Il cardinal Carlo Maria Martini è morto oggi pomeriggio nel Collegio Aloisianum di Gallarate (Varese). Dopo un ultimo peggioramento, iniziato a metà di agosto, l’ex arcivescovo era entrato in una fase terminale. Non era più in grado di deglutire né cibi solidi né liquidi, pur restando perfettamente lucido fino al momento del trapasso finale. Ilsussidiario.net ha richiesto al professor Giulio Sapelli, editorialista del Corriere della Sera, un ricordo del cardinale.



Carlo Maria Martini oltre che pastore è stato anche un grande uomo di cultura. Per quali motivi è stato significativo?

Martini è stato un grande biblista e un continuatore della tradizione italiana di studi biblici le cui radici sono andate al di là della Chiesa cattolica. Per chi come me si è sempre sentito molto devoto a Papa Paolo VI, il cardinal Martini rappresenta quel filone eminente dell’intellettualità che ha caratterizzato la Curia Romana e la Chiesa Ambrosiana. E pensando a lui non posso non ricordare anche la grande tradizione del modernismo francese, con cui persone come Montini e come Martini hanno sempre fatto i loro confronti. Oggi guardiamo di più alla scuola tedesca di Romano Guarini, perché Ratzinger ci spinge in questa direzione. Personalità come Martini invece hanno avuto come punto di riferimento non ortodosso la scuola parigina, soprattutto per quanto riguarda gli studi cristologici.



Che cosa ne pensa del suo ruolo di pastore dialogante con i non credenti?

E’ stata ammirevole e sorprendente la sua capacità di instaurare un dialogo, aperto e sincero, con molti intellettuali non credenti. Personalmente, non ho mai partecipato alle lezioni della “cattedra dei non credenti”; ma riconosco che ha saputo farsi incontro ad un mondo che ritengo non avesse molto da dire, almeno in taluni dei suoi esponenti, ma che egli ha instancabilmente cercato, esaltandone anche i minimi aspetti di verità. E’ stato anticipatore di un altro grande dialogo culturale della contemporaneità, come quello tra Ratzinger e Habermas.



Che cosa ha apprezzato di più del cardinale?

Ho letto tutti i libri del cardinal Martini, ma non ho mai avuto l’onore, che sarebbe stato per me un grandissimo privilegio, di poterlo incontrare di persona. Martini è stato una luminosa figura soprattutto negli ultimi anni. La sua esperienza in Terrasanta rimane una delle testimonianze più fulgide e grandiose che un uomo di fede possa dare. E’ un’indicazione per i giovani e per il loro universo materialistico, nei cui confronti il cardinale ha fornito una straordinaria lezione di umiltà che nasce nel silenzio, nella sofferenza e nella preghiera ritirandosi appunto in Palestina. E’ questo il Martini che amo, in quanto ha dato una testimonianza eccezionale di vita cristiana attiva nel silenzio e nella solitudine. Sono queste le due pieghe della sua personalità straordinaria meno apprezzate dai più. Per me, e lo dico con profonda umiltà, il Martini significativo è questo, lo studioso e il testimone di una immedesimazione nella vita di Cristo che giunge fino a farsi eremita in Terrasanta.

 

(Pietro Vernizzi)