Il Comune di Milano ha raggiunto un accordo a sorpresa con le banche sulla transazione dei derivati. I quattro istituti di credito Deutsche Bank, Depfa Bank, Jp Morgan e Ubs, nel mirino del pm Alfredo Robledo per l’accusa di truffa aggravata, hanno accettato una transazione con Palazzo Marino. Per il Comune l’intera operazione vale 450 milioni di euro nell’arco di 21 anni, di cui 40 milioni saranno forniti subito. La vicenda si inserisce nel processo per la truffa che, stando alle accuse della Procura di Milano e ancora da suffragare da prove nel corso del processo, avrebbero garantito 100 milioni di profitti alle banche e perdite per la somma corrispondente a Palazzo Marino. Ilsussidiario.net ha intervistato Giacomo Beretta, ex assessore al Bilancio della giunta Moratti.



Beretta, come valuta la transazione del Comune con le banche sui derivati?

Il Comune ha rinegoziato soprattutto l’Irs, che era il derivato che aveva un valore positivo. Sono quindi passati da un tasso variabile a un tasso fisso, acquistando titoli di Stato. Il Comune ha invece mantenuto il Cds, un alto derivato che ha un elevato valore negativo che crescerebbe soprattutto se dovesse aumentare lo spread e le condizioni della Grecia dovessero peggiorare. In questo momento il passaggio dell’Irs dal tasso variabile a quello fisso può garantire al Comune degli interessi positivi, tali per cui il differenziale tra gli interessi negativi e gli interessi attivi produce un saldo positivo per il 2012. Il Comune ha inoltre acquistato dei titoli di Stato che rimangono presso le banche. Quella del Comune è però un’operazione positiva solo per quanto riguarda gli Irs, i quali del resto sono sempre stati un derivato positivo. Ma resta ancora aperto il problema legato al Cds. Inoltre, c’è sempre un secondo problema.



Quale?

Era ancora aperta la questione dei costi impliciti, sui quali c’è un processo aperto. Il Comune aveva conteggiato 80 milioni di euro, ma nel frattempo vi sono state delle altre cause. Una sentenza a Messina ha affermato che il costo implicito può essere conteggiato solo al termine dell’operazione. Fino quindi al 2035, che è la durata dei contratti in essere del Comune, non ci sarebbe stata nessuna possibilità di valutare i cosiddetti costi impliciti. E‘ normale quindi che le banche stiano cercando delle posizioni più aperte al dialogo con le amministrazioni, come è avvenuto con Palazzo Marino. Non so quindi se la transazione del Comune con le banche possa essere definita come positiva. E’ il riconoscimento che ci sono stati dei costi impliciti, ma a un valore poco vantaggioso per l’amministrazione.



Lei ritiene che attualmente il Comune sia ancora esposto al possesso di titoli tossici?

Assolutamente no. Il sistema dei derivati sotto la giunta Moratti era un sistema cosiddetto bilanciato. Avevamo dei derivati Cds con valori negativi rispetto all’Irs che aveva dei valori positivi. Le due cose si compensavano. Adesso la giunta Pisapia ha portato l’Irs da tasso variabile a tasso fisso, un’operazione che aveva approntato l’ex giunta Moratti quando il valore dell’Irs era nettamente più positivo. Era però in corso una disputa tra avvocati: da una parte c’era chi riteneva che fosse il momento opportuno per l’operazione e dall’altra chi affermava che non lo era. Gli avvocati che seguivano la causa per conto del Comune chiedevano infatti una particolare prudenza, sottolineando che se il Comune fosse andato a chiudere e avesse riconosciuto un costo implicito di 80 milioni di euro, gli avvocati che chiedevano 100 milioni sarebbero stati in difficoltà.

 

Quale sarà l’impatto del declassamento del Comune di Milano da parte delle agenzie di rating?

 

Il declassamento è soltanto un’operazione d’immagine da parte delle agenzie di rating, le quali in passato hanno completamente fallito assegnando la tripla A a chiunque. Di recente ho in parte polemizzato con l’assessore Bruno Tabacci, dopo che quest’ultimo ha dichiarato che il debito del Comune di Milano è pari a 4 miliardi e 200 milioni di euro. Può sembrare un debito alto, ma parliamo di una città che ha un patrimonio immobiliare e di infrastrutture pari almeno a 3-4 volte tanto. Come si fa quindi a declassare una città che ha la situazione di Milano? Basta dire che ci sono cinque linee metropolitane. Non riesco a capire quali siano i parametri per declassare Milano oggi.

 

Alla luce della transazione sui derivati e dell’aumento delle tasse, ritiene che il Comune non debba più applicare il rincaro Imu?

Con la nuova Finanziaria, il rincaro Imu andrà tutto nelle casse dello Stato. E’ quindi più una tassa nazionale che locale. Nei decreti attuativi del federalismo fiscale, l’Imu avrebbe dovuto essere una fonte di entrata per l’ente locale. Su questo tema difendo l’Anci. L’Imu sarà portata dallo 0,9% all’1,3%. Per il Comune di Milano sarebbe stato un maggior gettito intorno allo 0,55% di valore medio, e avrebbe quindi rappresentato una grossa entrata. Alla fine però il differenziale andrà tutto a Roma, e starei quindi attento a parlare di nuove entrate per Palazzo Marino.

 

La transazione con le banche è anche un risultato che è stato perseguito grazie al ruolo della precedente amministrazione?

 

Se è stata possibile una transazione in una posizione di forza, questo è anche grazie al fatto che l’ex giunta Moratti aveva costruito i derivati in maniera tale che si compensavano. Questo ha fatto sì che l’Irs potesse essere venduto creando un saldo attivo. La nostra amministrazione non ha mai speculato, creando derivati a rischio, ma ha sempre compiuto dei bilanciamenti. Da un lato cioè c’era un derivato legato ad alcuni fattori, dall’altra un altro derivato legato ad altri fattori. Si cercava sempre di fare un derivato di copertura per diminuire il rischio.

 

(Pietro Vernizzi)