“Di cattivo gusto, dalle linee anni ’80, esteticamente brutta”. Si sprecano i commenti di designer e archietti sui blog specializzati. Oggetto del contendere la nuova metro della Linea 5, “La Lilla” ( tanta l’ironia sul colore scelto) che collegherà Zara a Bignami e che sarà inaugurata, per un breve tratto, in occasione della visita di Papa Benedetto XVI per trasportare migliaia di fedeli, il prossimo 31 maggio. Insomma, i commenti non vogliono essere tecnici ma puramente estetici e contestano la scarsa armonia dell’opera. Il lilla accostato a colori come verde e grigio, i muretti di cemento che sembrano costruiti senza un criterio preciso, il numero 5 scritto in modo inclinato: queste alcune delle contestazioni di architetti, designer e studenti di architettura che, uniti, hanno firmato una petizione contro la tanto attesa linea metropolitana che sarà attiva in modo completo solo a dicembre. Davvero la stazione di una metropolitana deve essere esteticamente bella oltre che pratica? Lo abbiamo chiesto per Il Sussidiario.net al graphic designer, Maurizio Milani che risponde “ Certo, perché no? E penso che un’occhiata al passato per creare cose nuove non farebbe male”.
Un ritorno al passato?
La mia idea è di riprendere gli stilemi della prima metropolitana milanese, quella degli anni ’60, che aveva il pregio di presentare una costruzione e uno razionalistici. Erano basici e quel poco era ben fatto, tutt’altro che presuntuoso. Sono stati usati buoni materiali decisamente meglio di ciò che è stato fatto per la linea 3, ad esempio. A mio parere, si eccede con le luci e, soprattutto, la segnaletica è carente: hanno posto dei cartelli lucidi che uniti alle luci radenti non permettono la lettura della scritta.
E’ indicativo che un’opera di Milano, la città del design, sia stata bocciata prima ancora di essere inaugurata?
Non ho ancora avuto modo di vedere la nuova metropolitana ma una cosa è certa: a Milano il design è trascurato e gestito dai politici e non ai professionisti. Ad esempio, l’Assessore alla Cultura Boeri propone di non costruire musei ma di inserire le foto delle opere on-line in siti ad hoc: per me è una sciocchezza. Occorre dare alla gente la possibilità di vedere le opere dal vivo poiché è nettamente diverso, ad esempio, ammirare un quadro di Van Gogh da vicino piuttosto che in internet. Mi pare che in questa Milano del design ci sia un po’ di lassismo. E pensare che nel ’60 la stessa città era la capitale mondiale del design, popolata dai grandi grafici, architetti e stilisti.
E Oggi?
Oggi per i grandi progetti vengono chiamati solo architetti stranieri. Il concetto di “città sostenibile”, supportato dall’Expò 2015, è annullato: se vengano chiamati progettisti da New York che arrivano a bordo di aerei che inquinano, per forza di cose, la nozione di sostenibilità diventa solo uno slogan ma non è supportata dai fatti. Dovremmo recuperare il gusto di Milano, conosciuto in tutto il mondo: raffinato, in punta di piedi mai volgare. Ultimamente si assiste a progetti che vanno nella direzione opposta ed eccedono nel cattivo gusto.
Secondo lei, la perdita del gusto non è dovuta al periodo di crisi che stiamo attraversando che impone un risparmio sui costi dei materiali o sui progetti?
Penso sia proprio il contrario. Non avere risorse economiche obbliga ad un certo rigore che, in genere, è meno vistoso ed eccessivo dell’opulenza e dell’esagerazione di alcuni palazzi inutilmente alti un chilometro. Proprio perché i fondi scarseggiano occorrerebbe tornare ad una filosofia “Lessi is more” che risulta decisamente più empatica ed emozionante. Dobbiamo fare tesoro di questo momento di crisi e lavorare con poco.
Secondo lei, cosa manca a Milano dal punto di vista architettonico, rispetto alle altre città Europee?
Milano sente la mancanza di un grande museo come ad esempio, il Maxxi a Roma o il Guggenheim di Bilbao. Non sto parlando di Londra, una realtà inarrivabile e completamente fuori quota, ma di una città come Bilbao che, in pochissimi anni, si è totalmente riqualificata con un museo che è diventato l’icona di tutte le sedi espositive. Per il resto, il nuovo skyline milanese con i grattacieli, è gradevole. Offre un’ immagine moderna, forte e tecnologica come Milano, una città votata ai servizi più che al business, dovrebbe essere.
Lei citava Roma. Pensa che, dal punto di vista architettonico, abbia superato il capoluogo lombardo?
Roma è sicuramente più mobile e disponibile al cambiamento. Penso al Maxxi, all’Auditorium progettato da Renzo Piano che sono sorti dal nulla in pochissimi anni: la mentalità è decisamente più vincente. Ad esempio, hanno creato manifestazioni importanti come il Festival del Cinema, che non avrà le credenziali della Mostra Internazionale di Venezia, ma riesce a catalizzare eventi di rispetto o si spinge per ottenere il Salone della Nautica per soffiarlo a Genova. Noi siamo riusciti a vincere l’Expo solo grazie al nostro nome.
Lei come giudica i progetti di Expo?
Non ho ancora visto nulla che non sia solo sulla carta, tuttavia trovo emozionanti i percorsi con le vie d’acqua.
C’è una nuova e vecchia costruzione che ben rappresenta lo spirito milanese?
Io sono convinto che, ad oggi, questi due concetti siano ancora racchiusi nel Grattacielo Pirelli che fonde il vecchio e il nuovo. Tecnologicamente rimane un gioiello pur essendo un progetto non recente. Anche City Life potrebbe ben rappresentare Milano, molto meglio della Città della Moda che rischia di essere un accozzaglia di negozi di serie B.
Perché?
I grandi stilisti hanno i propri quartier generali in zone storiche del capoluogo: Armani ha una sede splendida in via Bergognone, dotata anche di un teatro. Dolce & Gabbana hanno degli uffici magnifici nella zona di via Goldoni e hanno intenzione di estendersi acquisendo un convento d’epoca. Non penso abbiano intenzione di comprare accanto ai grattacieli della Città della Moda.
(Federica Ghizzardi)