MILANO. Sabato mattina, al Teatro Dal Verme, in occasione della presentazione del Progetto Expo sulle vie d’acqua, l’attenzione dei cronisti è stata giustamente catalizzata dalla sonora contestazione di cui è stato fatto oggetto il presidente della Regione (e dell’Expo) Roberto Formigoni.
I contenuti emersi infatti erano talmente poco interessanti, i vip invitati a parlare (da Umberto Veronesi a Umberto Eco, da Gualtiero Marchesi a Livia Pomodoro) sembravano talmente ignari dei reali problemi di Milano da dar corpo, tra un parolone e l’altro, a una città di sogno, tutta parchi, piste ciclabili, pace e amore. Nessun accenno al problema della disoccupazione giovanile, della dispersione scolastica ecc.: ci saranno le biciclette, ci saranno gli angoli romantici, cosa volete di più?
Già vedo davanti a me il giorno in cui tutto questo paesaggio avrà solo un nome: degrado urbano.
Ma, in attesa di quel brutto giorno, ecco i fischi a Formigoni. Ad essi si sono contrapposti gli applausi scroscianti a Pisapia, il quale per la verità avrebbe potuto dire una parolina sul brutto episodio toccato al suo collega nella guida dell’Expo. Invece si è accontentato di parlare della Milano del futuro, della sua ritrovata bellezza, e del sogno che sicuramente si realizzerà perché la forza c’è e niente ci potrà fermare.
E’ su questo punto che vorrei dire una cosa al mio sindaco. Caro Sindaco, lei è, francamente, simpatico. Ha l’aspetto e il modo di fare di una persona semplice e responsabile, è alla mano, non è altezzoso (come la collega che l’ha preceduto), è un vero milanese e ama Milano.
Amare la propria città costituisce, a mio parere, l’80 per cento del compito di un sindaco. Resta però un 20 per cento, sul quale la invito a soffermarsi, se ne ha voglia. E’ un 20 per cento fatto di buon senso.
Basta riflettere sulle dimensioni della sconfitta di Letizia Moratti alle scorse elezioni comunali. Chi poteva prevederlo? La signora e il suo staff erano così certi di rivincere a mani basse da rinviare al dopo-vittoria la definitiva approvazione del Pgt.
Quello che successe è nella memoria di tutti: chi credeva di avere in mano le chiavi della città si ritrovò sonoramente sconfitto. E lei, caro Pisapia, si ritrovò con una quantità di adesioni inaspettata. Sarà stato l’antiberlusconismo, sarà stata la non eccessiva simpatia umana della signora Moratti, sarà stato il fatto che il candidato della sinistra era milanese, avvocato, stimato da tutti (tra cui molti di destra) come brava persona, e soprattutto estraneo al mondo dei politici – fatto sta che lei vinse.
Tra le altre espressioni, nei giorni del trionfo, lei usò la più tipica: il vento è cambiato. Vero. Ma proprio qui sta il punto: nel vento. Chi l’ha preceduta a Palazzo Marino era persuaso di poter afferrare il vento, di tenerlo in pugno. Caro Pisapia, non commetta lo stesso errore, perché il vento non si tiene in pugno. Non le direi queste cose se nelle sue parole non avessi percepito, sabato scorso, l’ombra dello stesso errore, della stessa illusione.
Milano è una città attivamente irrequieta, concreta. Ha preso da Leonardo il suo carattere di ideatore e realizzatore instancabile, sempre desideroso di vedere la carne e le ossa delle proprie idee. Per un milanese nessuna idea è un’idea se non la si può vedere e toccare. Non è scetticismo, è soltanto la forma della nostra passione.
Non agiti davanti alla città troppe utopie, caro Pisapia, perché Milano si stanca alla svelta delle utopie. Non creda di averla in mano, di conoscere il suo cuore. Si fidi dei numeri, dia peso ai dati, non ai sogni d’autore. Rinunci a un’idea un po’ principesca dell’operato della sua giunta, che spesso sembra agire secondo direttive troppo etiche, detta troppe linee senza confrontarsi con il mercato, che come si sa è stupido e perciò non perdona.
Milano non è uguale a Lombardia. Milano è Ambrogio, Agostino, Leonardo, Gian Galeazzo, Ludovico, Manzoni, Milano è le Cinque Giornate, Milano è la sua stagione positivista, è il Politecnico, è Gadda, Milano è anche cattiva (vedi Piazzale Loreto). Milano è quarto Oggiaro, è Calvairate, è Ponte Lambro, è Morivione, è Baggio, è Vialba, è Villapizzone, è Turro, è Affori, è Dergano – è insomma una cosa troppo grande, troppo a sé stante, troppo complessa perché un sindaco fortunato possa pensare di averla in mano.
Milano è solo di Milano, e i fischi per Formigoni possono diventare in pochissimo tempo i fischi per Pisapia. Destra e sinistra non sono che mondan romor. Questo è il 20 per cento del problema, di cui la invito a tener conto.