L’incontro mondiale delle famiglie sta aprendo, grazie soprattutto a quanto il Papa sta dicendo incessantemente in incontri di tutti i livelli con la realtà civile, politica ed ecclesiale di Milano, a un momento di proposta unica per tutta la nazione. Famiglia, come luogo dell’accoglienza. Sembrerebbe scontato,sembrerebbe ovvio, ma non è così. In un momento storico in cui la famiglia è sottoposta a innumerevoli attacchi, non ultimo quello della crisi economica per non parlare del disinteresse in cui la politica l’ha sempre tenuta, e le famiglie sono oggi dei luoghi di solitudine, c’è qualcuno che va in senso opposto. La loro storia, quella dei fratelli Figini, è conosciuta, così come l’esperienza che hanno messo in atto, La Cometa, dove l’accoglienza è un fatto quotidiano e sperimentabile. Dal primo ragazzo, sieropositivo, che Erasmo Figini prende in affido nel lontano 1987, in questa struttura di Como divisa tra casa famiglia, scuola, attività di formazione al lavoro, di ragazzi accolti ne sono passati a centinaia e quelle che erano le due famiglie dei fratelli Erasmo e Innocente è diventata una rete di famiglie che si sostengono a vicenda. In tutto, al momento, La Cometà è costituita da quattro comunità familiari costituite da 14 figli naturali e 24 in affido residenziale. Trentasei figli dunque, da custodire. Non solo, perché sono 90 i bambini e i ragazzi coinvolti nelel attività diurne dell’associaizone mentre 130 quelli coinvolti nelle attività della polisportiva. “Tutto è cominciato” dice Erasmo Figini a IlSussidiario.net “da un incontro personale in cui io e mio fratello ci siamo sentiti accolti per primi, da un abbraccio personale nei nostri confronti”. Un abbraccio, spiega Erasmo avuto nell’ambito della Chiesa. “Questo essere accolti per quello che eravamo ci ha aperto a nostra volta all’accoglienza. E qual è il primo ambito dell’accoglienza? E’ la famiglia, ovviamente. Per primo ti accogli tu, poi accogli il coniuge e quindi ti apri all’accoglienza che siano figli naturali o in affido. Ti apri a un diverso da te”. Per Erasmo Figini, l’avvenimento dell’incontro mondiale delle famiglie e le parole del Papa sono una occasione per “sensibilizzare l’opinione pubblica e ricollocare la famiglia al centro dell’educazione e dell’accoglienza. Guardare cioè la famiglia per come si dovrebbe vivere in famiglia. Questo diventa anche un aiuto alla nazione dal punto di vista economico, anche l’economia andrebbe meglio se la famiglia fosse realmente sostenuta e valorizzata”. Quello che “era una cosa fatta in sordina, si sta invece dimostrando un avvenimento di popolo incredibile”.
Figini, che cosa vi aspettate da questo avvenimento, l’incontro mondiale delle famiglie?
Sono ottimista. Un avvenimento di questo tipo con quello che stiamo vivendo oggi a livello nazionale, un qualcosa che sembrava fatto in sordina, invece si sta dimostrando un avvenimento di popolo incredibile. Questo mi rende ottimista. Penso che questa azione del Papa nei confronti della famiglia possa sensibilizzare l’opinione pubblica e ricollocare la famiglia al centro dell’educazione e dell’accoglienza. Guardare la famiglia per come si dovrebbe vivere in famiglia, e anche un aiuto alla nazione dal punto di vista economico. Anche l’economia andrebbe meglio se la famiglia fosse realmente sostenuta e valorizzata.
La vostra esperienza, quella della sua famiglia e quella di suo fratello con quello che ne è venuto fuori nel corso degli anni, si può dire il tentativo di ricostituire una famiglia là dove le circostanze della vita l’hanno messa in pericolo?
Direi proprio di sì. Il nostro tentativo è stato quello di ricollocare, di ridare la famiglia a chi la famiglia per motivi diversi non l’ha avuto o l’ha persa.
Famiglia realtà insostituibile: cosa vi ha mossi in prima battuta a un impegno come questo?
E’ stato il nostro incontro personale con una persona che ci ha sensibilizzati, ci ha accolti, un incontro personale e un abbraccio personale che abbiamo avuto nell’ambito della Chiesa. Accolti come eravamo: questo ci ha aperto noi stessi all’accoglienza. Perché, qual è l’ambito che accoglie? E’ la famiglia: prima ti accogli te, poi il coniuge, poi ti apri all’accoglienza, che siano figli naturali o in affido è un aprirsi a un diverso.
Come in ogni famiglia, anche voi avrete vissuto dei momenti difficili. Cosa permette di superarli?
Il fatto proprio che stiamo parla di famiglia dove ognuno ha un proprio ruolo dentro un ruolo comunionale. Perché la famiglia è fatta da un uomo e una donna che decidono di sposarsi e di aprirsi all’accoglienza dentro un contesto sociale. Paternità e responsabilità: un ruolo che hai deciso di prendere tu, quindi cerchi di risolvere i problemi che la vita ti mette davanti. Ne abbiamo avuti e tanti, come tutte le famiglie, non solo quelli adolescenziali, ma anche di più gravi. Li prendi e cerchi di superarli. Ecco perché col tempo è nata l’associazione delle famiglie, un’idea voluta da don Giussani come consiglio per sostenerci.
Ci spieghi meglio cosa vuol dire una associazione di famiglie.
Vuol dire che tra famiglie ci si aiuta. E’ quella realtà sociale di cui parlava lui, don Giussani, dicendo che verranno tempi in cui le parole non basteranno più, ma sarà necessario avere dei luoghi in cui guardandoli potremo dire che sono luoghi che testimoniano la certezza di un bene comune. Questo vuol dire famiglie che decidono di aiutarsi ,di vivere vicine, una rete di famiglie che si aiutano a sostenersi, a risolvere i problemi quotidiani che la vita ti dà.
Questo fa venire in mente invece la solitudine in cui versano oggi le famiglie, basti pensare ai tanti suicidi quotidiani di chi magari come padre di famiglia si trova in difficoltà economiche.
Oggi si parla di famiglia, ma la famiglia non esiste più. E chiaro che il dramma di perdere il lavoro è appunto un dramma terribile, ma chi vive in famiglia e ha una difficoltà ne parla. Mettendoci in rete con altre famiglie che vivono con te ideali importanti della vita ci si aiuta, si stemperano le difficoltà e i drammi. Ecco perché possiamo dire che noi intravvediamo una rinascita della famiglia, nel ricollocare la famiglia all’inizio della cellula in cui ci si educa e ci si prepara ad affrontare la vita.
Il Papa ha invitato i cresimandi, ragazzini di 12 o 13 anni, a vivere la santità, qualcosa che si deve e si può vivere a qualunque età. Che cosa le suggerisce questa frase?
E proprio quello che sto sperimentando perché lo scopo della vita è la santità per essere pronti e continuare la vita, che non finisce su questa terra. La santità è quell’obbiettivo che ogni uomo dovrebbe valutare come tensione per il quotidiano. Si può davvero raggiungere a tutte le età e questo ve lo garantisco perché è il mio lavoro quotidiano: non c’è limite d’età ma è un fatto aperto a tutti.