Dall’inizio dell’anno le avevano tolto la corrente perché era in arretrato con la bolletta. E’ andata a letto dimenticando una candela accesa e, appena è caduta nel dormiveglia, le fiamme l’hanno avvolta. A soccorrerla è stato un vicino che ha avvertito odore di bruciato, ha sfondato la porta cercato di spegnere le fiamme con una pentola d’acqua. E’ successo in via Iglesias 38, zona viale Monza a Milano. La malcapitata si chiama Annamaria Coppoli, ha 64 anni ed è in prognosi riservata al centro grandi ustionati di Niguarda.



Sale le scale incerta, senza mai lasciare il corrimano; parla da sola, ma tutte le volte che lo incontra lo guarda e gli sorride senza smettere di farfugliare sottovoce. Ha voglia spesso di gelato, oppure di fare una passeggiata; ma sono cose che non fanno più da un pezzo. Suo marito diventa sempre più vecchio, e lei lo vede sempre più brutto. Sempre più triste anche, con quel continuo aprire il cassetto dove tenevano i soldi della pensione dove adesso non c’è più niente, non lo sa? Ma subito la sua mente si sposta leggera su un altro argomento, vuole ricordarsi le parole di una canzone, il tragitto per tornare a casa, e i nomi, soprattutto i nomi delle persone che sono così difficili da recuperare dalla nebbia soave del suo cervello.



Quell’uomo per esempio che incontra sulle scale, è sicura di conoscerlo anche se non si ricorda come si chiama, un amico, di sicuro un amico del passato, potesse ricordarsi il nome. Non solo l’estrema fragilità di quella donna, ma anche un netto senso di pericolo lo colpisce quando la incontra, come se si accendesse un chiaro segnale di allarme. Troppo fragile il suo polso, troppo magre le sue gambe. Si chiede come possa il marito lasciarla uscire da sola, così svanita com’è; poi pensa al silenzio completo che regna nella casa, solo i loro passi, anche la tv non si sente più da molto e soprattutto si ricorda all’improvviso che non vede più nessuna luce accesa la sera alle finestre.



Ma è preoccupato, anche oggi niente, nessun lavoro per lui arrivato pieno di speranza, disposto a fare tutte le fatiche; ma il lavoro già difficile da trovare viene dato prima agli italiani anche se lui è forte, ha braccia solide più degli altri, è fidato, lo conoscono; neanche più ai mercati generali, in questi giorni, e la scadenza dell’affitto si avvicina, per non parlare di quelli di là che aspettano i soldi.

Cammina quindi tutto il giorno e sarebbero belle giornate, a guardare il tempo, una primavera tardiva con i viali pieni di batuffoli di pollini, a volte il vento, a volte il sole caldo; le ragazze che portano i cani al parco, le biciclette; rumori tranquilli mentre se ne sta sdraiato sull’erba con le mani dietro la testa, e il cielo così sereno sopra di lui. E pensare che si era immaginato una città solo di fabbriche e uffici, di traffico e smog. Non rientra a casa per dimenticarsi meglio l’ora di pranzo e poter arrivare a sera. La città verso quell’ora è una distesa di tetti e finestre che lampeggiano in lontananza verso la sua, vetri iridescenti, bluastri contro gli ultimi raggi; e un gran rosa caldo di tegole e mattoni, qualche luce che già si accende.

 

Solo e scoraggiato, senza nessuno, e il tempo che passa troppo lentamente perché lui possa non sentirsi definitivamente inutile. Senza tv e senza luce si sta spesso a guardare fuori dalla finestra; la casa buia è una trappola, una casa di fantasmi, e per questo stasera accende qualche candela, ma le ombre si fanno forse più paurose, le tende si gonfiano e i vecchi mobili la guardano, la tengono d’occhio. Gira le spalle alle stanze soffocanti e fuori dalla finestra vede se stessa, con il vestito leggero appena stirato che gira sulle sue gambe, le unghie laccate e i capelli pettinati per andare a ballare, e finalmente il gelato, le risate delle altre ragazze nella sera profumata sotto i tigli del viale.

 

Senza paura di essersi dimenticata di quelle cose che agli altri sembrano essenziali, perché le è capitato di uscire qualche volta con la vestaglia invece del soprabito, che sarà mai, e le ciabatte invece delle scarpe. E qualcuno la guarderà, la prenderà per mano e la farà ballare; è l’uomo forte che incontra sulle scale, forse è lui che alla fine ha sposato, ecco perché lo riconosce. E’ il nome che continua a non ricordare, un suono che sa di sapere ma che insegue avanti e indietro avanti e indietro con pena nei suoi ricordi, ricordi di lui com’era prima; com’è triste adesso questa notte, e già si trova sul letto sdraiata, ancora a cercare quel nome. Ma non importa, perché sa che lui verrà e la salverà.

 

(Paola Caronni)