Dovevamo arrivare a ridosso dell’incontro del Papa con le famiglie, per sentire dal sindaco Pisapia che è urgente fare il registro delle coppie di fatto a Milano. Lo ha detto in una intervista a Radio Popolare, facendo seguito alla richiesta dell’assessore ai servizi sociali Maiorino.

Bisogna capire bene le proporzioni per comprendere questa pretesa urgenza del sindaco. Da una parte c’è un grande evento, di portata mondiale, annunciato da due anni, dove il Papa vuole salutare nella famiglia il luogo di testimonianza dell’umanità di Cristo. Avviene fra due giorni, tutta Milano è coinvolta e tanti sono i milanesi che aiutano la buona riuscita di questo evento. Dall’altra parte c’è la questione del registro delle coppie di fatto, che ciclicamente viene riproposto. E’ una idea incentrata su una ancora più ampia questione: non si deve dire famiglia, ma famiglie. Teoria contrapposta al cattolicesimo e ritenuta fondamentale per l’affermazione del relativismo culturale. Sono famiglia le coppie che non si sposano, come sono famiglia le unioni dello stesso sesso, anzi dire famiglia dipende dall’esistenza di un registro.



Dal punto di vista pratico il registro delle coppie di fatto modifica solo la definizione che viene data dall’anagrafe milanese di nucleo familiare. Si tratta dunque di una battaglia principalmente ideologica, una questione di principio. Una concezione alternativa da porre in contrasto con l’evento dell’incontro mondiale delle famiglie.



Questa battaglia anticattolica non è una lotta di minoranza, semmai è il Papa che va controcorrente rispetto alla diffusa caduta della concezione di struttura naturale dell’umano. Quindi non si dia al sindaco la patente di coraggioso militante della laicità. Il relativismo dei comportamenti umani è di moda, e viene predicato ovunque. Dunque la presa di posizione di Pisapia, un poco vile perché detta all’ultimo momento al fine di fare contrasto con il Papa, deve svegliarci e muoverci ad andare alla celebrazione degli incontri con il Papa. Dobbiamo far vedere che permane una profonda visione umanistica che tiene con forza il valore della famiglia secondo natura. 



Sappiamo che Milano è profondamente cambiata nella sua composizione. Prevalgono le forme di vita da soli, prevalgono i divorzi sui matrimoni, prevale il matrimonio civile su quello in Chiesa. Ma sappiamo anche che cattolici, laici responsabili, immigrati, sono la forza dinamica della città, lavorano, fanno figli, si sforzano di educare bene. Si sostengono, sopperiscono alle carenza dei sistemi solidali della città. Dunque la questione è chi conosce veramente la città. A mio avviso il sindaco viaggia nelle opinioni salottiere della città. Mentre abbiamo un grande bisogno di governanti che sappiano riconoscere le energie positive della città e le mostrino come esempio di quello che rende grande Milano.

Facciamo vedere che il topolino milanese parla al vento, mentre le famiglie affrontano con tenacia le difficoltà di questo periodo e garantiscono la continuità ideale del popolo in cammino. E cominciamo a pensare che  Milano è abbandonata come comunità cittadina dai suoi governanti, che fanno questioni di principio mentre ci sono infinite questioni concrete da risolvere.

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