La Giunta di Milano si appresta a varare il piano degli accorpamenti che, finita la deroga per la nostra città, dovrebbe diventare attivo a partire dal settembre 2013, mentre in provincia già dal prossimo anno la razionalizzazione della spesa comporterà l’avvio della fase dei maxi istituti.
E’ difficile trattare questo tema nella stagione della spending review dato che obiettivo unico di chi amministra a governa oggi il nostro Paese sembra essere quello del contenimento della spesa, ma ritengo che per ciò che concerne la scuola si dovrebbe avviare sì una stagione di razionalizzazione e contenimento dei costi, ma “con giudizio” non dimenticando mai che la scuola è una realtà complessa e particolare e qualsiasi intervento di natura economica mal si sposa con la filosofia del “tagli lineari” introdotta dall’allora Ministro Tremonti.
La stessa Corte Costituzionale, con la sentenza 147 del 4 giugno 2012, ha dichiarato illegittimo che i criteri per la programmazione del dimensionamento della rete scolastica siano stabiliti a livello nazionale indicando che tale funzione sia della Regione sulla base dei piani provinciali.
Non dobbiamo nascondere che questa decisione nasce dal confronto di norme concorrenti, dopo la modifica costituzionale del Titolo V, ma il mio intervento vuole mettere in risalto che tale linea di intervento amministrativo rischia di depauperare la scuola di sue funzioni specifiche ed in particolare lascia al dirigente scolastico la pur nobile e sempre più completa “gestione manageriale” dell’Istituto a scapito della importantissima funzione “didattico-pedagogica-educativa” indispensabile per la direzione di una gestione complessa che dovrebbe avere come primo obiettivo quello del miglioramento dei livelli di apprendimento degli studenti, anche attraverso una loro crescita personale da un punto di vista umano, relazionale, educativo.
I numeri che corrono in questi giorni parlano chiaro e parlano solo di numeri in relazione alla riduzione dei costi.
“Le autonomie scolastiche devono scendere da 88 a 72, ci saranno 28 nuovi istituti con un numero di studenti che va dagli 869 fino al 1320” comunica l’assessore Guida, ma la preside Messina – si troverà a gestire 2700 alunni – giustamente, da buon funzionario dello Stato, afferma: “non ci spaventa il carico di lavoro, ma vorremmo poter garantire un’offerta di qualità a tutti”.
Questo è uno dei punti che fa riflettere per valutare se non sia corretto avere il coraggio di valorizzare fino in fondo non solo l’autonomia delle istituzioni scolastiche, ma anche le caratteristiche dei territori e delle popolazioni scolastiche che vi abitano, come già ricordavo in unmio precedente articolo sul tema e, pur avendo a cuore la razionalizzazione e il conseguente risparmio di spesa se alcune scelte non debbano tener conto di altri parametri più utili a mantenere e migliorare la primaria funzione formativa ed educativa della scuola.
Lo stesso cosiddetto “modello Lombardo” prevede la verticalizzazione, ossia l’obbligo di accorpamento tra scuola primaria e scuola secondaria di I grado, istituti di circa 1000 alunni, l’impossibilità di scendere sotto i 600 (in zone di pianura) e 400 (in zone di montagna) ossia il criterio “lineare”. Lascio la rilettura degli aspetti tecnici sul recente articolo di Marco Zelioli in cui sono ben espressi e mi limito a due constatazioni; la prima si riferisce al fatto di quanto sia più incisiva la necessità di una valutazione didattico-pedagogica prima di dare il via all’accorpamento tra una scuola primaria ed una scuola secondaria di I grado la cui direzione comporta sicuramente un’attenzione particolare da parte del dirigente verso gli aspetti legati alla conduzione didattica difficilmente fattibile, come ricordavo all’inizio, quando si dovranno gestire 1300/1400 studenti e conseguente consistente collegio docenti; la seconda si riferisce alle motivazioni da dare ai dirigenti scolastici. Le istituzioni con un numero di alunni inferiore a 600 non potranno avere un dirigente proprio e conseguentemente o saranno accorpate o verranno date in “reggenza” con la differenza, rispetto al passato, che al dirigente cui verrà affidata non verrà riconosciuto, sembra, alcun emolumento straordinario. Penso che anche questo meriti una riflessione.
La conclusione è purtroppo semplice: l’apparato amministrativo è una cosa, la scuola è ben altro e se questo principio non entra nella testa di chi è deputato a prendere decisioni sulla scuola, tutti i proclami di volontà di avviare una nuova stagione di modernizzazione e miglioramento per far risalire ai nostri studenti le classifiche internazionali finiranno per rimanere solo “slogan”.