“Il registro delle unioni civili, con l’emendamento di Gallera accettato da Pisapia, è l’anticamera del matrimonio omosessuale, cioè un elenco separato al quale si iscriverebbero soprattutto le coppie gay. Non si riesce a capire di quale utilità possa essere per una famiglia eterosessuale, che può scegliere già tra le nozze civili, quelle in chiesa e la convivenza”. Ad affermarlo è Andrea Fanzago, consigliere comunale del Partito Democratico a Milano, che annuncia quindi: “Noi cattolici del Pd stiamo valutando l’ipotesi di votare contro, e abbiamo detto al sindaco Pisapia che non è stato mantenuto l’accordo che era stato raggiunto da mesi”. La discussione sul registro delle coppie di fatto in Consiglio comunale dovrebbe giungere a una conclusione nella giornata di oggi, una delle ultime date disponibili prima della pausa estiva. Secondo Fanzago, la mozione originaria con la firma del consigliere D’Amico era molto soft e avrebbe incassato l’astensione dei cattolici del Pd. Ma dopo l’emendamento del consigliere del Pdl, Giulio Gallera, le cose si complicano. Il registro non sarebbe più infatti parte dell’anagrafe comunale, cui chiunque è iscritto in modo automatico, ma un elenco a sé stante rivolto solo a chi chiede volontariamente di farne parte.



Fanzago, qual è la sua posizione sul registro delle unioni civili?

Sul testo della D’Amico era stata trovata una mediazione e ci sarebbe stata l’astensione. Se il testo sarà modificato come sembra dagli emendamenti in aula, a noi non va bene perché si spinge oltre la mediazione.

Lei si riferisce all’emendamento di Gallera?



Sì, cioè all’istituzione di un registro separato rispetto all’anagrafe. Mentre con la mozione D’Amico ci si limitava a fotografare la situazione in un unico registro, senza istituirne degli altri. Adesso il combinato disposto è che i nuovi residenti del Comune di Milano si iscrivono all’anagrafe, e poi c’è un registro separato delle unioni civili.

Perché ritiene che non si tratti di una differenza solo formale?

Perché nella delibera della D’Amico si applicava una legge nazionale, quella sul regolamento anagrafico, e non si istituiva un altro registro. Non potevo votare contro, in quanto ritenevo che quella delibera fosse ininfluente, nel senso che non cambiava nulla e avrebbe avuto soltanto un valore simbolico per fare sapere al Parlamento che Milano aveva preso una certa posizione. Non sarebbe stata necessaria una delibera, sarebbe bastata una mozione, ma comunque la cosa avrebbe creato ben poco scompiglio.



Ora invece che cosa succede?

Con la modifica si istituirebbe l’anticamera del matrimonio omosessuale, cioè un registro separato cui si iscriverebbero soprattutto le coppie omosessuali. La coppia eterosessuale infatti si sposa civilmente, rimane convivente o celebra le nozze in chiesa: non ha quindi alcun motivo per iscriversi a un registro delle unioni civili.

 

La legge italiana però non prevede un registro delle coppie conviventi …

 

Invece sì, la legge italiana prevede già un registro delle coppie conviventi non sposate in quanto all’interno dell’anagrafe esiste un elenco cui sono iscritti tutti i cittadini, anche conviventi, come già adesso avviene anche a Milano. Se per assurdo io convivessi con una persona del mio stesso sesso, basterebbe recarmi all’anagrafe per ricevere uno stato di famiglia anagrafica. Abitando nello stesso posto, per vincoli affettivi è possibile chiedere il rilascio di questo certificato.

 

Se è già previsto dalla legge, che bisogno c’è di una delibera del Comune di Milano?

 

Infatti, questo è il motivo per cui ritenevo effimera la delibera della D’Amico e avevo deciso di astenermi. Ora al contrario, con l’emendamento proposto da Giulio Gallera, il registro delle unioni civili diventa una cosa ben diversa. E’ il motivo per cui noi cattolici del Partito Democratico stiamo valutando l’ipotesi di votare contro, e abbiamo detto al sindaco Pisapia che non è stato mantenuto l’accordo.

 

Che cosa ne pensa del fatto che Pisapia abbia fatto sua una proposta di un consigliere del Pdl?

 

Anche qui è una scelta che deve valutare il sindaco, per capire se gli conviene accettare una proposta che viene dal Popolo della Libertà o evitare il voto contrario della parte cattolica della maggioranza.

 

(Pietro Vernizzi)