«Il dato è verosimile ed è riscontrabile tutte quelle volte che, quando andiamo a comprare qualcosa, accade che non ci venga dato lo scontrino fiscale o la ricevuta. Si tratta di un malcostume che va combattuto anche grazie allo stesso cittadino, che deve sempre chiedere lo scontrino fiscale all’esercente. Anche a Milano, per il futuro, è necessario intensificare i controlli, senza però spettacolarizzarli». Paolo Costanzo, commercialista titolare dell’omonimo studio, commenta in questa intervista per IlSussidiario.net i dati emersi dal bilancio operativo del 2011 del Comando regionale Lombardia della Guardia di Finanza, presentato a Milano: lo scorso anno, in Lombardia, un’attività commerciale o un’azienda su cinque ha commesso irregolarità nell’emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale. In particolare, sono stati scoperti 546 evasori totali, che occultavano 8 miliardi e 800 milioni di operazioni imponibili.
Stava dicendo che in questi controlli bisogna evitare la spettacolarizzazione…
Sì, da qualche settimana a questa parte possiamo notare un clima da caccia alle streghe che assolutamente non giova all’equilibrio che un accertatore deve mantenere. Voglio poi sottolineare che c’è tutta una responsabilità dietro alla mancata emissione dello scontrino anche del cliente stesso, quindi è necessario che anche i milanesi, come gli italiani in generale, chiedano sempre più lo scontrino fiscale o la ricevuta. I controlli non dovrebbero essere un evento da prima pagina, ma dovrebbero avvenire con una certa regolarità ed essere considerati normali e all’ordine del giorno. Inoltre, anche lo stesso accertatore dovrebbe cominciare, nel momento delle verifiche presso gli esercenti, a considerare i commercianti delle persone oneste e non evasori pronti a tutto pur di non pagare le tasse.
Come avvengono i controlli a cui abbiamo assistito nelle ultime settimane anche a Milano?
Per quanto riguarda locali e negozi, i controlli possono avvenire o attraverso la presenza degli accertatori nei vari esercizi della città in maniera anonima, oppure, in base alla circostanza, attraverso la verifica dell’emissione degli scontrini, delle ricevute fiscali, e attraverso una verifica dei registri contabili. Se invece parliamo di aziende, i controlli avvengono in modo diverso, attraverso tecniche di verifica che variano da settore a settore.
Quali sono le maggiori irregolarità riscontrate e quali invece quelle commesse senza una reale volontà, ma per errore?
Le irregolarità formali, quindi quelle fatte per errore, possono essere legate a sviste riguardanti le informazioni che devono essere inserite nella fattura o nei registri, ma di solito non danno luogo a sanzioni particolari. Invece, le irregolarità sostanziali riguardano principalmente l’emissione di scontrini fiscali, di ricevute e la presenza di personale non in regola: molto spesso, infatti, specialmente bar o ristoranti si avvalgono di persone straniere o ragazzi universitari che per arrotondare lavorano in nero, anche se ormai esistono i cosiddetti “voucher” che si possono acquistare per facilitare l’assunzione regolare di lavoratori impegnati per un periodo di tempo limitato, e per evitare di commettere irregolarità, naturalmente pagando i contributi dovuti.
Secondo lei, quanto le norme attualmente in vigore complicano la vita a esercenti e imprese e quanto potrebbe rivelarsi utile una semplificazione?
Le norme attuali sono troppe e spesso si sovrappongono, quindi probabilmente se ci fosse una semplificazione vera con un testo unico, sarebbe certamente più semplice per il contribuente onesto comportarsi in maniera legittima, mentre gli accertatori verrebbero agevolati nel controllo dei comportamenti degli esercenti.
Cosa pensa invece di questa “alleanza anti-evasione” tra Comuni e Agenzia delle Entrate che prevede controlli incrociati per il recupero all’evasione fiscale? Quali potrebbero essere i maggiori vantaggi e rischi per Milano?
Certamente è un’iniziativa che può funzionare perché porterà a una maggiore attenzione sul territorio, ma i rischi esistono e sono sempre gli stessi, cioè la “fame” di risorse che può portare a un comportamento troppo aggressivo per cui, oltre al vero obiettivo, si può incappare in comportamenti che pensano più alla cassa che all’equità.
(Claudio Perlini)