Un concerto jazz per accogliere l’arrivo del Papa Benedetto XVI in occasione del settimo Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano. Si intitola “La Famiglia del Jazz” e il 29 maggio prossimo inaugurerà la rassegna “Il Ritmo delle Città” sul palco del Teatro degli Arcimboldi. Il maestro Enrico Intra coordinerà 58 allievi dei civici Corsi di Jazz in una rielaborazione di “Nuova Civiltà”, una composizione incisa negli anni ’70 e arricchita in questo concerto dal tema conduttore di un’altra delle sue opere, “Messa d’Oggi”. Ilsussidiario.net ha intervistato Emilio Sioli, presidente dell’Associazione delle arti e delle corti, nonché condirettore artistico del festival “Il Ritmo delle Città”.



Sioli, come nasce la manifestazione “La Famiglia del Jazz” e qual è il suo significato?

La Famiglia del Jazz nasce da un’idea di Enrico Intra, condirettore artistico, insieme a me e a Maurizio Franco, del festival jazz “Il Ritmo delle Città”. Questa manifestazione vuole rivelare nuovi luoghi per la cultura e per la musica nelle periferie di Milano e in tutta la Lombardia. Fondata nel 2007 grazie a una sinergia tra l’Associazione delle arti e delle corti e Musica oggi, la manifestazione prevede sempre una o due nuove produzioni per ciascuna edizione. Quest’anno, poiché coinciderà con l’arrivo del Papa Benedetto XVI per la Giornata Mondiale delle Famiglie, abbiamo pensato di dedicare a questo evento un concerto che parlasse della nostra famiglia, quella dei compositori e dei musicisti jazz. Il concerto festeggerà anche i figli di questa famiglia, cioè i 58 giovani diplomati e diplomandi dei 16 corsi di jazz, che eseguiranno sotto la direzione di Enrico Intra questa riscrittura della suite “Nuova Civiltà” che Intra ha composto negli anni ’70 e che per l’occasione noi proporremo al Teatro degli Arcimboldi il 29 maggio prossimo.



Per quale motivo avete ideato il concerto inaugurale della rassegna come un benvenuto al Papa?

Benedetto XVI è un Papa un po’ musicista, sappiamo che suona bene il pianoforte, e ciò che ci riesce meglio è il jazz. Attraverso questo linguaggio, Intra intende sottintendere l’aggregazione della gente, anche perché le famiglie sono sostanzialmente dei nuclei di persone che si vogliono bene. Il nostro obiettivo è fare vedere che attraverso il jazz ci si può volere molto bene, e che improvvisare insieme, spesso senza conoscersi, è fonte di gioia e di conoscenza reciproca profonda. Per incontrarsi non c’è bisogno dello spartito, quindi della mediazione di un foglio di carta, è sufficiente l’affetto, la cordialità e la voglia di incontrarsi, e il jazz nella sua essenza è tutto questo.



Qual è il ruolo della cultura del jazz a Milano?

E’una cultura di ricerca e di scoperta. Il jazz è una delle musiche colte più duttili e malleabili che ci siano, non ha problemi di spazio, di esecuzione, di strumentazione. E’ possibile eseguirla in qualsiasi luogo, senza avere per forza bisogno di un teatro o di una sala concerti. I musicisti poi hanno una grande disponibilità a confrontarsi con le realtà diverse e spesso difficili in cui noi li mettiamo. Noi non lavoriamo solo al Teatro degli Arcimboldi, come nel caso de “La Famiglia del Jazz”, ma anche nei Cam, i Centri Aggregativi Multifunzionali del Comune, in aree dismesse, giardini, chiese e in quartieri difficili che hanno assistito alle performance di musicisti importantissimi: oltre a Enrico Intra e Franco Cerri, ci sono anche Paolo Fresu, Uri Caine, Airto Moreira e Tania Maria.

 

Quali sono gli obiettivi dell’Associazione delle arti e delle corti di cui lei è presidente?

 

Noi siamo nati per fornire dei contenitori ai contenuti. La programmazione culturale, a Milano e in Italia, è spesso fonte di ripetitività. Il pubblico ormai si è assuefatto ad alcuni luoghi particolari e non tiene conto di altri spazi, altrettanto meritevoli di essere utilizzati. La mia associazione riesce quindi ad accendere delle luci laddove sono rimaste spente per diversi anni. Per esempio abbiamo scoperto l’Orto Botanico di via Valvassori Peroni, che era ormai ridotto a una discarica piena di topi, e che è stata trasformata in un giardino di piante ornamentali dal dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Milano. Noi leghiamo i nostri percorsi artistici e culturali a delle tematiche civili, rendendo la musica e la cultura utili anche a un discorso che trascende la mera funzione del concerto. Anche nelle periferie esistono episodi di valore estremo che devono essere conosciuti, ma perché ciò avvenga occorre un grande musicista disposto a suonare in quei luoghi.

 

(Pietro Vernizzi)