Ancora solo oggi e domani per approvare il bilancio di previsione del Comune di Milano. La giunta Pisapia nel frattempo ha modificato la delibera, tuttora al vaglio del Consiglio, facendo saltare l’accordo con il centrodestra. I patti tra maggioranza e Pdl prevedevano che i 30 milioni di euro di minori spese, di cui 1,7 milioni per le agevolazioni sulla Tarsu e 28,3 milioni per gli sconti Imu, fossero compensate da una spending review sugli assessorati. In extremis è giunta però la parziale retromarcia di Pisapia, che ha deciso di tagliare solo 20 milioni agli assessorati e di compensare i 10 milioni mancanti con “un incremento di entrate legate ai dividendi delle società partecipate Atm e Mm”. Ilsussidiario.net ha intervistato Carlo Buratti, professore di Scienza delle finanze all’Università di Padova, per chiedergli di commentare il dibattito in corso.
La giunta Pisapia ha annunciato un taglio medio dei singoli settori del 3%. Lei è favorevole?
Ritengo che i tagli orizzontali alla spesa non siano la soluzione migliore. Colpiscono indiscriminatamente tutti i settori, sia laddove effettivamente ci siano degli sprechi sia laddove non ci sono. A volte questi interventi si risolvono in un nulla di fatto: magari non si è pagato un affitto, ma prima o poi bisognerà farlo.
Il Pdl chiede però una spending review radicale e senza compromessi …
La proposta di introdurre una spending review in un ente locale di grandi dimensioni come Palazzo Marino mi sembra un’idea intelligente. Il punto è che non si deve trattare di tagli indiscriminati, bensì il più possibile di riduzioni della spesa mirate: chi amministra ha il polso della situazione e può andare quindi a incidere sulle inefficienze. Soprattutto un grande ente pubblico come Milano, che ha un bilancio di tutto rispetto, potrà trovare qualche sacca di inefficienza. Ben diversa è la situazione per i piccoli Comuni, i cui bilanci sono talmente ristretti che c’è poco da risparmiare. In una grande macchina come Palazzo Marino una spending review è quindi più che giustificata.
Lei che cosa taglierebbe in particolare, le spese per gli immobili comunali o altro?
In primo luogo, occorre vedere nel dettaglio se gli immobili comunali sono stati messi opportunamente a reddito. In passato il Comune di Milano aveva degli edifici di pregio che non gli rendevano quasi nulla, e che concedeva ad associazioni di varia natura a prezzi politici. Ovunque non si sia già intervenuti per risolvere queste situazioni, occorre farlo al più presto, in modo da ridurre le necessità del bilancio. C’è inoltre una pletora di enti e aziende dipendenti dal Comune. Anche in questo caso occorre andare a vedere quello che fanno, se sono utili, quanto costano e se è possibile introdurre dei tagli. Milano del resto è fortunata perché riceve grandi introiti da parte delle sue aziende come A2A, tanto che per anni Palazzo Marino non ha applicato l’addizionale Irpef perché aveva abbastanza fondi da queste controllate o partecipate.
Pisapia però ha reintrodotto l’addizionale Irpef e alzato tutte le tasse. Lei che cosa ne pensa?
Il vero paradosso è che aumentino contemporaneamente le tasse statali e quelle locali. La logica dovrebbe essere che se lo Stato passa competenze e imposte agli enti locali, riduca poi quelle erariali. Riducendo i trasferimenti ai Comuni, il governo centrale non ha più le necessità di spesa che aveva in precedenza e dovrebbe quindi abbassare le imposte erariali. Quello che sta avvenendo è al contrario che stanno aumentando le une e le altre. Il cittadino si trova quindi a subire un doppio rincaro. Questo è abbastanza scandaloso, perché significa che lo Stato non riesce più a controllare le sue necessità di spesa.
Lei a quale aumento delle competenze si riferisce?
Le competenze dei Comuni erano aumentate con la legge Bassanini del 1997. I trasferimenti erariali sono stati però tagliati a più riprese, da ultimo con la manovra Monti, mentre in precedenza una parte della spesa dei Comuni era pagata con trasferimenti dello Stato. In cambio è stata concessa una maggiore autonomia sul versante delle entrate tributarie, per esempio attraverso l’introduzione dell’Imu. L’Imposta Municipale Unica genera un gettito superiore rispetto all’Ici, e questo risponde alle necessità legate al taglio dei trasferimenti: le entrate complessive degli enti locali non sono quindi aumentate. Secondo i calcoli del ministero dell’Economia esisterebbe un’equivalenza tra il taglio dei trasferimenti e la possibilità di introdurre nuove tasse, secondo l’Anci in realtà non è affatto così.
(Pietro Vernizzi)