Martedì 3 Aprile, nel salone dell’Angelicum, l’assessore ai servizi sociali ha riunito il “ Forum del Welfare”, ovvero gli operatori del comune e il privato sociale nel settore dei servizi di assistenza.

Contesto qui le quattro idee fondamentali dell’assessore relative al tema. Mentre fuori tema mi pare il suo chiodo fisso delle coppie gay, che “hanno diritto al registro delle coppie di fatto”.  Tema che può fare moda ma che non ha obbiettivo concreto ( ricordo che il nucleo  familiare  è già presente nel registro dell’anagrafe).



Molto più significative le questioni che definiscono le politiche sociali della Giunta Pisapia.

1)  La sociologia. E’ utile lavorare sulla visione completa dei dati della condizione della vita sociale nella città.  Ma nessun dato sociologico può distinguere la condizione della persona priva di amici da quella che ha, in qualche modo, un legame di amicizia e sostegno. La vera povertà della metropoli è la solitudine, e il lavoro utile degli operatori riguarda l’azione per raggiungere chi è solo. I dati quantitativi possono parlare dell’impostazione delle forme di sostegno, e quindi di come distribuire gli aiuti pubblici tenendo conto del limite delle risorse. Ma l’azione deve puntare sulla rete comunitaria che è la vera qualità della città.



2)  In una assemblea di privato sociale e di operatori pubblici non ci si può fermare a dire che oltre il 60% degli operatori è del privato, per poi dire che il pubblico ha la direzione del coordinamento e della progettualità. La comunità delle associazioni e delle cooperative ha molto da dire sulla progettualità, facendo anche presente che vaste azioni di sostegno accadono anche senza il coordinamento dell’Ente Pubblico. Ma quello che qui si definisce è la libertà dei movimenti, realtà che è  più vasta dei soli soggetti accreditati a svolgere  i servizi che competono al Comune.  Il tema che ci si deve porre è la rappresentanza del privato sociale che diventa interlocutore dell’Ente Pubblico. I tavoli di rappresentanza devono saper esprimere il libero generarsi delle forme vitali della comunità milanese.



3)  La responsabilità sociale e solidale non è una idea di sinistra. Purtroppo la lunga storia democristiana si è conclusa con il prevalere di un catto-comunismo che ha dato spazio all’idea che il sociale è tema della sinistra.

Se la religione cattolica si occupa solo della spiritualità personale, allora il cattolico che vuole entrare nella responsabilità delle opere solidali finisce con l’usare criteri di collettivismo e di egualitarismo. Ma non è questa ne la storia della DC, ne la storia della Chiesa. Le leghe e le cooperative sono nate con il popolarismo cattolico prima ancora di quelle  del social-comunismo. Le opere della Chiesa hanno generato tutti gli strumenti che ancora oggi caratterizzano l’assistenza. Dunque c’è anche una destra solidale, come c’è una sinistra, solo che a destra si ragiona nel senso della libertà individuale, dunque del sostegno visto come utile per rimettere in moto l’autonomia delle persone. Ma oltre sinistra e destra, il cristiano parla di comunità, ovvero di un popolo che ha un motore nella carità, e che genera continuamente sostegno alle persone che ne necessitano.  Il politico deve essere rispettoso di questo popolo e capire che il suo compito è servire il popolo, ovvero favorire il crescere della comunità.

4)  Da tempo si parla di crisi dello Stato Sociale, del Welfare. Ma l’assessore non dice neanche “ nuovo welfare”. Semplicemente ritorna allo statalismo che, nell’ottica del problema sociale, diventa lo Stato Sociale. Allora dobbiamo ricordare che la crisi dei sistemi di Welfare è alla base dell’indebitamento pubblico della nazione Italia. 1900 miliardi di euro, con interessi pari a 80 miliardi. 1230 euro per ogni cittadino italiano, che vengono prelevati ogni anno dalle tasse senza produrre nulla. Dunque non si può ragionare con un aumento della spesa, bisogna spendere meglio, in modo più efficace per gli esiti di sostegno alla persona.

Date queste osservazioni che riguardano l’orientamento delle politiche sociali, una nota finale è ricordare quello che si deve fare a Milano:

Per gli anziani: controllare l’efficacia delle prestazioni delle RSA, controllare la qualità dei servizi di assistenza domiciliare, estendere il campo di azione del sistema che può raggiungere ogni anziano solo e bisognoso ( non solo il portierato sociale, ma anche le parrocchie e le associazioni), per poi aiutare tutti gli atti solidali che possono avvenire.

Per i bambini: dare al coordinamento delle strutture di accoglienza il compito di migliorare il servizio, compreso l’affido familiare, rendere flessibile la struttura di sostegno scolastico per gli operatori di supporto, compreso l’insegnamento linguistico, fornire diverse occasioni di miglioramento della qualità delle attività interne ed esterne alla scuola, con valorizzazione degli oratori e dei doposcuola.      

Per gli immigrati: valorizzare tutte le forme associative fra i migranti per favorire il sostegno comunitario, migliorare le condizioni delle attività necessarie, permessi di soggiorno, ricerca abitativa e lavorativa, insegnamento della lingua italiana.

In particolare per gli zingari: superare i campi nomadi per togliere definitivamente il degrado di un nomadismo che non c’è più e di una tradizione che si è trasformata in sfruttamento dei capi-famiglia nelle strutture ghetto.

Per gli adulti in difficoltà: le nostre eccellenti strutture di ricovero si devono completare con un completo processo di accompagnamento verso lo stato di salute e il progetto di vita. Gli aiuti economici devono garantire il minimo vitale, e nel contempo devono rendersi parte di una azione di rilancio dell’autonomia della famiglia.

Per non estendere la spesa si raccomanda, in tutte le azioni, di superare le astrattezze sui diritti e i sostegni a pioggia, per avere invece tutta l’efficacia di una rete solidale disponibile per ognuno.