La tradizione viva della città e della chiesa di Milano ci consegna il giardino attorno al chiostro di sant’Ambrogio (oggi Università Cattolica, ingresso da via Lanzone) come il luogo della conversione di uno degli uomini più importanti della storia: Agostino. All’epoca il futuro vescovo di Ippona era giunto nella città lombarda come retore dell’Imperatore, e si era imbattuto in una Milano che aveva appena vissuto un importante sviluppo urbanistico e politico: la città era infatti divenuta da pochi decenni sede dell’Imperatore e capitale dell’Impero romano d’Occidente.
A Milano Agostino avrebbe trovato l’approdo alla sua ricerca, iniziata un decennio prima con la lettura di un libro di Cicerone che lo aveva appassionato in modo unico: “le sue parole mi stimolavano, mi accendevano, m’infiammavano ad amare, a cercare, a seguire, a raggiungere, ad abbracciare vigorosamente non già l’una o l’altra setta filosofica, ma la sapienza in sé e per sé là dov’era” (Confessioni III, 4, 8).
Da quel momento in poi tutta la sua vita, gli incontri, le passioni, gli studi, le scelte – anche dolorose e coraggiose – saranno indirizzate alla ricerca della verità. E finchè non l’avrà trovata la cercherà senza scendere a compromessi. Questa inquietudine e lealtà con la propria umanità fa di Agostino uno dei giganti dell’umanità ma soprattutto un amico per chiunque lo incontra, anche dopo 1600 anni.
La Mostra a lui dedicata, allestita all’interno del primo chiostro dell’Università Cattolica (sede di Milano) fino a domani, 12 maggio, ha esattamente l’intento di offrire l’amicizia di Agostino ai tanti milanesi – studenti e non solo – che potranno visitarla.Tale Mostra, dopo l’esordio nei padiglioni della Fiera di Rimini in occasione del Meeting per l’amicizia tra i popoli nel 2009 e le sedi importanti di Roma e Pavia (insieme a molte altre in Italia e all’estero come a Madrid in occasione della Gmg 2011) è approdata finalmente nella città che ha visto l’accadere della sua prima conversione.
È a Milano infatti che finalmente conosce Colui che lo renderà felice: Cristo. Perché lo attrae come nessun altro: “Ciascuno è attratto dal suo piacere, dice Virgilio (Ecloga 2), non dalla necessità ma dal piacere, non dalla costrizione ma dal diletto; a maggior ragione possiamo dire che si sente attratto da Cristo l’uomo che trova il suo diletto nella verità, nella beatitudine, nella giustizia, nella vita eterna, in tutto ciò, insomma, che è Cristo. Se i sensi del corpo hanno i loro piaceri, perché l’anima non dovrebbe averli? (…) Dammi un cuore che ama, e capirà ciò che dico. Dammi un cuore anelante, un cuore affamato, che si senta pellegrino e assetato in questo deserto, un cuore che sospiri la fonte della patria eterna, ed egli capirà ciò che dico. Certamente, se parlo ad un cuore arido, non potrà capire” (Commento al Vangelo di Giovanni, discorso 26, 4).
Le sue parole riecheggiano dopo secoli ancora vere e, soprattutto, vive e “ardenti”, per usare un’espressione a lui cara. Come diceva Possidio, primo biografo del Doctor gratiae, “Agostino è vivo nei suoi scritti e nei numerosi figli che lo hanno seguito” (Vita di Agostino 31).