 2012, la raccolta fondi ha registrato un calo del 30% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, e purtroppo anche il numero delle persone impegnate nel sostegno a distanza si è contratto scendendo sotto le 13mila. Qui, c’è da segnalare, il calo percentuale è stato però più contenuto, intorno all’8%, a dimostrazione di come questo strumento sia ancora attuale dopo oltre quarant’anni dalla sua nascita.

(Daniela Romanello)