“Non corro né ho mai corso il rischio di essere scambiato per un tifoso di Formigoni, ma in questo momento posso dire con assoluta franchezza che non è corretto né razionale criminalizzare l’intero sistema lombardo per due presunti episodi di malagestione. La sanità lombarda ha i conti in ordine e la qualità della sua assistenza è elevata sia rispetto ad alcuni indicatori oggettivi sia rispetto alla percezione dei cittadini, in quanto i nostri ospedali attraggono pazienti da altre Regioni e non solo dal Sud Italia”. Ad affermarlo è Elio Borgonovi, professore di Economia delle aziende sanitarie e analisi del settore sanitario all’Università Bocconi, nonché uno dei maggiori esperti italiani in questo campo di ricerca.



Professor Borgonovi, una delle caratteristiche dell’organizzazione della sanità in Lombardia è quella di avere applicato degli indicatori economici aziendali anche agli ospedali. Quali sono i punti di forza di questa scelta?

Il primo punto di forza è stato quello di equiparare i produttori di servizi sanitari, soprattutto gli ospedali, senza distinzioni tra strutture pubbliche e strutture private accreditate. Questo ha determinato un effetto positivo in termini di ricerca non solo dell’efficienza ma anche della qualità del servizio. In Lombardia sono stati inoltre messi in atto dei sistemi di valutazione della qualità, attraverso la Joint Commission International. Un secondo punto di forza, che appartiene alla filosofia che impronta tutte le politiche della Regione Lombardia, è il fatto di avere dato ai pazienti una maggiore possibilità di scelta tra un ospedale e l’altro.



E i punti di debolezza?

Tra i punti di debolezza c’è invece il fatto che nella sanità si possono determinare dei comportamenti di moltiplicazione delle prestazioni. Un ospedale offre quindi prestazioni di migliore qualità, magari riduce il costo unitario, ma per aumentare il fatturato tende, nei limiti delle regole consentite, a fare crescere i volumi di produzione, cioè a curare un numero di pazienti più elevati del necessario.

Il Pirellone è intervenuto adeguatamente per evitare questi rischi?

Dopo un primo momento in cui non ha controllato questa variabile, la Lombardia è dovuta intervenire ponendo dei tetti massimi ai privati, cui nell’ambito della programmazione regionale era comunque assegnato un volume di fatturato che non poteva essere superato. I singoli ospedali, all’interno di questo tetto massimo, dovevano quindi scegliere quelle prestazioni che riuscivano a svolgere meglio. La Regione ha messo in atto altri strumenti come il controllo di qualità e la verifica dei piani aziendali per gli ospedali pubblici, mentre sulle strutture private ha potuto soltanto esercitare un monitoraggio indiretto.



 

Vi sono altri aspetti della sanità pubblica e privata che il Pirellone ha cercato di migliorare nel corso del tempo?

 

Un ambito in cui è in corso una riforma è quello dei servizi sul territorio e fuori dall’ospedale per la cura delle patologie croniche. La Lombardia, prima in Italia e forse anche a livello internazionale, sta introducendo dei sistemi di pagamento chiamati Creg (Cronic Related Group), che sono l’equivalente dei Drg dell’ospedale, attraverso cui si quantifica la spesa per l’erogazione di una prestazione sanitaria successiva alle dimissioni e necessaria per la riabilitazione.

 

Come valuta il rapporto tra sistema sanitario regionale e ospedali privati?

 

Ritengo che funzioni mediamente bene, dopo una prima fase di aggiustamento. I primi anni successivi alla riforma sanitaria introdotta da Formigoni, nel 1996-1997, sono stati caratterizzati da un dibattito perché la Regione Lombardia non aveva posto i tetti massimi e quindi i privati di fatto erogavano delle prestazioni che con i Drg raggiungevano un fatturato che non era compatibile con l’equilibrio regionale di bilancio. La giunta regionale ha quindi aggiustato il tiro, come avviene del resto in tutti i sistemi innovativi, e quindi ha negoziato con i privati i tetti massimi che erano compatibili con un equilibrio economico che la Regione ha mantenuto.

 

Quali sono stati gli effetti di queste correzioni progressive?

La Lombardia oggi ha i conti in ordine e la qualità della sua assistenza sanitaria è considerata elevata, sia rispetto ad alcuni indicatori oggettivi sia rispetto alla percezione dei cittadini, in quanto la Lombardia attrae pazienti da altre Regioni non solo del Sud. Ciò documenta che la sanità della nostra Regione ha dei punti di forza sia nel pubblico sia nel privato. Il rapporto con il privato funziona quindi abbastanza bene, perché si è trovata una mediazione di interessi.

 

Gli scandali di San Raffaele e Fondazione Maugeri rimettono in discussione il modello organizzativo della sanità lombarda?

 

Come una rondine non fa primavera, così anche questi due casi, per ora ancora presunti, su una popolazione di dieci milioni di abitanti e con un sistema sanitario così complesso, non rimettono certo in discussione l’intero sistema sanitario lombardo. Quest’ultimo conta su volumi da 16 miliardi di euro, decine di ospedali e aziende sanitarie locali, decine di milioni di prestazioni ambulatoriali, milioni di ricoveri, e non bastano certo le vicende di questi giorni per portare alla conclusione che sia tutto da buttare.

 

Per quale motivo?

 

Fin dall’approvazione della legge regionale 31 del 1997, con cui è stata introdotta la riforma della sanità, mi sono incontrato con il governatore Roberto Formigoni e gli ho indicato quelli che secondo me potevano essere i punti di debolezza, senza sminuire i punti di forza. Non corro quindi il rischio di essere scambiato per un tifoso di Formigoni, anche perché da studioso non possono essere considerato un tifoso di nessuno. Proprio per questo nell’attuale fase posso dire con assoluta franchezza che non è corretto né razionale criminalizzare il sistema lombardo. Forse la Regione potrebbe essere un po’ più attenta in termini di controlli sui privati, che comunque potrebbero trovare più facilmente delle strade per sfuggire alla responsabilità rispetto al servizio pubblico. Gli stessi ospedali privati non vanno però criminalizzati, in quanto spesso hanno perfettamente risposto alle esigenze dei cittadini lombardi e italiani in genere, perché la qualità dell’assistenza nella nostra regione è sempre elevata.

 

(Pietro Vernizzi)

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