Il 3 Aprile l’Amministrazione Comunale  in un’ assemblea pubblica ha incontrato diversi operatori del Terzo Settore per dare inizio all’iter che porterà a realizzare il Piano di Zona per il periodo 2012-2014, documento triennale volto a delineare le linee di sviluppo del welfare cittadino.

Per redigere il documento il Comune si avvarrà della consulenza del CERGAS (Centro di ricerca sulla gestione dell’assistenza sociale e sanitaria) realtà legata all’Università Bocconi che, si legge dal comunicato pubblicato sul sito del Comune, dovrà svolgere una “diagnosi dei bisogni e delle risorse della città (…) propedeutica all’elaborazione di una nuova visione per il welfare”.



Quale? L’assessore Majorino a margine dell’incontro ha dichiarato che intende realizzare “un’opera di confronto permanente (…) un documento frutto di una condivisione ampia”, quindi un’idea di welfare che emerga dell’ascolto delle varie realtà operanti nel settore.

E dal momento che è impossibile dare voce a tutte le realtà associative presenti sul territorio milanese, qual è il criterio in base al quale vengono ascoltate alcune associazioni piuttosto che altre? Emerge dunque il grande problema della rappresentatività del mondo associativo.



Come ho potuto constatare da quando ho iniziato a conoscere approfonditamente il tessuto associativo milanese ovvero dalla campagna elettorale di maggio ad oggi, Milano è ricca di realtà operanti nel Terzo Settore e che tuttavia non sono iscritte agli albi zonali o operano con l’amministrazione comunale. Ciononostante svolgono un’ indiscussa funzione pubblica e sono veri e propri punti di riferimenti nel quartiere.

Occorrerebbe che anche queste abbiano la possibilità di essere riconosciute e aiutate, innanzitutto attraverso la valorizzazione dei consigli di zona (per es. assegnandogli un vero e proprio bilancio autonomo da gestire),  in quanto luoghi preferenziali di dialogo con le realtà operanti nei singoli quartieri, e quindi interlocutori autorevoli per riconoscere chi svolge una funzione pubblica utile per tutti.



Peraltro, sarebbe assolutamente in linea, almeno nelle intenzioni, con la volontà del Comune di assegnare più poteri alle circoscrizioni zonali come auspicato dalla delibera di Giunta sul decentramento.

Sempre però tenendo d’occhio 2 ordini di considerazioni: 1) i tavoli di discussione che fino al 31 luglio si terranno per preparare il Piano di Zona devono essere sempre aperti, ovvero occorre la consapevolezza che  la società continua a generare comunità intermedie (opere, associazioni, movimenti…) che spinte da un naturale desiderio umano  positivo partecipano alla costruzione del bene comune 2) la Pubblica Amministrazione svolge una funzione sussidiaria al Terzo Settore e non viceversa.

Per svolgere una politica veramente sussidiaria, infatti, non basta semplicemente ascoltare i soggetti interessati ma è necessario far si che le istanze da questi proposte siano il vero perno dell’azione politica.

Il Comune non deve avere l’idea di essere il terminale ultimo dei servizi svolti alla comunità ma aiutare chi già opera in questa direzione. Pertanto non si può che leggere in maniera negativa la chiusura  di “Informafamiglia”, servizio rivolto gratuitamente al sostegno delle famiglie in difficoltà (alla chiusura risultavano in carico 150 utenti) mediante l’attività di professionisti come psicologo, mediatore familiare, mediatore di conflitti, ecc…

In questo senso, i nove appuntamenti che si terranno nelle zone di Milano possono essere l’occasione di reale ascolto di chi intende dire la sua opinione sul progetto di un nuovo welfare  o passerella in nome di una formale partecipazione, quando di fatto la redazione del Piano di Zona viene confezionato a priori da una società di consulenza.

In questo lavoro è necessario non solo il coinvolgimento delle associazioni ma anche di politici che siano veramente laici cioè al servizio della vita sociale.

(Federico Illuzzi, Consigliere di Zona 9)