Un fallimento economico che ha esposto Milano al pubblico ludibrio; Sea doveva approdare in Borsa. Non ce l’ha fatta. 15 giorni di roadshow tra Europa e Usa non sono stati sufficienti per collocare la società aeroportuale di Linate e Malpensa sui mercati finanziari. Non si sono trovati abbastanza acquirenti. La vicenda si conclude amaramente, e ne inaugura un’altra: la Consob cercherà di fare chiarezza mentre il Comune di Milano e l’F2i di Vito Gamberale, con ogni probabilità, se la vedranno in Tribunale. Abbiamo chiesto a Carlo Masseroli, capogruppo a Palazzo Marino del Pdl, cos’è accaduto.
Perché Sea non è approdata in Borsa?
Perché i due soci dell’azienda si sono messi a litigare. Il che, ovviamente, non ha tranquillizzato i mercati.
E perché i due soci litigano?
Perché uno è privato, l’altro pubblico e hanno obiettivi molto diversi; il primo detiene il 29,6% dell’azienda, il secondo il 54%. F2i è sempre stato contrario alla quotazione in borsa perché, secondo le regole del mercato, non appena fosse salito sopra il 30% dell’azienda, sarebbe costretto a lanciare un’Opa per acquisirla interamente. Di fatto, gli sarebbe impedito di crescere in Sea secondo la propria discrezionalità. Oltretutto, considerando l’andamento negativo del mercato, Gamberale sarebbe stato costretto a svalutare le proprio quote. Ma il peccato originale consiste nell’aver prodotto, in sostanza, un mostro a due teste. Un’azienda che prima era un gioiello, dispone adesso di una governance duale destinata al perenne conflitto. Ma se F2i detiene una quota così alta di Sea, è perché meno di un anno fa Pisapia insistette per concedergliela.
Ci ricordi come andarono le cose
F2i vinse il bando indetto dal comune di Milano con il quale fu messo in vendita il 30% di Sea. Vi furono, tuttavia, una serie di aspetti decisamente controversi e poco trasparenti, oggi oggetto di un’indagine della magistratura. Allora, si denunciò l’esistenza di una trattativa sotto banco tra il Comune e il fondo d’investimenti. A destare diversi sospetti, in particolare, fu il fatto che F2i riuscì ad ottenere il 30% offrendo solamente un euro in più rispetto alla base d’asta. Asta che, oltretutto, andò deserta. Tra gli aspetti che misero in evidenza una forzatura del percorso più congruo, ricordiamo la continua narrazione di una voragine del bilancio comunale.
E la voragine c’era?
C’erano delle sofferenze, come del resto in tutti i bilanci di tutti i comuni d’Italia, a causa dei tagli che il governo ha via via praticato; ma l’insistenza sul buco è stata palesemente funzionale alla prospettiva della vendita di Sea. Tabacci, infatti, non appena fu nominato assessore, come prima cosa affermò che la vendita di Serravalle, che era già in atto, e con il quale si sarebbe coperto il buco, era una cosa sbagliata, e che il prezzo fissato era troppo alto. Così facendo, ovviamente dissuase il mercato dal comprarla.
Perché, in ogni caso, si è deciso di quotare l’azienda in Borsa?
E’ stata un’iniziativa di Pisapia. Ha deciso di quotarla, oltretutto, nel momento più sconsigliato; ora, infatti, il mercato è caratterizzato da dinamiche estremamente negative; e lo ha fatto, a mio avviso, per reinserire l’azienda sui binari della trasparenza, contestualmente all’apertura dell’inchiesta da parte della magistratura.
Più in generale, che ripercussioni produrrà il fallimento in Borsa?
Si determinerà una percezione negativa rispetto alla serietà e al valore della nostra città. Il sistema economico internazionale ha detto, in sostanza, a Milano: «non ci fidiamo di te». Mi auguro che la vicenda sia risolva rapidamente; e che Pisapia e Tabacci si assumano le proprie responsabilità, prima che si determini un’incidenza su tutto il sistema economico milanese e lombardo, specialmente in vista dell’Expo.
(Paolo Nessi)