Il tam-tam dei tweet è cominciato verso le sette di questa mattina: stanno sgomberando Macao. Questo il nuovo nome attribuito dopo la sua occupazione il 5 maggio scorso alla Torre Galfa, edificio di proprietà della famiglia Ligresti, sfitto da dieci anni, in zona Stazione Centrale. Operatori e operatrici della cultura, come amano definirsi in rete, hanno colonizzato alcuni piani dello stabile con computer, televisori, proiettori, vernici colorate per sensibilizzare la Giunta Pisapia su un problema che a Milano esiste da molti anni: la cronica carenza di spazi che permetta ai giovani di unirsi in associazioni o, semplicemente, incontrarsi. Per tutta la mattinata sono stati aggiornati in tempo reale i 13mila fan di Facebook che hanno condiviso la pagina del collettivo, sgomberato dall’irruzione delle forze dell’ordine. Molti gli slogan e i post sui vari social network che criticavano il sindaco, Giuliano Pisapia, colpevole di non aver impedito l’irruzione. “La grande sfida per un sindaco- dice a Il Sussidiario.net, capogruppo del Pdl a Palazzo Marino ed ex assessore allo Sviluppo del territorio, Carlo Masseroli- è provvedere a che non ci siano spazi sfitti in una città come Milano, affamata di sedi per associazioni”.
Come giudica lo sgombero?
Lo sgombero è un atto doveroso poiché è indispensabile che in città ci siano delle regole e che tutti le rispettino, senza eccezioni. Questa vicenda mette in evidenza un problema aperto di Milano: la difficoltà di rendere disponibile degli spazi dedicati al mondo della cultura e all’associazionismo, in pratica tutte quelle realtà che non hanno la forza di sostenere prezzi di mercato per le loro sedi. Gli spazi pubblici, d’altro canto, sono regolati da leggi obsolete e inefficaci. Paradossalmente, c’è una grandissima richiesta di spazi a fronte di una miriade di potenziali sedi che non vengono assegnate.
La sua esperienza maturata come assessore della Giunta Moratti aveva prodotto proposte differenti?
Certo, noi avevamo approntato il piano di governo del territorio che incentivava economicamente operatori privati dell’edilizia perché concedessero spazi a prezzi calmierati alle associazioni culturali o a chi produceva servizi utili per il cittadino. Purtroppo, il piano, approvato un anno fa, è stato annullato dall’attuale Giunta, senza proporre alcuna alternativa. Per di più, il comportamento del sindaco verso lo sgombero è stato a dir poco ambiguo.
Perché?
Quando gli è stato chiesto cosa pensasse dello sgombero, se ne è lavato le mani dicendo che non spettava a lui occuparsene: il passo successivo è stato nascondersi dietro a parole come dialogo e tolleranza. Mi sembra un comportamento sin troppo furbo, messo in atto per non scontentare nessuno dei partiti della sua coalizione e parte del suo elettorato. Non dimentichiamo che questa mattina erano presenti più poliziotti che rappresentanti della cultura.
A chi si riferisce?
A Dario Fo, ad esempio, o a Lella Costa che hanno offerto sostegno all’iniziativa Macao. Vorrei ricordare che Fo, che era in prima fila con i ragazzi sgomberati, ha appena percepito 100mila euro dal Comune di Milano per la sua mostra e che immagino non siano stati usati per creare spazi per i giovani. Ripeto, le persone presenti stamane erano veramente poche. Ho visto una vera folla, invece, al Salone del mobile o all’iniziativa Piano City alla Rotonda della Besana dove, in entrambi i casi, si è potuta vedere la fusione fra la capacità imprenditoriale e la creatività.
Secondo lei, il nome Ligresti ha pesato in questa decisione?
Credo di no. Ligresti è, come tanti soggetti di Milano, un proprietario privato e penso che, come lui ha esercitato il diritto di difendere la sua proprietà, lo stesso avrebbe fatto Pisapia se qualcuno avesse occupato casa sua.
Perché non sgomberare anche realtà ben più estese e di precedente formazione, come ad esempio il Leoncavallo?
Per sgomberare un immobile, occorre che i proprietari dell’area facciano esplicita richiesta alle autorità. Ad oggi non risulta che la famiglia Cabassi, proprietaria degli immobili che ospitano il Leoncavallo, abbia fatto richiesta di sgombero. Questo mi da occasione di evidenziare un paio di punti sul Piano di Governo del Territorio, il PGT, ora in discussione in aula a Palazzo Marino: da un lato vengono fornite linee guida troppo generali per risolvere i casi, come appunto quello del Leoncavallo, ferma restando la richiesta dei Cabassi. Dall’altro, è in corso una trattativa privata che riguarda il centro sociale di via Watteau che, cerca di risolvere quel tema, usando regole differenti rispetto a quelle applicate per gli altri casi: generando un precedente che farà pensare a tutti che è meglio prima occupare per poter ottenere risultati.
Pensa che le occupazioni a Milano costituiscano un problema che valga la pena di affrontare?
Certamente, la nostra città ospita davvero troppe realtà che non rispettano le regole. Sono d’accordo sul fatto che siano sgomberate ma mi pare che la volontà del sindaco sia quanto mai ambigua rispetto a questo tema: sembra quasi che la Giunta sia in imbarazzo a negare l’occupazione illegale di spazi pubblici. Trovo anche poco limpida la proposta fatta da Pisapia qualche giorno fa sulla possibilità di cedere gli spazi della Fabbrica del Vapore: per seguire una linea chiara ed equa occorrerebbe fare una regolare gara a cui possono partecipare le associazioni presenti in città.