«Il Piano di governo del territorio approvato dalla maggioranza va purtroppo nella stessa direzione della crisi», commenta Carlo Masseroli, capogruppo del Pdl a Palazzo Marino ed ex assessore allo Sviluppo del territorio in questa intervista per IlSussidiario.net. Dopo 80 sedute di Consiglio comunale, oltre 240 ore di dibattito in aula totali e chiudendo un percorso iniziato nel dicembre di tre anni fa, Milano ha un nuovo Pgt modificato e ridisegnato dall’attuale amministrazione. «Il Pil della città di Milano è circa 70 miliardi di euro annui, mentre la spesa corrente del Comune è pari a circa 2,5 miliardi – spiega Masseroli -, quindi è ovvio che ogni provvedimento che sostenga la crescita del Pil e la riduzione della spesa corrente sarebbe benvenuto. Il nuovo Pgt è invece un provvedimento negativo che considera chiunque voglia partecipare e investire nello sviluppo di Milano un soggetto ostile. Questa stessa ostilità si manifesta attraverso regole più burocratiche e complesse, le stesse caratteristiche che portano da un lato alla riduzione della capacità di generare Pil e dall’altro all’aumento della spesa pubblica».



Come crede che cambierà invece la città di Milano?

Credo che l’attuale Pgt, associato al momento di crisi, non avrà nessuna efficacia. Vorrei analizzare in particolare due grandi temi, l’housing sociale e il verde cittadino. Condivido pienamente con la maggioranza che governa la città la grande attenzione nei confronti dell’housing sociale, ma purtroppo le regole impostate nel Piano non consentono l’equilibrio economico per far sì che vengano realizzati alloggi a prezzi bassi.



Cosa cambia rispetto alla precedente impostazione?

E’ stato sostanzialmente cancellato tutto ciò che rappresentava l’incentivo alla realizzazione di housing sociale. I numeri di cui si parla in questo Piano, essendo purtroppo solo di propaganda, non verranno quindi mai realizzati.

Come fa allora a stare in piedi la proposta di housing sociale formulata dalla maggioranza?

Semplicemente attraverso un finanziamento pubblico che non c’è, perché è evidente che la situazione economica attuale non rende possibile oggi un investimento significativo sull’housing sociale.

Palazzo Marino promette inoltre più verde e meno cemento. Cosa può dirci?



La quantità di verde complessivo di questo Piano rimane identica rispetto a quello precedente. Ci sono inoltre delle aree che sono state rese edificabili nonostante oggi rappresentino del verde agricolo.

Per esempio?

Due casi in particolare, entrambi al confine con il Parco Sud: innanzitutto un’area di 40.000 m/q in zona Barona e un’altra di 350.000 m/q di proprietà del gruppo Ligresti che diventeranno entrambe edificabili. Questo significa solamente che il Piano attuale prevede un consumo del suolo maggiore rispetto al precedente, a differenza di quello che ci viene detto.

Cosa può dirci invece rispetto al tema della popolazione?

L’impostazione di questo Piano ricalca le modalità del vecchio piano urbanistico degli anni Ottanta, in cui il numero degli abitanti previsti determinava quanto si poteva costruire. A quel tempo si prevedeva che Milano avrebbe avuto 2,1 milioni di abitanti, quando allora ne aveva 1,7 milioni. A partire da quel numero si determinarono le capacità edificatorie, ma il problema è che la città subì al contrario una riduzione di popolazione, arrivando all’1,3 di oggi.

Questo cosa sta a significare?

Che determinare le quantità edificatorie a partire dal numero degli abitanti previsti è una modalità di pianificazione assolutamente sbagliata. Questo perché la gente a libera e verrà a vivere a Milano solo se troverà le condizioni adatte. E’ quindi assolutamente inutile e scorretto pianificare un numero di abitanti senza tener conto della libera iniziativa delle persone e dei fattori di realtà.

Parliamo poi del drastico ridimensionamento della cosiddetta “Defense milanese”, nell’area di via Stephenson 

L’ipotesi strategica del Piano precedente riguardante la Defense milanese avrebbe portato alla riqualificazione di quell’area che si trova a Nord-Ovest della città e che consiste in 600.000 m/q di degrado puro, dove si ha paura solamente ad entrarci. Essendo un’area vicina ad un sistema che sarebbe stato infrastrutturato come quello di Expo, avevamo precedentemente previsto la costruzione di grattacieli e, grazie al ritorno economico di quegli investimenti, anche il collegamento dell’asse Nord-Ovest dall’Expo fino al centro della città, quindi una zona che oggi è veramente poco servita.

Cosa ha deciso invece l’attuale amministrazione?

Ha deciso che non si fa niente e ha determinato una serie di criteri di sviluppo che, sono pronto a scommettere, tra qualche anno o comunque in vista dell’Expo manterranno solamente ciò che già esiste, cioè degrado puro, che è stato evidentemente preferito ad una sfida di sviluppo.

 

(Claudio Perlini)

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