Milano. Benché, di consueto, siano concepiti in antitesi, equità e sviluppo possono facilmente beneficiare l’una dell’altro. Che la giustizia sociale rappresenti un elemento propedeutico alla virtuosità dell’economia non sempre è una contraddizione in termini. E’ il caso del Fattore Famiglia, introdotto in Lombardia da una leggere regionale. Un parametro, nel nostro Paese, unico nel suo genere, in grado di calmierare gli effetti nefasti della crisi e ovviare ad alcune criticità insite da decenni nel sistema italiano; quali l’incapacità della politica d’ogni colore o legislatura, ovvero di tutti i governi che si sono avvicendati nell’Italia repubblicana, di considerare i nuclei familiari un bene primario. Sotto il profilo ideale e materiale. Giulio Boscagli ci parla del provvedimento varato l’altro ieri notte.



Quali sono i suoi tratti salienti?

Si tratta di un meccanismo che consente di ponderare al meglio la condizione economica effettiva di ogni famiglia. La nostra iniziativa nasce dall’esigenza di supplire all’inadeguatezza del fisco alla sua reale capacità contributiva di ciascun nucleo. Ora, dato che una Regione non può incidere direttamente sul fisco, la Lombardia ha deciso di soppesare in maniera differente le tariffe di sua pertinenza. Ovvero, quei contributi che i cittadini devono versare per i servizi erogati dalla Regione, come le case per anziani, le Rsa, le strutture di accoglienza per disabili o i vari buoni voucher che l’amministrazione ha messo in campo, primo tra tutti il Buono Scuola.  



Quali elementi terrete in considerazione?

Il numero di figli, la presenza o meno di persone disabili, di anziani a carico e il fatto che la famiglia possa essere o meno monogenitoriale. In generale, contempliamo tutti i carichi di cura. Oltre ai redditi e ai patrimoni.

Tutto questo quanto vi costa?

Per la fase sperimentale, che durerà un anno e sarà applicata ad una quindicina di Comuni, abbiamo creato un fondo di sicurezza di un milione e mezzo di euro. L’idea di fondo, tuttavia, è che il Fattore famiglia favorisca chi ha un carico di cura molto alto e redditi bassi, chiedendo qualcosa in più a chi ha carichi minori e redditi più alti; a regime, quindi, il progetto dovrebbe essere a costo zero.



Crede che potrà innescare un circuito economico virtuoso?

Ci auguriamo che sortisca, anzitutto, un effetto trascinamento rispetto all’introduzione di una misura analoga a livello nazionale. Vi è anzitutto la necessità di un cambiamento culturare che consenta di dare il debito riconoscimento alla famiglia come elemento in se stesso positivo. Detto questo, va da sé che alleggerire il carico fiscale per le famiglie invoglia i giovani a crearsene di proprie e stimola a fare più figli. Il che rappresenta un bene sociale di primissimo livello. Riaffermare la famiglia come valore ha, quindi, implicazioni di natura non solo ideale, ma anche materiale. Senza considerare il fatto che per quei nuclei che già godono di qualche risorsa aggiuntiva, gli sgravi determinati dal Fattore incentiveranno i consumi.

Nel varare il provvedimento, avete cercato di bilanciare i sacrifici che, con le ultime manovre, lo Stato richiede ai cittadini?

Il nostro obiettivo primario è quello dell’equità. Se riusciremo a perseguirlo, la legge regionale, effettivamente, assume un ruolo compensativo nei confronti di alcuni provvedimenti nazionali. Significa che, se a causa delle norme emanate dal governo la famiglia si trova con minori risorse, la sua situazione viene in parte riequilibrata dalla nostra misura.

Crede che misure come il Fattore Famiglia favoriscano le Regioni nell’assunzione di un ruolo complementare al Welfare statale?

Già oggi è così. Tra i pilastri del Welfare non vi è solamente lo Stato; basti pensare alle iniziative messe in campo dalle tante singole aziende, piuttosto che a tutto quello che fa il Terzo settore. Una risposta adeguata al bisogno delle persone non può che essere realizzata da una pluralità di soggetti. In tal senso, in Lombardia sono stati fatti svariati passi avanti e il Fattore Famiglia rappresenta, di sicuro, un modello a cui sia le altre Regioni che lo Stato dovrebbero ispirarsi. 

 

(Paolo Nessi)