“La vendita di una nuova quota Sea da parte del Comune smentisce tutte le promesse fatte ai sindacati dall’assessore Tabacci ed è contraria a ben due voti bipartisan del Consiglio comunale. Ma soprattutto, cedere le azioni di un’azienda che genera dai 30 ai 50 milioni di euro di entrate l’anno è un vero e proprio controsenso dal punto di vista economico”. Ad affermarlo è Roberto Rossi, segretario generale di Fit Cisl Lombardia, che commenta per Ilsussidiario.net le ragioni dello sciopero indetto dalla categoria dei trasporti dei sindacati confederali contro la decisione della giunta Pisapia.



Rossi, per quale motivo la Cisl, insieme agli altri sindacati confederali, ha deciso di proclamare uno sciopero contro la vendita di un’altra quota Sea?

Il 4 novembre scorso ci siamo incontrati con l’assessore Bruno Tabacci, e abbiamo discusso l’eventualità di vendere delle quote Sea per rispettare il patto di stabilità. L’assessore ci aveva garantito che avrebbe intrapreso la strada dell’azionariato diffuso e che avrebbe firmato il protocollo delle relazioni industriali che era stato predisposto con la giunta Moratti per la salvaguardia del perimetro aziendale. Cisl ha chiesto di avere voce in capitolo perché per quattro anni abbiamo portato avanti un’operazione con i dirigenti Sea, e siamo riusciti a ottenere il risultato del risanamento di Sea Handling, che da anni perdeva dai 50 ai 70 milioni di euro l’anno.



E come ci siete riusciti?

Grazie al contributo di tutti i lavoratori Sea, abbiamo realizzato questa impresa in un certo senso “titanica”. Per questo motivo non possiamo accettare che il Comune consideri il sindacato come un partner importante soltanto quando è necessario ripianare i conti, e poi quando ci sono da compiere altre operazioni il lavoratore e il sindacato smettano di esistere. Quando ci ha convocati Tabacci ci ha fatto una serie di promesse, regolarmente smentite dopo mezz’ora quando ha parlato in Consiglio comunale. In quella fase la Cisl ha scelto di non spingere la protesta oltre una certa misura, perché il rispetto del patto di stabilità era prioritario rispetto alle modalità di vendita delle quote Sea.



Che cosa è cambiato da allora?

La situazione oggi è completamente diversa, in quanto non si sta discutendo del patto di stabilità o della gestione di Sea, bensì della spesa corrente del Comune. E vendere le azioni di un’azienda che genera dai 30 ai 50 milioni di euro di dividendo l’anno non porta certo a risolvere il problema della spesa corrente. O meglio, lo risolve al momento e l’anno successivo si ripresenterà in modo ancora più grave.

 

Per quale motivo ritiene che il protocollo delle relazioni industriali fosse la strada da seguire?

 

A fine novembre le condizioni finanziarie del nostro Paese erano ben più preoccupanti rispetto a quelle attuali: oggi sono cambiate molte cose. Non dimentichiamoci inoltre che il Consiglio comunale, con la sola eccezione di Rifondazione comunista, nella scorsa legislatura ha votato compatto una mozione che andava in una direzione ben diversa da quella scelta da Tabacci. Ritengo che quella mozione andrebbe ripresa oggi, anche perché l’aula è tornata a esprimersi sull’argomento solo due mesi fa, con la maggioranza e buona parte dell’opposizione che hanno votato un testo in cu si afferma che le azioni di Sea in mano al Comune non devono scendere sotto al 51%. Mi chiedo come sia possibile cambiare le decisioni ogni due mesi, senza consultare le parti sociali.

 

Ma in sostanza perché non siete d’accordo con la vendita?

 

Se il Comune vende altre azioni, è evidente che non è più il socio di riferimento o di maggioranza all’interno del gruppo Sea. Se al posto di Palazzo Marino come socio di maggioranza dovesse subentrare Vito Gamberale (il manager che a fine anno ha già acquistato il 29,75% di Sea, Ndr), cambierebbe radicalmente la politica aziendale di Sea. Basta vedere quali sono state le scelte di Gamberale in altri aeroporti. La Cisl ritiene che il Comune di Milano non possa perdere anche il controllo di Sea, che rappresenta un’opportunità non da poco.

 

Quali conseguenze per i lavoratori potrebbe avere la vendita di Sea?

 

Il vero problema è il mantenimento del perimetro aziendale. Si potrebbe ipotizzare realisticamente che il soggetto privato che compra, per rientrare il più velocemente possibile dalla cifra investita, abbandoni Sea Handling. Quest’ultima è una società che sta producendo utili, anche se in misura minore rispetto a Sea Spa. Mettere quindi sul mercato questa porzione consistente di lavoratori, comporterebbe certamente un netto guadagno per qualsiasi imprenditore privato. E’ questa dunque la scelta che teme la Cisl, e che potrebbe essere una conseguenza della vendita di nuove quote Sea da parte del Comune.

 

(Pietro Vernizzi)