L’impresa italiana soffre. Si sapeva. Ora si sa anche quanto. Moltissimo, se si pensa che, dall’inizio dell’anno fino a maggio, in cinque mesi soltanto, quindi, si sono registrate, secondo un’analisi di Unioncamere-Infocamere, 197.583 cessazione di attività su un totale di poco più di sei milioni di aziende presenti sul territorio. Attenzione: il dato va filtrato e interprato al netto della imprese che hanno aperto. Operazione dalla quale, tuttavia, risulta un saldo negativo pari a 3.604. La colpa di ciò, manco a dirlo, è la crisi. Eppure c’è chi, come la Lombardia, resiste. Carlo Sangalli ci spiega perché.
A livello nazionale i dati Unioncamere-Infocamere segnalano un peggioramento del trend nella chiusura delle imprese. In Lombardia si registra un saldo positivo tra imprese nuove e chiuse. Com’è la situazione a Milano?
Nonostante la crisi, la Lombardia e Milano sono tra i territori che continuano a mantenere il più alto tasso imprenditoriale in Europa. Milano registra nei primi cinque mesi del 2012 un saldo positivo tra iscrizioni e cessazioni di circa 2 mila imprese. Un dato in controtendenza rispetto all’andamento nazionale che dimostra che, nonostante le tante difficoltà che molte imprese si trovano ad affrontare in questo momento, il nostro territorio è ancora capace di esprimere ed attrarre imprenditorialità. Un elemento che da fiducia e fa sperare in prospettiva della futura ripresa dell’economia.
Quali sono i settori in cui per Milano si sono registrate più chiusure? A che cosa sono state dovute principalmente?
Commercio e industria sono sicuramente tra i settori più sofferenti in questo momento ma non mancano difficoltà anche nel settore dei servizi alle imprese, come trasporti e settore finanziario, e nell’immobiliare. In una provincia così legata al terziario come quella milanese, risentono della crisi sicuramente i comparti legati più direttamente ai consumi, ma in genere tutte quelle imprese che soffrono per la riduzione degli ordini, la difficoltà a incassare crediti o a ottenere fidi in banca.
Quali sono le aree su cui occorre intervenire con maggior tempestività?
Secondo una indagine della Camera di commercio su oltre cinquecento imprenditori milanesi, le aree su cui intervenire per rilanciare il sistema economico sono soprattutto due: da un lato gli interventi a favore del lavoro, come l’erogazione di incentivi economici alle imprese che assumono e la defiscalizzazione del lavoro straordinario, dall’altro gli interventi a favore dell’innovazione ad esempio sul versante creditizio e mediante la defiscalizzazione degli utili reinvestiti nell’azienda.
Nonostante la crisi, i dati mostrano un certo dinamismo delle imprese, cioè ne nascono comunque di nuove. In quali settori a Milano? E con quale forma giuridica?
Nei primi 5 mesi dell’anno si sono iscritte alla Camera di commercio di Milano oltre 11 mila imprese. Una su cinque opera nel settore dei servizi alle imprese ma ci sono anche diverse attività del commercio, circa una su sette, mentre una su dodici lavora nell’edilizia. In una fase di difficoltà economica in cui a soffrire è soprattutto il lavoro, il mettersi in proprio può diventare anche una forma di autoimpiego ed una alternativa alla disoccupazione. Oltre la metà delle imprese neo iscritte è infatti costituito da imprese individuali, quindi piccole o piccolissime realtà in cui il titolare è spesso l’unico a svolgere l’attività. Il tessuto imprenditoriale milanese è però articolato e sono numerose anche le società di capitali, quasi 3.500 le nuove iscritte dall’inizio dell’anno, circa una nuova impresa su tre.
Si tratta di aziende che hanno possibilità di creare occupazione sul territorio?
L’indagine Excelsior che come Camera di commercio svolgiamo ogni anno in collaborazione con Unioncamere e il Ministero del Lavoro, ci dice che nonostante la crisi sono quasi 13 mila le assunzioni previste dalle imprese milanesi nel secondo trimestre del 2012. Il 41% di queste nuove assunzioni sarà a tempo indeterminato e il 39% riguarderà un giovane under 29. Ad assumere sono soprattutto imprese di medie dimensioni, il 68% delle assunzioni sarà fatto da imprese con almeno 50 dipendenti, e soprattutto il settore dei servizi, tra commercio, alloggio e ristorazione e servizi operativi, che offre da solo oltre 10 mila posti di lavoro.
Qual è in generale lo stato di salute delle imprese milanesi? Avete già studiato delle misure per sostenerle in questa difficile fase congiunturale?
I dati ci dicono che con la crisi l’economia milanese sta cambiando pelle e si ristruttura, cercando di rendersi meno vulnerabile. Secondo una nostra recente ricerca infatti, dagli inizi della crisi sono aumentate le società a responsabilità limitata, +4,2% in 4 anni, premiate da chi cerca la tutela dei beni privati che non è assicurata nelle società personali, e cresce anche il mondo cooperativo che aumenta di ben l’11%. Imprese quindi più trasparenti e controllate.
Voi in che modo le aiutate?
Come Camera di commercio siamo a fianco delle aziende del nostre territorio con finanziamenti per migliorare la possibilità di accesso al credito, ad esempio con l’abbattimento dei tassi di interesse tramite i Confidi, con finanziamenti diretti o premialità per quelle imprese che puntano sull’occupazione, soprattutto giovanile, o sulla stabilizzazione dei lavoratori precari. Ma stiamo finanziando anche azioni per favorire la diffusione dei contratti di rete e l’internazionalizzazione delle imprese.
L’estero che ruolo sta avendo, sia in termini di mercati di sbocco che di nazionalità dei titolari delle nuove imprese milanesi?
L’estero resta uno elemento importante di sviluppo del nostro territorio. Innanzitutto a livello di commercio estero con un interscambio che ha superato nel 2011 i 100 miliardi di euro e vede crescere soprattutto l’export, del 9% rispetto al 2010. Poi nel numero di multinazionali, quelle estere che hanno sede a Milano, quasi 2 mila, il 45% del totale italiano, e quelle milanesi che hanno partecipazioni all’estero, circa 800 che danno lavoro a oltre 170 mila dipendenti. Sono numeri importanti che riflettono l’apertura internazionale di Milano che si rivela oggi anche nel peso che l’imprenditoria straniera ha sul nostro territorio. Parliamo di quasi 25 mila imprenditori nati all’estero che contribuiscono alla crescita del nostro tessuto economico. E se è importante la componente mediterranea, con egiziani e marocchini ai primi posti tra gli imprenditori stranieri, sono sempre più numerosi gli imprenditori dell’est Europa, tra i primi i rumeni, e dell’America latina, senza dimenticare il ruolo predominante che in alcuni settori di attività svolgono gli imprenditori cinesi, tra le più antiche comunità straniere presenti a Milano.