L’età media dei milanesi continua ad aumentare nonostante siano in crescita anche le nascite. Secondo quanto rilevato dal Settore Statistica del Comune, negli ultimi vent’anni si è assistito a un lento ma costante aumento della natalità, (9.276 nel 1991, 10.485 nel 1999, 11.720 nel 2011) eppure l’età media della popolazione milanese è passata dal 45,1 anni di dodici anni fa ai 45,5 dell’anno scorso. Un fenomeno spiegabile per la presenza sempre più massiccia degli over 65 che nel 2011 rappresentano il 23,6% della popolazione residente. Oltre a quella della terza età, tra il 1999 e il 2011 sono cresciute anche le fasce tra i 35 e i 54 anni e quelle della prima infanzia, mentre è stata registrata una diminuzione nelle prime fasce dell’età adulta, vale a dire quella tra i 19 e i 24 anni e tra i 25 e i 34 anni: nel 2011 la prima contava 65.887 persone, quasi diecimila in meno rispetto al 1999, quando erano 75.538. La seconda era invece costituita da 223.251 persone dodici anni fa, mentre l’anno scorso il numero arrivava a quota 157.905 milanesi. IlSussidiario.net ha chiesto quindi ad Alessandro Rosina, professore di Demografia all’Università Cattolica, una spiegazione e un commento su questi dati.  



Professore, cominciamo con un giudizio generale. Cosa ne pensa?

Questi dati confermano innanzitutto il fatto che l’invecchiamento è più accentuato a Milano che in molte altre città, ricordando sempre che l’Italia è uno dei paesi con il maggior invecchiamento al mondo. E’ quindi chiara la necessità di costruire una società più matura in cui i rischi della crescita della popolazione anziana possono trovare risposta in adeguate misure di welfare. Allo stesso tempo è importante cogliere e valorizzare le opportunità, visto che molte persone arrivano in età anziana in buona salute e con grande voglia di fare.



I giovani però diminuiscono notevolmente.

E’ chiaro che una società può crescere, innovarsi e svilupparsi solamente se presenta anche una base solida costituita proprio dai giovani. Su questo dato Milano si divide tra luci e ombre: da un lato la città accentua quel fenomeno che io ho chiamato di “degiovanimento” che consiste in una riduzione rilevante della popolazione giovane nella società. Si tratta di un fenomeno inedito mai verificatosi in passato, in Italia ma ancora di più a Milano. Come sappiamo, è proprio questa la componente più dinamica, più innovativa e che può dare un maggiore contributo alla crescita. Se andiamo a confrontare il profilo per età della popolazione milanese con quello della Regione e dell’intero Paese, vediamo invece che Milano accentua una riduzione della fascia che va proprio tra i 18 e i 34 anni.



Un fenomeno certamente grave, non crede?

Certo, e proprio per questo Milano deve tornare ad essere attrattiva nei confronti dei giovani che soprattutto negli ultimi anni si sono ridotti sia a causa della denatalità passata ma anche per aver scelto di spostarsi all’estero in cerca di opportunità in ambienti che evidentemente offrono loro maggiori possibilità e una migliore capacità di valorizzazione delle competenze. E’ vero che Milano attrae molta gente dal resto d’Italia, ma è anche vero che perde molti giovani che scelgono di trasferirsi all’estero. La città deve quindi tornare ad offrire un modello di sviluppo che metta al centro i giovani, le loro capacità e il loro dinamismo e, se possibile, attrarre anche giovani dagli altri paesi sviluppati.

Cosa può dirci invece del dato riguardante le nascite?

L’aumento delle nascite riguarda non solo Milano, ma tutta l’area Centro-Nord. Dopo il minimo raggiunto nel 1995, la fecondità in questa zona del Paese ha ripreso a salire, in particolare per due motivi: da un lato c’è una maggiore attenzione nei confronti della conciliazione tra lavoro e famiglia, che si traduce quindi in una maggior possibilità per le coppie italiane di restare attive nel mercato del lavoro e nel contempo avere anche più di un figlio.

Il secondo motivo?

La presenza di tutta la componente straniera che anche in questo caso ha favorito le grandi aree metropolitane del Centro-Nord, quindi anche Milano. Assistiamo ad un aumento dell’integrazione, dei matrimoni misti e quindi ad una maggiore incidenza di questa componente che porta a una crescita della natalità. Bisogna però fare attenzione a un aspetto.

Quale?

Negli anni Novanta avevamo toccato una natalità particolarmente bassa che adesso sta invece crescendo. Resta però il fatto che a Milano, rispetto al quadro più generale della Regione e dell’Italia, i livelli di fecondità sono ancora sotto i valori della media. Certamente il trend crescente è positivo ma questo andrebbe ulteriormente sostenuto e incentivato.

Cosa possiamo prevedere invece per i prossimi anni?

Quello che accadrà in futuro dipende soprattutto da come verranno affrontate queste sfide. E’ necessario investire in un invecchiamento attivo e fare in modo che vi siano servizi adeguati sia per i “grandi” anziani che per i “giovani” anziani, due categorie che è sempre più importante distinguere: i primi, in forte crescita, sono gli over 80 e rappresentano ovviamente la parte più problematica perché legata a condizioni di non autosufficienza e quindi alla necessità di assistenza. C’è invece un’altra fascia, sempre in crescita, costituita da anziani tra i 65 e i 75 anni in buona salute, attivi e che possono quindi rappresentare una risorsa enorme per la società e per tutta la città. Ci sono quindi dei vincoli che la demografia pone nella sua evoluzione, ma se la società è poi in grado di offrire risposte adeguate è possibile trovare risorse, capacità e potenzialità per creare benessere e far sì che Milano continui ad avere un ruolo rilevante e sempre crescente.

 

(Claudio Perlini)