Dopo aver inizialmente rinunciato al suo incarico di commissario straordinario per Expo 2015, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha incontrato il premier Monti e il governatore della Lombardia Roberto Formigoni. A seguito del faccia a faccia il primo cittadino ha fatto sapere che continuerà a ricoprire la carica, anche se in futuro potrà delegare alcuni suoi poteri ad un sub commissario. Nonostante i problemi dell’Esposizione Universale siano tutt’altro che risolti, Pisapia ha comunque parlato di “un incontro molto cordiale e positivo anche se interlocutorio” con il presidente del Consiglio Mario Monti: “Ho posto dei problemi al presidente che ha ascoltato con grande attenzione”, ha poi spiegato il sindaco di Milano. “Da parte mia ho ribadito la necessità di una maggiore interlocuzione con il Governo in relazione ad Expo 2015. Il presidente si è dichiarato pronto a rafforzare ulteriormente la collaborazione e tutti hanno ribadito la volontà condivisa di impegnarsi perché Expo 2015 sia un successo per Milano e per l’intero Paese”. Nell’incontro, ha poi confermato Pisapia, “è stata anche presa in esame la possibilità che il Commissario Straordinario possa delegare ad una figura di sua fiducia alcuni dei suoi poteri”, auspicando che “si possa riflettere sulla possibilità che venga concessa una deroga per il 2013 al Patto di Stabilità per le spese riguardanti l’Esposizione Universale milanese del 2015”. Dopo aver ascoltato la recente opinione di Paolo Del Debbio, secondo cui “l’Expo 2015 sta andando avanti senza una vera guida politica, come un’automobile senza pilota” e che “fare brutta figura non serve a nessuno, a Milano ma soprattutto al Paese che sta vivendo un momento tanto difficile”, IlSussidiario.net ha chiesto un commento a Philippe Daverio, storico e critico d’arte. «Mi sembra che Pisapia non abbia ancora le idee molto chiare a riguardo e che il progetto Expo, due anni prima che avvenga, è ancora incerto. In questa indecisione è chiaro quindi che il sindaco di Milano stia ancora facendo fatica a prendere una posizione». Pisapia è ormai al governo della città di Milano da oltre un anno e, spiega Daverio, «se non è riuscito a farsi un’idea in un anno che amministra la città, credo che non riuscirà a farsela neanche durante il prossimo. Potrei capirlo se fosse stato eletto un mese fa, ma dopo un anno dovrebbe avere a riguardo un’opinione decisamente più marcata. Tutto è ancora molto vago e di certo non è un buon segno».
Anche il fatto che a rassegnare le dimissioni sia stato proprio il sindaco di Milano, cioè colui che dovrebbe essere costantemente in prima fila per la progettazione e lo sviluppo di un evento importante come quello previsto per il 2015, non è di certo un segnale positivo: «Avrebbe potuto tirarsi indietro una settimana dopo aver accettato l’incarico – commenta Daverio – ma la decisione di rinunciare all’incarico così tanto tempo dopo francamente mette a disagio. Non credo ci sia quindi quel grado di responsabilità che i suoi elettori gli hanno attribuito. Monti al contrario sembra avere le idee più chiare a riguardo, anche se non appare proprio entusiasta di questa operazione. Del resto mi chiedo: obiettivamente, come è possibile adesso indirizzare risorse all’Expo quando abbiamo ancora due zone gravemente colpite dal terremoto a cui pensare? Le priorità a cui attualmente il nostro Paese deve pensare sono essenzialmente due: la ricostruzione de L’Aquila, a cui sono state fatte solamente promesse, e l’Emilia-Romagna su cui bisogna praticamente ancora iniziare. Più di una volta ho lanciato la proposta di raccogliere i Paesi che parteciperanno all’Expo e chiedere loro di fare una manifestazione più frugale, in modo da utilizzare il denaro in esubero per la ricostruzione delle zone terremotate». Secondo Daverio è però ormai chiaro che Expo non può più essere annullato. E’ troppo tardi per rinunciare e un eventuale fallimento del progetto rappresenterebbe «una figura terribile. Ora non è davvero più possibile rinunciare a tutta l’operazione, sarebbe una catastrofe e una importante figuraccia internazionale».
(Claudio Perlini)