Parte in 15 comuni lombardi, scelti tra 200, la sperimentazione del “Fattore Famiglia”, l’innovativo indicatore – presentato recentemente dall’assessore alla Famiglia della Regione Lombardia, Giulio Boscagli – per le politiche sociali che tiene conto non soltanto del reddito, ma anche di altri fattori, quali il numero di figli, anziani o disabili a carico dei nuclei familiari. Una piccola rivoluzione di cui si è parlato anche martedì 3 luglio durante la tavola rotonda, organizzata dalla Cisl Lombardia, su “Welfare lombardo: quale futuro fra salvaguardia e innovazione”. Presenti, fra gli altri, don Edoardo Algeri della Consulta ecclesiale regionale delle Opere socio assistenziali; Attilio Fontana, presidente Anci Lombardia; don Roberto Davanzo, direttore Caritas Ambrosiana; Fabrizio Tagliabue, portavoce Forum Terzo settore Lombardia.



«La Regione ha espresso l’intenzione di riformare il welfare lombardo, un tema delicatissimo e importante per noi che abbiamo chiesto un confronto collaborativo e fattivo», spiega Gigi Petteni, segretario generale Cisl Lombardia, a ilsussidiario.net. «Andrebbero però definiti con più chiarezza gli obiettivi che, a nostro parere, vanno assolutamente precisati: ci siamo confrontati, poi, con il terzo settore e abbiamo chiesto all’assessore Boscagli che venga dato maggior spazio agli operatori che ogni giorno affrontano e gestiscono emergenze». Un’azione che però secondo Petteni non può essere sostitutiva dell’intervento pubblico ma che, invece, deve coadiuvarlo mettendo a disposizione il proprio know-how prima di ricorrere a strumenti legislativi. «Coinvolgere il settore del sociale», continua il sindacalista, «significa avvalersi delle competenze di chi ogni giorno lavora sul campo e migliorerebbe l’orientamento nella rete dei servizi, individuando i settori più deboli. È una priorità per non sprecare risorse».



Una riforma, quella in atto in Lombardia, che però per la Cisl non è esente da rischi, che sono innanzitutto «una “mercantilizzazione” del settore socio-sanitario, con un conseguente calo della qualità del servizio, e un arretramento eccessivo del pubblico. Reputiamo infatti opportuno», specifica Petteni, «realizzare un “welfare mix” coinvolgendo soggetti sia del settore pubblico che del privato». Pronta la risposta dell’assessore Boscagli: «Noi teniamo conto di tutte le osservazioni fatte, ma è chiaro che il tema del welfare parte sempre dalla persona e coinvolge sia la famiglia sia l’associazionismo. Nella nostra regione è presente una rete importante, il cosiddetto “Terzo settore”, con cui noi abbiamo deciso di dialogare per arrivare insieme ad un “Patto per il welfare” che sia costruito mettendo attorno ad un tavolo una serie di realtà presenti in Lombardia».



Punto a favore per la Regione è aver conseguito l’obiettivo, che sembrava impossibile, di ripristinare il Fondo sociale regionale che, all’inizio di quest’anno, era passato a 40 milioni dai 70 dell’anno scorso. Un risultato ottenuto attraverso dolorosi tagli interni agli altri assessorati, vista la scarsità dei fondi stanziati da Palazzo Chigi che, per tutto il Paese, ammontano a 50 milioni di euro. «Noi siamo totalmente d’accordo con la Regione nel rivendicare al Governo la presenza di un fondo da attingere in caso di bisogno per il capitolo legato alla spesa sanitaria», chiarisce Petteni. «L’invecchiamento della popolazione, purtroppo, richiederà per il futuro sempre maggiori risorse per le persone non autosufficienti e con disabilità. Come sindacato, siamo inoltre disponibili a creare un fondo come aiuto concreto per questo settore». Per quanto riguarda il capitolo legato alle famiglie, la Cisl si dice soddisfatta: «Noi vorremmo che la collaborazione che ha portato all’istituzione del “Fattore Famiglia” venisse ricalcata, mettendo in campo le stesse sinergie, per tutti gli altri temi delicati che riguardano il welfare. Ci auguriamo che il Governo centrale collabori attivamente per allargare la rete di questi nuovi indicatori sociali».

 

(Federica Ghizzardi)