Da una parte 22mila le famiglie che aspettano una casa popolare. Dall’altra 1.500 alloggi che non possono essere assegnati perchè malsani e malandati. Un passo avanti per porre rimedio almeno in parte a questo paradosso è stato compiuto dal Comune di Milano che ha stanziato 5 milioni e 700mila euro per restaurare 250 alloggi. Soldi che l’assessore ai lavori pubblici, Lucia Castellano è infatti riuscita a “salvare” dal bilancio e a destinare alle abitazioni di edilizia popolare. Un primo passo per sanare la mappa della fame di case che non risparmia nessuna zona di Milano: una cartina che percorre via Rizzoli, Paravia, Moretti sino ad arrivare a Cuoco e Calvairate. Le abitazioni, però, potrebbero raddoppiare: l’assessore Castellano sta infatti cercando di trovare il modo per velocizzare le pratiche per sbloccare un ricorso al Tar che tiene di fatto vincolati altri 5 milioni, preziosi per metter mano ad altri appartamenti. I lavori dovrebbero partire già a fine anno e a gennaio 2013 potrebbero essere distribuite le prime chiavi. “È un fatto assolutamente positivo. Si tratta – dice Loris Zaffra, presidente di Aler, l’Azienda lombarda edilizia residenziale – di un vecchio stanziamento che risale ai tempi della Giunta Moratti e che non era mai stato stanziato. Fortunatamente, l’assessore Castellani è riuscita a ripristinare questi fondi che contribuiranno come gocce nel mare della sofferenza abitativa. A forza di gocce riusciremo, a poco a poco, a dare risposte”.



La situazione è così grave?

Le domande per ottenere un alloggio di edilizia popolare che vengono presentate al Comune ogni sei mesi, quando vengono rinnovate le graduatorie, continuano ad aumentare esponenzialmente: purtroppo, la capacità di dare risposte, in assenza di finanziamenti pubblici continuativi, è veramente bassa.



Durante i restauri occorrerà prestare maggiore attenzione alle occupazioni abusive?

Abbiamo attivato già da tempo un sistema di controllo per prevenire e intervenire con uno sgombero nel giro al massimo di 48 ore. Purtroppo, è impossibile monitorare un patrimonio immobiliare così vasto: nella sola città di Milano, fra Comune ed Aler, ci sono più di 60mila appartamenti. È una sfida veramente ostica da affrontare.

Magari coinvolgendo le realtà presenti sul territorio?

Sicuramente, i consigli di zona contribuiscono a darci una mano per arginare questo problema. Comitati di quartiere non sono sempre dalla nostra parte. Anzi. Fanno da sponda per i centri sociali che conducono la loro “battaglia politica alternativa”. Non intendo dare valutazioni politiche ma molto spesso sono proprio i comitati che aiutano i centri sociali. E’ dell’altra settimana lo sgombero della palazzina di via Neera 7 dove, da tempo, molte famiglie in gran parte di origine sudamericane vivevano abusivamente. Alcuni militanti dei centri sociali hanno cercato di opporsi in tutti i modi e hanno caricato i poliziotti che erano intervenuti sul posto. La sera stessa hanno aiutato queste famiglie ad occupare altri appartamenti.



E’ previsto che la spending review colpisca anche il vostro settore?

Per ora no. Probabilmente ci saranno interventi a livello strutturale delle Aler sparse in giro per l’Italia per agevolare il contenimento della spesa. Non dovremmo essere colpiti anche perchè i finanziamenti sono ridotti già abbastanza all’osso.

Dopo l’estate, a Palazzo Marino verrà aperto un tavolo con i vari attori impegnati nel social housing, voi compresi. Come giudica questo tipo di interventi?

Servono idee chiare e soprattutto finanziamenti per poter intervenire, ma per come è ridotto il paese questa seconda opzione sembra davvero difficile. Quella del social housing mi sembra una buon soluzione per contribuire ad arginare la continua richiesta di abitazioni a canoni calmierati.