20mila metri quadrati al giorno: tanto è il suolo agricolo che ogni giorno sparisce nella sola provincia di Milano. E’ come se ogni dieci giorni scomparisse fisicamente il territorio da cui trae sostentamento una azienda agricola di medie dimensioni, in grado di produrre il frumento necessario per farci 150 tonnellate di pane. E’ questo l’esito di due anni di ricerca condotta presso il DiAP del Politecnico di Milano dal Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo (CRCS), fondato da Legambiente e Istituto Nazionale di Urbanistica (INU). Nell’intero decennio, il totale delle nuove urbanizzazioni forma un’estensione pari a una nuova città, grande come mezza Milano. Un censimento nuovo che ha permesso di stimare l’emergenza ambientale e per la salute dell’uomo. Nel comune del capoluogo lombardo e nell’immediata cintura esterna, in dieci anni, è scomparso il 43.4% di terreni adibiti a parchi, campi non coltivati e aree verdi in genere, poco più di settemila ettari. Le aree agricole invece sono diminuite del 14%, da ai 3.897 ettari di allora ai 3.428 di oggi. “Per semplificare, è come se ogni giorno- dice Stefano Salata del Centro di ricerca sui consumi di suolo- perdessimo una piazza del Duomo al giorno: una velocità e una voracità impressionanti”.



Che cosa comporta questa erosione per il suolo e per la salute dell’uomo?

Per il suolo la conseguenza è rappresentata dalla perdita di biodiversità e se sigilliamo  i primi 50 centimetri di suolo, stiamo provocando una perdita della capacità di ripristinare il ciclo idrogeologico naturale e di liberare ossigeno. Per l’uomo, possiamo parlare di effetto ambientale che si trasforma in un costo sociale: meno ossigeno nell’aria, più inquinamento, più possibilità di contrarre malattie respiratorie.



C’è una legge che permette di tutelare il suolo agricolo?

In Lombardia esiste già una legge urbanistica regionale che tuteli il suolo agricolo ma non viene rispettata a pieno e risulta, perciò, molto difficile difendere i terreni dal costruito. Gli stati che hanno dimostrato maggior sensibilità rispetto a questo argomento sono quelli in cui il governo nazionale ha preso una posizione salda. Purtroppo, a noi italiani manca soprattutto questo.

Come, dunque, far rispettare questa legge?

Non esiste una via univoca per far sì che questa legge venga applicata. L’aver fornito delle stime è già un grande passo avanti: dire, ad esempio, che in Italia si consumano oltre cento ettari al giorno significa sollevare un problema sino a quel momento ignorato. Il passo successivo è quello di insistere perché questi valori vengano diminuiti o magari dimezzati come fatto, ad esempio, dalla Germania. In tutto questo, i comuni giocano un ruolo fondamentale: nell’affrontare le politiche per l’uso e consumo del suolo occorrerebbe tenere conto di questi dati e confrontarsi con una politica più rivolta al rispetto dell’ambiente.



Che ruolo giocano in tutto ciò le operazioni immobiliari?

Gli interessi immobiliari hanno un ruolo importantissimo. Negli ultimi anni questa tendenza ha avuto via via un peso sempre maggiore  diventando un investimento finanziario prima che un investimento territoriale. Inoltre, buona parte degli immobili diffusi sul territorio lombardo, sottoutilizzati o dismessi, risultano frutto di speculazioni.   

Quali sono le direttive europee in merito a questo tema?

Nel 2011 è uscito un rapporto pubblicato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente in cui si rende nota la politica applicata dagli Stati membri per quanto riguarda la tutela del suolo. Per l’Italia, purtroppo, sono stati segnalati solo i centri di ricerca, per la mancanza di pratiche applicate. Mentre la Germania è ormai un modello consolidato, la Gran Bretagna, non si limita a segnalare le misure che limitino l’erosione dei terreni ma ad incentivare il riutilizzo di suoli già urbanizzati. Due lati di una stessa medaglia: ma mentre il primo limita i danni, il secondo li previene e anzi, si spinge oltre. La presa di posizione a livello nazionale ha una grossa rilevanza.

Per ora è stata fermata l’erosione di 100mila metri quadrati ai danni del Parco Sud, nel lato di Vignate. La legge o i metodi rispetto ai parchi è differente?

Fortunatamente, i parchi sono istituzioni e quindi risultano leggermente più tutelati: il parco ha maggiori salvaguardie idrogeologiche e tutele agro-forestali. Alcuni parchi sono meno consumati, ad esempio, rispetto alle aree di competenza della città di Milano ma questo non li esula da questo fenomeno. Occorrerebbero leggi ad hoc dettate dai comuni competenti che permettano la completa tutela delle aree verdi protette.  

Quali le proposte di Legambiente?

Dare numeri precisi sul fenomeno è un primo importantissimo traguardo: solo se creiamo buoni indicatori e conosciamo le cifre esatte di consumo del suolo, possiamo parlarne con cognizione e, in seguito, trovar soluzioni. La nostra proposta è creare politiche più consapevoli quando si definiscono le linee guida del territorio, ovvero il piano comunale all’interno del quale si gestisce il piano del territorio, e provare ad articolare una micro procedura in modo che la variazione dei vari usi del suolo possa essere contabilizzata.