Il suo nome scientifico è Macroclemys temminckii. Non innocuo ma neanche tanto minaccioso quanto la sua traduzione più abbordabile: tartaruga alligatore. Si tratta di un rettile, uno dei più grossi d’acqua dolce per la verità, che può arrivare sino a cento chili di peso e che è, appunto, un incrocio fra un’innocua tartaruga e un pericoloso coccodrillo. Un esemplare di questa specie è stato ritrovato da un contadino in un canale nelle campagne fra le province di Milano e Binasco. L’animale, noto per la pericolosità, per la fulmineità dell’attacco e per la presa robusta del rostro tagliente, pare abbia graziato l’uomo che l’ha trovata. Originario degli acquitrini della Florida tutti si chiedono come sia potuto finire nella Pianura Padana. “Probabilmente qualche collezionista- dice Ermanno Giudici, Presidente di Enpa, l’Ente per la Protezione Animali- che ha comprato l’animale esotico in rete dove è possibile ordinare di tutto, anche bestie di questo genere, l’ha abbandonato”. La commercializzazione e la detenzione del rettile sono, infatti, vietate nel nostro Paese e punite con multe sino 100mila euro poiché rientrano nella lista degli animali pericolosi. “Qualcuno, per motivi sconosciuti deve averla abbandonata: non è credibile che una tartaruga stanatrice di palude possa aver vissuto per molto tempo nei canali delle campagne milanesi, quindi è stata rilasciata da poco. Non sono per nulla animali di facile gestione e possono con un morso staccare un dito umano”. “La legge 150 del ’92- continua Giudici- ha messo ordine nell’ordinamento e ha stilato una lista di animali la cui commercializzazione e importazione è severamente vietata, obbligando tutti i proprietari che desideravano mettersi in regola a denunciarne il possesso. Quindi sono due i casi: o che la tartaruga fosse stata acquistata prima dell’entrata in vigore di questa legge, quando la vendita era ancora consentita, oppure che sia stata comprata in rete, ipotesi che io ritengo più probabile. La cosa cerca è che il rettile non sia stato acquistato alle dimensioni attuali che si aggiravano sui trenta chili”.



Quanto è diffuso il fenomeno dell’acquisto di questo tipo di animali?

“Purtroppo è molto diffuso. Su internet si trova veramente di tutto e non ci sono più frontiere: l’unica, forse, può essere la cifra che la persona è disposta a sborsare per avere in casa un animale esotico”.



 

Quali sono le modalità per l’acquisto in rete?

 

“Sono principalmente due: uno è costituito da una truffa e cioè viene richiesto un versamento di denaro attraverso sistemi tipo Moneygram dove gli animali non c’entrano nulla ma è semplicemente una frode che attira chi desidera acquistare le specie più disparate, pappagalli, scimpanzè o addirittura ghepardi. Le cifre sono altissime e arrivano sino a mille euro. Ci sono poi siti in cui gli acquisti si possono fare e, purtroppo, anche di specie protette”.

 

Non esistono controlli?



 

Ora con internet è tutto più difficile. Una volta le indagini erano più semplici poiché i trafficanti non si potevano nascondere dietro un nickname ma dovevano per forza contattare o incontrare il compratore. Ad esempio, i paesi dell’Est stanno diventando i primi stati nel contrabbando di specie protette.

 

Cosa può succedere se il proprietario di uno di queste bestie viene denunciato?

 

E’ un reato ed è perseguito a norma di legge ma, purtroppo, il traffico di animali esotici costituisce la terza fonte di profitto per la criminalità organizzata mondiale. Esistono delle leggi che dovrebbero servire a contrastare il fenomeno ma ci sono degli interessi talmente vasti da permettere che questo fenomeno prosegua più o meno indisturbato. Peraltro, l’ Italia ha normative di tutela che sono in coda a quella della Comunità Europea e delle convenzioni internazionali: la mancanza di certezza e le sospensioni di pena fanno sì che i motivi di deterrenza siano troppo blandi rispetto alla possibilità di guadagno.

 

In altri Paesi è diverso?

 

In America, ad esempio, il traffico di animali protetti o vietati perchè pericolosi è punito con due o tre anni di detenzione. In Gran Bretagna, invece, le pene sono ancora più severe ma soprattutto, effettive. Io lavoro come Capo Nucleo delle Guardie Zoofile dell’ ENPA di Milano e pochi giorni fa, ho ricevuto l’esecuzione di una sentenza per la detenzione di un animale protetto e detenuto in modo illegale. Il padrone ha patteggiato una pena di ottomila euro e il giudice ha stabilito, però, che venisse sospesa: non si applicano nemmeno le pene meramente pecuniarie e questa è pura follia. La tutela degli animali in via di estinzione può avvenire soltanto se ci sono leggi con potere di deterrenza altrimenti rischiamo di avere tante leggi che, apparentemente, tutelano ma in realtà servono a poco per contenere il fenomeno criminale.