E’ un punto di ritrovo per molti giovani milanesi ma anche uno dei monumenti più rappresentativi del capoluogo lombardo. Nonché un’antichissima Basilica paleocristiana. E’ la chiesa San Lorenzo, proprio di fronte alle famose “colonne” (ultima testimonianza superstite dell’epoca romana a Milano) dove ogni sera si riuniscono centinaia di ragazzi, in una delle zone clou della movida milanese. Area più volte al centro di un infinito dibattito, le Colonne di San Lorenzo e Porta Ticinese, già ai tempi della Giunta Albertini che aveva chiuso con una recinzione il parco delle Basiliche intorno a piazza Vetra. Ogni mattina, dice il parroco della Basilica di San Lorenzo, il sagrato della chiesa è un tappeto di cocci di bottiglia e spazzatura di vario genere. I residenti della zona, periodicamente, riunitisi ormai in comitati, lamentano schiamazzi, urla sino a tarda notte e degrado sotto i portoni di casa. E, nota dolente, la presenza di molti locali che non rispettano l’orario di chiusura, prolungando così le ore di insonnia. Abbiamo sentito per Il Sussidiario.net, Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia urbana alla Facoltà di Scienze Politiche presso l’università di Milano.
Professor Ambrosini, come conciliare la tutela delle bellezze monumentali della zona, le esigenze dei residenti e i ragazzi che godono della vita notturna della zona?
Nelle grandi città è molto presente il problema di far convivere culture differenti e utilizzi diversi degli spazi urbani: da una parte ci sono gli anziani, per lo più residenti, dall’altra city-users, giovani e nottambuli. E’ un tipico conflitto sull’uso della città e dei suoi spazi. Tutto sta nel trovare delle regole di buon senso che consentano la convivenza fra questi gruppi: biologicamente, sono più vicino ai primi, ma posso capire i giovani che rivendicano la possibilità di vivere, in modo diverso dalla maggior parte degli adulti, la metropoli.
Può essere una soluzione imporre sanzioni ai ragazzi che violano le regole o ai proprietari dei locali che non rispettano gli orari di chiusura?
Non proprio, si tratta più che altro di fissare delle regole dettate dal buon senso che consentano di ottemperare diverse esigenze: certo, poi occorre che vengano rispettate. Un presidio di polizia o di vigili urbani non guasta.
L’ Assessore alla Sicurezza e coesione sociale, Marco Granelli, propone l’invio di psicologi di strada. Lei è d’accordo?
“Psicologizzare” ogni questione non è una buona soluzione. E’ più che altro un problema culturale, non psicologico, della percezione dello spazio e delle modalità consentite del proprio tempo libero ed esercizio della propria socialità: credo maggiormente in regole chiare e sensate.
Altri assessori propongono, invece, di spostare la movida in aree lontano dal centro. In spazi verdi come l’Idroscalo e al Carroponte.
Già oggi a Milano esistono diversi punti di socialità: i Navigli o l’Arco della Pace. Animare altri spazi avrebbe funzioni positive: ad esempio, decentrare pezzi di movida in quartieri oggi considerati a rischio sarebbe un modo per decongestionare certi spazi e ravvivarne e nobilitarne altri. Si pensi alla trasformazione che subirebbero Via Padova o Gratosoglio. Personalmente, sarebbe più interessante un discorso di questo tipo per i quartieri più degradati, piuttosto che le serrate imposte dall’amministrazione Moratti.
Cioè?
Le ordinanze che aveva stabilito la giunta Moratti per far chiudere alcuni locali, ad esempio di Via Padova, soprattutto esercizi gestiti da immigrati, ad esempio ristoranti e phone-centers. Questo finiva per rendere più deserte, e quindi meno sicure, certe zone.
Lei pensa che i ragazzi siano spinti a vivere le piazze, con tutti i problemi che questo comporta, perché l’amministrazione del capoluogo non offre un’alternativa credibile?
I giovani non amano questo tipo di manifestazioni anche un pò paternalistiche. I ragazzi amano riunirsi spontaneamente in luoghi dove ci sono altri coetanei, per far gruppo e divertirsi: i giovani non stanno a San Lorenzo perché non c’è un’offerta di spettacoli o mostre a Milano. Sono popolazioni del tutto diverse da quelle che frequentano le manifestazioni organizzate dal Comune e quelli che vivono la notte alle Colonne di San Lorenzo. Si tratta forse di rendere più interessante e appetibile l’offerta per certi locali: teatri con bar o librerie con piccoli ristoranti. Con questi cross-over si creerebbero miscugli interessanti di tipi diversi di persone. Ecco, questo sarebbe “incivilire” la movida riuscendo a immettere più cultura e magari, comporterebbe una diversa modalità del tempo libero e degli spazi.
Forse a Milano manca qualcosa che nelle altre città europee è più sviluppato: l’associazionismo.
C’è uno scollamento fra l’associazionismo e i giovani: i luoghi che frequentano tendono a essere alternativi a questo tipo di attività. La contrazione di risorse a cui assistiamo certamente non aiuta a dare respiro a questo sistema associativo.
(Federica Ghizzardi)