Roberto Formigoni mette a stecchetto i manager della sanità lombarda chiedendo loro di non sprecare un solo euro in consulenze o altre spese inutili. I trasferimenti da Roma confermati all’inizio di marzo sono pari a 17 miliardi e 340 milioni di euro, il 75% dei finanziamenti totali a disposizione della Regione Lombardia. Ma l’incremento annuo del 2% rispetto al 2011 non è al passo con l’inflazione, cresciuta del 3%. Tanto è vero che Formigoni si è incontrato con i manager della sanità, chiedendo loro di massimizzare il servizio offerto ai cittadini e tagliare le spese inutili. Per Ambrogio Bertoglio, già direttore generale dell’ospedale di Lecco, “l’invito a risparmiare rivolto ai manager è sacrosanto, ma occorre tenere conto del fatto che gli ospedali d’eccellenza sono spesso scelti da un numero di pazienti più elevato della media e quindi stabilire un tetto di spesa rischia di frustrare il criterio della libera scelta da parte dei cittadini”.



Dottor Bertoglio, condivide l’invito al risparmio da parte del presidente Formigoni?

Le richieste di Formigoni ai manager della sanità sono perfettamente sensate. Se anche fossero disponibili fondi in abbondanza, le sue resterebbero comunque delle raccomandazioni sacrosante. E’ doveroso non sprecare i fondi in consulenze, effettuare gli acquisti di strumenti in modo oculato, non cadere in sprechi, razionalizzare il lavoro mantenendo alta la qualità, ma cercando di contenere i costi. Il fatto di risparmiare fa parte della saggezza e del dovere di un amministratore pubblico. Il vero problema non è il risparmio, ma il fatto che i politici non possono ignorare una cosa che è sotto gli occhi di tutti: il modello italiano di welfare, sia nel campo della sanità sia in quello dei servizi sociali, non è più sostenibile. In Lombardia tutto sommato questo fatto non è così drammaticamente evidente, a differenza invece di altre regioni.



In che senso il welfare italiano non è più sostenibile?

Come affermavano già diversi anni fa Marco Martini e Ivo Colozzi, questo welfare è insostenibile innanzitutto per un motivo culturale. Abbiamo costruito un meccanismo per cui il cittadino non ha più alcuna responsabilità, ma vive una sindrome da dipendenza: basta che chieda, e il grande padre-Stato o la grande madre-Regione gli devono dare. Si tratta quindi di un sistema in cui la richiesta di servizi sanitari nasce da una irresponsabilità sostanziale.

Intende quindi rimettere in discussione il modello della sanità gratuita?

Dare tutto a tutti è qualcosa che non ci possiamo più permettere. Le risorse infatti non sono più sufficienti, e questo non solo in Italia, ma in tutte le nazioni che hanno un sistema universale in cui l’amministrazione offre al cittadino le prestazioni gratuitamente. Lo dimostra il fatto che lo Stato italiano sta riducendo i fondi che eroga alla Regione Lombardia, e quindi è evidente che non ci sono più le risorse per mantenere questo livello di welfare. Non si tratta soltanto di una questione economica, ma anche di una sindrome da dipendenza che ha creato una mentalità in base a cui basta chiedere per avere diritto a una risposta adeguata. Si è quindi creato un clima in base al quale i cittadini non devono più fare più nulla di loro iniziativa, non devono più essere responsabili di qualcosa, perché il loro unico modo di esprimersi è quello di chiedere. Per i medici di famiglia prescrivere una radiografia, mandare i pazienti al pronto soccorso o ordinare di fare nuovi esami è qualcosa che non costa nulla, e dunque diventa un rimando che è possibile utilizzare senza alcuna responsabilizzazione.



 

La Regione ha anche introdotto un tetto di spesa per gli ospedali. La considera una scelta adeguata?

 

Il vero problema è se la cifra individuata come budget che non può essere superato nasce da considerazioni puramente storiche, oppure tiene veramente conto di come è fatto l’ospedale e delle sue caratteristiche. Occorre inoltre ricordare che possono verificarsi eventi che non erano stati programmati. Per esempio in un ospedale può arrivare un numero superiore di pazienti rispetto al previsto, perché nei suoi reparti operano dei bravi specialisti. Con un tetto fisso di spesa, a un ospedale non conviene più raggiungere livelli d’eccellenza, perché finisce con lo sforare la spesa massima consentita. Il tetto di spesa sta quindi portando a un annullamento del criterio della libera scelta e della sana competizione tra ospedali, che la Regione aveva tanto sottolineato. A queste condizioni per una struttura sanitaria essere bravi e attrarre un maggior numero di pazienti equivale a portarsi a casa dei guai.

 

(Pietro Vernizzi)