Sottoscritto ieri il Patto per la casa, il progetto di housing sociale destinato ad avere un notevole impatto sulle politiche abitative. A firmarlo il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, l’assessore regionale alla Casa Domenico Zambetti e i circa cinquanta soggetti pubblici, privati e del sociale che si occupano di abitazione. In sostanza, un sostegno del valore di 400 milioni di euro per il pagamento degli affitti, nuove forme di agevolazione dei mutui prima casa, nuovi mezzi finanziari come il Fondo immobiliare, costruzione di nuovi alloggi di edilizia popolare e riqualificazione di un numero notevole di altri alloggi, circa 4mila. In un momento di grave crisi economica su tutti i fronti, un segnale forte di risposta concreta a quello che è certamente uno dei temi più importanti, la casa. Lo ha sottolineato anche Formigoni, spiegando che questo Patto vuole suggerire una maggior responsabilizzazione dei soggetti e rendere possibile una moltiplicazione delle risorse grazie al lancio di strumenti particolari. Per Loris Zaffra, presidente di Aler Milano contattato da IlSussidiario.net “in un clima in cui le attenzioni generali sono rivolte ad altri aspetti della vita sociale, la Regione Lombardia riconosce invece una sensibilità verso il problema della casa e soprattutto della casa sociale che ne sottolinea il carattere di una delle emergenze principali che la crisi ha portato ad emergere”. Per Zaffra però è altresì importante “una riflessione sulla nuova politica fiscale del governo che produca una attenzione diversa per chi è chiamato ad amministrare le case e l’edilizia residenziale pubblica, oggi sottoposta a un prelievo fiscale esagerato”.



Zaffra, soddisfazione per il Patto sottoscritto ieri? Voi siete uno dei soggetti principali che lo costituisce.

Certamente, da parte nostra un giudizio positivo. Siamo tra i sottoscrittori del patto, abbiamo partecipato a tutta la fase di discussione che ha portato alla sottoscrizione e quindi possiamo a ragione dare un giudizio positivo. Questo giudizio si esprime nel riconoscimento del ruolo della Regione Lombardia nel dare rilievo a un problema importante in un clima in cui le attenzioni generali sono rivolte ad altri aspetti della vita sociale.



Il problema della casa, che viene trascurato.

Sì, saper dimostrare sensibilità verso il problema della casa, ma soprattutto della casa sociale facendola apparire come una delle emergenze principali che la crisi ha portato a manifestarsi, è stato quanto ha fatto la Regione in modo egregio.

Una problematica, quella della casa, che è più viva che mai.

Purtroppo. La Regione dimostra consapevolezza che il problema della casa non era un problema risolto come fino a poco tempo, diciamo fino a prima del manifestarsi della crisi,  si diceva o si pensava. Questo fatto lo dimostrano anche una serie di iniziative del governo precedente e anche di questo sul regime fiscale, iniziative che penalizzano non solo il sistema dell’abitazione, ma in particolare quello dell’edilizia sociale.



In che modo?

L’esempio principale di questa penalizzazione è quello del ritorno dell’applicazione dell’Imu sulle case popolari. Dunque il fatto che la Regione metta al centro, pur nelle condizioni difficili in cui oggi ogni amministrazione pubblica è chiamata a lavorare, questo tema ci sembra una premessa fondamentalmente positiva.

Cosa altro ha fatto emergere la sottoscrizione del Patto?

La presenza di un così grande numero di realtà private e pubbliche che lo hanno sottoscritto. Di questo va dato atto all’impegno da parte dell’assessore alla Casa Zambetti, che ha saputo mettere intorno a un tavolo tutte le parti sociali che a vario titolo possono svolgere una funzione per affrontare questa emergenza.

E adesso cosa vi aspettate?

La firma non è che solo l’inizio di un lavoro che deve continuare. Dentro i dieci punti in cui si articolo il Patto della casa ci sono quelle che io chiamerei suggestioni, ma che devono essere poi diventare terreno di lavoro concreto.

Ad esempio? Si parla di costruzione di 6mila nuovi alloggi di edilizia popolare.

Sì, si tratta di portare a compimento tutto quello che già è stato stanziato dai vecchi fondi per i contratti di quartiere. Molti di questi interventi sono già in corso di realizzazione. In buona parte si procederà con il recupero di vecchi quartieri in disuso come la Bovisa per restare alla città di Milano. In questo contesto si procederà con la realizzazione di qualche nuova costruzione, e con la sistemazione di abitazioni oggi fatiscenti. Ma c’è un altro aspetto importante.

Quale?

E’ la costituzione di questo fondo immobiliare che proprio ieri la Fondazione Cariplo, principale partner di tutto il Piano, ha sottoscritto. Esso dovrebbe servire come volano finanziario: ha già raccolto quasi 300 milioni di euro, con un obbiettivo di raggiungere 400, soldi che sono rivolti a fasce superiori dell’edilizia sociale tout court, quelle fasce cioè che non rientrano nei canoni di reddito che la legge sociale impone, ma che allo stesso tempo non possono stare sul mercato privato. Fasce che sono attualmente tagliate fuori da oggi contesto abitativo e che verranno sostenute proprio con questo fondo per permettere loro di aprire mutui agevolati.

A questo proposito, quali sono le fasce che rientrano in questo Patto della casa?

Sono quelle che rientrano nella normale disciplina legislativa  dei regolamenti regionali. Si tratta di  fondi destinati alle giovani coppie, di altri fondi per l’abbattimento dei mutui, quella famosa percentuale  di intervento che è una delle qualificazioni. E ancora: il  fondo sociale per il sostegno alle parti più esposte alimentato oltre che dalla Regione anche dai Comuni. In questo ultimo caso, visto purtroppo lo stato delle finanze di molti Comuni si tratta di fondi molto limitati. E’ però un insieme di iniziative che affrontano in qualche modo un problema sempre più grave, quello della casa.

Il Comune di  Milano è uno dei firmatari: che tipo di iniziative avete in campo con esso?

Certamente: ha firmato il Patto per la casa l’assessore Castellano a nome del Comune. Con l’amministrazione milanese abbiamo in atto un progetto per il recupero del quartiere di Lorenteggio Giambellino, per rimetterlo in condizioni di vivibilità migliori delle attuali. E’ una delle realtà abitative messe peggio oggi a Milano e oltre a aumentare di quanto possibile la capacità ricettiva abitativa vogliamo ridarle una dignità visibile. Teniamo conto che è una realtà che conta qualcosa come 2700 appartamenti.

A questo punto, dopo il varo di questo Patto, quale altre priorità ha l’Aler per il futuro?

Una delle priorità fondamentali, che tra l’altro è inserita nel Patto stesso con l’impegno da parte della Regione a discuterla al tavolo nazionale della Conferenza Stato Regioni, è quella di una diversa politica fiscale del governo verso la casa. Siamo infatti realisti e sappiamo che non si può pensare a nuove forme di intervento e di finanziamenti pubblici statali. Vorremo allora che si aggredisse il problema dal punto di vista della leva fiscale.

Cioè?

Oggi come gestori di un patrimonio pubblico Aler in Lombardia siamo soggetti a una tassazione fiscale – l’Imu e altre forme – che pesa notevolmente. Chiediamo una riflessione per la nuova politica fiscale del governo con una attenzione diversa per chi è chiamato ad amministrare le case e l’edilizia residenziale pubblica.