Mentre da qualche settimana imperversa sui quotidiani milanesi il dibattito su una nuova vendita di quote Sea da parte del Comune di Milano, l’Espresso pubblica un’intercettazione telefonica nella quale l’amministratore delegato di F2i definisce “cucito su misura” per sé il bando con cui il Comune ha venduto lo scorso dicembre il 29,75% della società aeroportuale. Sconcertanti le dichiarazioni del sindaco Pisapia e dell’assessore Tabacci che si limitano a dirsi tranquilli.



Non è qui utile ripercorre tutti i passi del processo di vendita recentemente ultimato; basti ricordare che F2i fu l’unico concorrente e che per aggiudicarsi le quote offrì un solo euro in più della base d’asta. Nessun milanese che abbia anche superficialmente seguito i fatti credo possa dirsi tranquillo, figuriamoci il primo cittadino! La Procura intanto ha aperto un’inchiesta per turbativa d’asta.



Con queste premesse la giunta milanese intende proseguire sulla strada della cessione di ulteriori quote di Sea. Con quale motivo? La solita emergenza di bilancio. Poco importa poi se le entrate derivanti dall’eventuale vendita di quote non potranno essere utilizzate per fornire servizi, ma unicamente per dare ossigeno a nuovi investimenti, l’importante è che tutti (o almeno l’estrema sinistra e  i sindacati) si convincano che bisogna vendere.

Oggi paiono essere due le alternative allo studio della giunta: il bando per la cessione di una quota tra il 25% e il 30% oppure la quotazione in borsa. Ritengo che nessuna delle due strade sia da seguire. Proviamo a utilizzare quattro diversi criteri per valutare le alternative possibili: cosa converrebbe ai milanesi, ai lavoratori di Sea, al piano industriale dell’azienda, alle casse del comune.



Cosa converrebbe dunque al territorio milanese e ai suoi utilizzatori? In altre parole, come massimizzare la capacità degli aeroporti milanesi di collegare Milano con il mondo, obiettivo indispensabile per l’attrattività e la competitività del nostro territorio? L’azionista pubblico pare non essere in grado di dare sufficienti garanzie. Certamente non lo è stato in questi anni e non lo sarebbe se si riducesse il suo peso nell’azionariato. Nessuna delle due strade proposte dalla giunta sarebbe dunque efficace. Meglio sarebbe certamente una cessione dell’intero pacchetto comunale con un trasparente bando internazionale che costringa i concorrenti a coinvolgere un vettore che consenta a Malpensa di trasformarsi in un vero hub.

Qualcuno obietta che la presenza pubblica darebbe comunque maggiori certezze per l’occupazione. Spostiamoci dunque sul secondo criterio: cosa converrebbe ai lavoratori Sea? I sindacati chiedono il mantenimento della maggioranza pubblica, chiedono cioè di non procedere a ulteriori cessioni. Scendere sotto il 51%, in particolare tramite cessione di un pacchetto del 25-30%, costringerebbe a limitare le garanzie per i lavoratori a inconsistenti patti parasociali: una foglia di fico a cui nessuno crede.

Resto convinto che il massimo di garanzia per i lavoratori, se si dovesse decidere di scendere sotto il 51%, si avrebbe con un vero rilancio dell’azienda, vale a dire  con la cessione dell’intero pacchetto comunale mediante bando internazionale come sopra accennato. Non c’è dubbio che quest’ultima ipotesi darebbe anche respiro internazionale al piano industriale, sarebbe cioè la migliore con riferimento al terzo criterio. Analoga scelta andrebbe ovviamente fatta se ci si limitasse a utilizzare il quarto ed ultimo criterio proposta: l’efficacia per le casse del comune.

In sintesi, per nessun criterio scelto sarebbero da preferire le due ipotesi su cui sta lavorando la giunta milanese. Ma allora a chi gioverebbero queste due strade se non ai milanesi, all’occupazione, al piano industriale e alle casse del comune? Certo è che se si scegliesse la quotazione in borsa si avrebbero due esiti: un prezzo non soddisfacente delle quote, a causa del difficile momento di mercato, e la diluizione della presenza del Comune a vantaggio del socio privato (F2i), senza voler considerare il rischio di una successiva Opa ostile proprio di F2i.

L’assessore Tabacci pare però preferire l’altra strada: la cessione di un pacchetto del 25-30%. Un tale bando porterebbe  ad avere un solo concorrente al mondo che con l’acquisto di quelle quote raggiungerebbe la maggioranza assoluta dell’azienda: F2i. Quanto detto evidenzia che il comune, a causa del bando di dicembre, si è messo in una situazione di scacco: o si confermano i sospetti derivanti dalle intercettazioni riportate dall’Espresso oppure la vendita di un bene pubblico è stata gestita con sorprendente insipienza.

A questo punto c’è una sola strada alternativa al mantenimento della maggioranza pubblica: la cessione dell’intero pacchetto comunale invitando interlocutori internazionali che portino con sé anche un vettore aereo.