“La riforma della sanità lombarda introdotta da Roberto Formigoni ha aumentato l’efficienza e reso più dinamico il sistema, permettendo una volta entrata a regime di migliorare il servizio ai cittadini. L’attuale taglio delle risorse pubbliche rappresenta un’occasione per ripensare nuovamente la sanità in Lombardia, introducendo un’organizzazione di rete degli ospedali che consenta di massimizzare le prestazioni”. Ad affermarlo è il professor Sergio Harari, Direttore dell’Unità Operativa di Pneumologia dell’Ospedale San Giuseppe di Milano ed editorialista del Corriere della Sera per quanto riguarda i temi relativi alla sanità.
Professor Harari, quali sono i pregi e i difetti del sistema sanitario in Lombardia?
Uno dei suoi principali pregi è stato quello di ridurre le liste d’attesa e migliorare il servizio per i cittadini. La riforma di Formigoni ha permesso inoltre un miglioramento delle prestazioni sanitarie sul territorio lombardo, riuscendo a mantenere il pareggio di bilancio grazie a un mix di “pubblico e privato”.
Quali sono state le conseguenze dell’accreditamento dei privati nel sistema sanitario regionale?
L’apertura al privato e al non profit ha determinato un’accelerazione in termini di efficienza del sistema, sebbene all’inizio sia stata traumatica, e ha permesso, una volta entrata a regime, di migliorare il servizio. Si sono poi registrati eccessivi aspetti di aziendalizzazione spinta. Io ho lavorato sia in ospedali pubblici sia in privati sia in no profit, e la mia impressione è stata comunque quella di strutture con delle specificità di sistema che potevano integrarsi favorevolmente.
Quali prospettive si aprono ora in una fase di riduzione delle risorse?
La riduzione delle risorse sarà pagata dai cittadini, che purtroppo hanno già visto crescere la loro compartecipazione alla spesa sanitaria attraverso i ticket. Inoltre in termini di governance del sistema occorrerà capire se saranno le strutture pubbliche, private o non profit quelle che maggiormente si troveranno a fronteggiare il venir meno dei finanziamenti. E’ vero che la Lombardia è in pareggio di bilancio, anche se le risorse destinate alla sanità rappresentano il 5,4% del Pil lombardo, quindi una percentuale bassa rispetto alla media italiana (7,2%) ad altri paesi europei. Questo diventerà un collo di bottiglia che bisognerà in qualche modo affrontare e che interessa non solo la Lombardia ma tutto il Paese.
In che modo?
In altre regioni ci sono stati e ci sono degli sprechi molto importanti su cui è possibile incidere con forza, e anche in Lombardia possono e devono essere fatte delle razionalizzazioni, come per esempio quella sui piccoli ospedali. E’ chiaro però che gli sprechi in Lombardia sono di gran lunga minori rispetto ad altre realtà. Certo che i bisogni di salute sono in aumento e non certo in diminuzione.
Quali aspetti della sanità in Lombardia è ancora possibile migliorare?
In primo luogo, dopo la riforma del 1997 è mancato uno slancio ulteriore che permettesse a quella che era stata un’importante intuizione iniziale di avere una maggiore forza propulsiva. Oggi occorrerebbe un’organizzazione di rete ospedaliera che permetta la massimizzazione di alcune prestazioni rispetto ad altre. Per esempio non è indispensabile che tutti abbiano sotto casa l’unità di cardiochirurgia o la PET, forse si può cercare di governare la rete ospedaliera e delle superspecialità in maniera più appropriata ed efficiente, integrando anche meglio l’aspetto territoriale e i medici di medicina generale.
In che modo è possibile continuare a lavorare per quanto riguarda il rapporto con i medici?
E’ indispensabile puntare su un rapporto stretto con la classe medica, che molto spesso si è sentita pressata e vessata da aspetti di tipo amministrativo. Frequentemente i medici hanno vissuto i cambiamenti in maniera impositiva. Esiste inoltre il rischio di una divaricazione tra la governance e aspetti di tipo clinico, con il mancato riconoscimento di alcuni importanti meriti e professionalità della classe medica. Si è anche sentita una eccessiva ingerenza della politica.
Come valuta la Lombardia dal punto di vista della ricerca medica e del rapporto tra sanità e industria?
La Lombardia fa moltissimo in termini di ricerca biomedica, forse questi risultati potrebbero essere valorizzati e supportati meglio e anche comunicati più efficacemente. Ritengo inoltre che sia possibile coordinare le risorse disponibili che oggi diventano sempre più specialistiche e particolari, cercando delle integrazioni che offrano sinergie ai diversi istituti di ricerca. E’ inoltre possibile valorizzare, anche in termini di rapporto con il mondo dell’industria, come si sta cercando di fare con i distretti. Alle porte c’è poi, per esempio,un grande progetto chiamato Horizon 2020, attraverso cui l’Unione europea intende valorizzare la ricerca.
(Pietro Vernizzi)