La ghigliottina della spending review azionata dal governo cala implacabile sulla sanità lombarda con conseguenze disastrose: quattromila posti letto da tagliare, 163 milioni di euro in meno da qui alla fine dell’anno e fondi ridotti di 815 milioni nei prossimi due anni e mezzo. Come se non bastasse, la stangata dell’esecutivo prevede l’imposizione di nuovi ticket sanitari, aumentando di conseguenza il numero delle prestazioni tassate. Il governatore Formigoni ha immediatamente fatto sapere che i presidenti delle Regioni chiederanno un incontro urgente con Monti per discutere “dei gravi problemi che i provvedimenti annunciati questa notte suscitano a riguardo della sanità e dei trasporti”. Secondo il presidente lombardo il governo sta attuando “tagli lineari” con gravi “ripercussioni dirette sui servizi ai cittadini, siano essi pazienti o pendolari”. “Non accettiamo questa logica – ha detto ancora Formigoni – che penalizza insopportabilmente le Regioni virtuose che non hanno sacche di inefficienza su cui applicare i tagli, tra cui la Lombardia certamente, unica ad avere i conti in pareggio”. IlSussidiario.net cerca di capire insieme a Antonello Zangrandi, professore di Programmazione e controllo delle aziende pubbliche all’Università Bocconi, quali saranno le maggiori conseguenze di questa spending review sulla sanità lombarda.



Professore, cosa ne pensa?

Operando tagli di questo tipo rischia di saltare uno dei meccanismi fondamentali degli ultimi anni del servizio sanitario nazionale che si basa sulla reale responsabilità delle regioni. Il fatto che il governo non intraprenda questa strada è un errore a mio giudizio molto grave.

Nel dettaglio, si parla di un deciso taglio al Fondo sanitario nazionale, ridefinizione dei tetti di spesa farmaceutica, riduzione della spesa di acquisto di beni, servizi e prestazioni da privati accreditati. Cosa può dirci?



Non voglio difendere il privato a spada tratta, ma che senso ha in questo momento storico decidere di tagliare prestazioni del privato in regime di convenzione? Farlo significa tagliare anche quelle del servizio sanitario nazionale, altrimenti sarebbero stato necessario ridurre le tariffe. Francamente, almeno per quanto riguarda la sanità, mi sembra una manovra non adeguatamente ponderata.

Come reagirà il sistema sanitario lombardo a tagli di questo tipo?

Per il momento la sanità lombarda è decisamente sana, offre risultati importanti risultati ed è molto reattiva alle politiche della Regione. Questo non avviene in tutto il Paese e in molte Regioni trascorre molto tempo prima che le politiche della Regione si traducano in fatti. La manovra del governo mina quindi alle caratteristiche stesse della Lombardia e al fatto che possa esistere una piena corresponsabilità per raggiungere l’equilibrio economico finanziario.



Come avrebbe dovuto agire il governo?

Sarebbe stato opportuno continuare ad applicare quanto fatto in passato, soprattutto per le Regioni in deficit, vale a dire definire dei costi standard e stimolare la responsabilità delle varie Regioni italiane. Questa è a mio giudizio una politica equa e corretta nei confronti di tutti, per far sì che la Pubblica Amministrazione possa essere sempre di più al servizio dei cittadini e non viceversa.

Cosa significa secondo lei abbandonare questa politica?

E’ senza dubbio molto pericoloso. Vorrei ricordare che negli anni Ottanta, quando tale politica era attuata, a seguito di tagli la spesa sanitaria ex post è addirittura aumentata in modo significativo. La deresponsabilizzazione sui risultati finali e la responsabilizzazione su singoli aspetti portano in realtà all’esplosione della spesa, non al suo contenimento, e in Italia abbiamo decine di esperienze che possono dimostrarlo.  

 

Il ministero della Salute ha anche spiegato che nessuna struttura ospedaliera con meno di 80 o 120 posti chiuderà…

 

Nei decenni precedenti molti governi hanno tentato di chiudere i piccoli ospedali con risultati quasi sempre deludenti. Questo perché la chiusura degli ospedali porta ridottissimi benefici economici, quindi è senza dubbio un’idea quantomeno discutibile.

 

Cosa si aspetta per il futuro della Regione?

 

Spero sinceramente che il governo possa lasciare alla Regione la capacità di progettare il servizio e che non intervenga nelle singole scelte, premiando quelle capaci di promuovere l’autonomia, l’equilibrio e la realizzazione di livelli di assistenza previsti a livelli nazionale. Al contrario, mi aspetto un atteggiamento diverso nei confronti delle Regioni che tutto questo non fanno.

 

(Claudio Perlini) 

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