La sanità lombarda è una realtà estremamente eterogenea, che comprende grandi ospedali pubblici, Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Irccs), strutture sanitarie di origine religiosa e cliniche private. Come complessità e dimensioni, è paragonabile soltanto al Lazio. Ilsussidiario.net ha chiesto una valutazione della qualità raggiunta nelle due regioni a Carlo Alberto Perucci, coordinatore del Programma nazionale esiti dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Per l’esperto, “nel panorama nazionale la Lombardia e il Lazio rappresentano le due facce opposte della medaglia. Il Pirellone si è dotato di modelli di accreditamento e forme di controllo da parte di organismi internazionali, mentre a Roma mancano entrambi. E il risultato è che la sanità lombarda è un sistema governato, quello di altre regioni invece no”.
A partire dagli indicatori sulle diverse regioni, qual è il suo giudizio sulla sanità in Lombardia?
Il grande vantaggio della Lombardia, e di pochissime altre regioni, è quello di avere messo in atto per tempo un meccanismo di valutazione interna da parte della Regione per monitorare le aziende ospedaliere. Questo consente di confrontare la valutazione a livello nazionale con quelle da parte dei singoli sistemi regionali. La Lombardia inoltre fin dall’inizio della riforma del sistema sanitario è stata caratterizzata dal fatto di avere scelto un modello di separazione tra le funzioni delle Aziende sanitarie locali (Asl), che sono tutori della salute e committenti delle prestazioni, e gli ospedali, siano essi pubblici o privati accreditati, che sono produttori di servizi. Il sistema lombardo a un certo punto è però rimasto in mezzo al guado.
In che senso?
Nel senso che non ha portato fino in fondo la separazione tra Asl e ospedali. Tuttavia, rispetto ad altre regioni, la Lombardia ha un sistema di accreditamento compiuto che funziona e meccanismi di valutazione altrettanto efficaci. Questi strumenti sono utilizzati per controllare un universo di erogatori composto da strutture giuridiche estremamente eterogenee, che costituiscono un sistema sanitario dalle proporzioni enormi che esiste in poche altre regioni.
Quali sono i risultati raggiunti dalle strutture sanitarie lombarde?
All’interno di questa realtà ci sono ospedali con performance eccezionali e altri che presentano delle criticità. Questa non è però una caratteristica soltanto della Lombardia, ma di quasi tutti i sistemi sanitari regionali. Da parte del Pirellone c’è probabilmente una maggiore accentuazione delle spinte a favore della competizione, che io trovo positive.
In quanto professionista, che idea si è fatto del sistema lombardo dal punto di vista delle prestazioni sanitarie?
E’ un sistema che, nell’ambito del rispetto di una compatibilità economica, riesce a garantire alla popolazione prestazioni mediamente di buon livello. Un punto diciamo così di “debolezza” è che si tratta di un sistema nel quale i singoli ospedali tendono a essere prevalenti rispetto alle Asl, proprio per il mancato completamento della separazione tra le due funzioni. Se confrontato con quello di altre Regioni però quello della Lombardia è un sistema “governato”, e proprio per questo motivo rappresenta una delle poche eccezioni positive nel nostro Paese, a prescindere dalla presenza di amministrazioni di centrodestra o di centrosinistra. Lo posso garantire in quanto per il lavoro che svolgo ho potuto toccare con mano la realtà dei sistemi sanitari di numerose regioni.
Quali sono le principali differenze tra la sanità del Lazio e della Lombardia dal punto di vista dell’organizzazione e della gestione del sistema economico?
Quello della Lombardia è un sistema sanitario che ha deciso di darsi una precisa forma dal punto di vista organizzativo, l’ha perseguita, ha applicato un modello, attuato l’accreditamento attraverso la Joint Commission Internazional (un sistema di controlli da parte di un organismo internazionale, Ndr). Il Lazio è esattamente l’altro lato della medaglia, in quanto rappresenta un sistema non governato. Lombardia e Lazio sono le due facce opposte della luna.
Rispetto ai risultati raggiunti in campo sanitario alla fine degli anni ’90 e all’inizio del 2000, ritiene che negli ultimi tempi la Lombardia si sia “seduta sugli allori”?
Proprio in questi mesi la Lombardia sta per compiere un nuovo passo avanti attraverso la sperimentazione della remunerazione agli ospedali basata non più sulle singole prestazioni per ogni paziente, ma su cicli di cura completi. Ritengo che ciò rappresenti la frontiera del futuro, basata sul fatto di stimolare un’offerta che non sia limitata alla diagnosi e alla cura, ma che punti alla creazione di soggetti riabilitatori in grado di offrire ai cittadini cicli di cura. Il sistema lombardo sta cercando di percorrere questa strada che ritengo molto positiva, e di cui in altre Regioni, Lazio compreso, non si parla nemmeno.
Quante altre regioni hanno adottato un sistema di controlli internazionali come la Lombardia?
Ad averlo fatto in Italia è stata praticamente solo la Lombardia, mentre altrove esistono dei passi solo a livello formale. Ma il vero problema non è quello della Joint Commission International, bensì il fatto che alcune Regioni, tra cui il Lazio, non hanno neppure adottato meccanismi di accreditamento.
Per quale motivo è importante che invece la Lombardia li abbia adottati?
Il servizio sanitario nazionale, anche nelle sue articolazioni regionali, è l’assicuratore obbligatorio di tutti i cittadini per le prestazioni sanitarie. Noi lo paghiamo attraverso le nostre tasse per consentire alla pubblica amministrazione di perseguire un obiettivo di equità tra cittadini più benestanti e più indigenti. Questa equità si realizza solo nella misura in cui la Regione riesce a garantire che gli ospedali siano capaci di fornire prestazioni efficaci e di qualità. Il sistema di accreditamento consente al servizio sanitario nazionale di stilare una lista di “fornitori garantiti di prestazioni”, esercitando il ruolo di committente per conto del cittadino. Senza l’accreditamento quindi il servizio sanitario non è nelle condizioni di garantire i cittadini.
(Pietro Vernizzi)