La regione Lombardia, con la delibera IX/3850 del 25 luglio 2012, ha definito le modalità di destinazione del Fondo Sociale Regionale 2012 ammontante a 70 milioni di euro; 30 milioni saranno destinati alle «unità d’offerta afferenti l’area della disabilità attraverso l’assegnazione di voucher alla persone disabili per l’acquisto dei servizi resi da Centri Socio Educativi, Comunità Alloggio per disabili, Servizi di formazione all’autonomia e di Assistenza domiciliare di disabili» attraverso l’assegnazione di voucher ai cittadini. Ovvero: il finanziamento non viene erogato direttamente alle strutture ma ai pazienti. Il cittadino disporrà di un buono di entità compresa tra i 1800 e i 6mila euro da consumare ove preferisce. Un’iniziativa che ha fatto insorgere diverse aziende operanti nel sociale. Temono che, a questo punto, si troveranno con pesanti buchi di bilancio non previsti. Giancarlo Rovati, professore di Sociologia generale presso la Facoltà di Scienze Politiche della Cattolica di Milano, spiega a ilsussidiairo.net perché, in ogni caso, il sistema del welfare lombardo sia preferibile agli altri. «Il sistema dei voucher attribuiti ai singoli potenziali beneficiari di un servizio – spiega – si basa sul presupposto della sovranità del consumatore che, di volta in volta, decide, in ragione dei propri bisogni e dell’offerta corrisposta, dove andare». Alla base vi è una ratio ben nota: «E’ nato per combinare tra loro due elementi: quello della libera scelta e quello dell’efficienza. Il meccanismo, infatti, premia quell’ente capace di offrire, a parità di costo, un servizio migliore, introducendo una logica di concorrenza tra portatori di risposte. Contribuisce, inoltre, a lasciare al singolo utente la valutazione del rapporto tra costi e benefici». Come tutti i sistemi, ovviamente, è perfettibile. «Il singolo potrebbe non essere adeguatamente informato circa gli enti maggiormente in grado di fornirgli la risposta più opportuna. Libera scelta, infatti, non significa informazione perfetta e adeguata. Affinché la scelta sia effettivamente libera, occorre mettere l’utente nelle condizioni di conoscere i diversi fattori in gioco». Questo è possibile grazie al sistema degli accreditamenti. «La Regione svolge una verifica a monte, accreditando gli enti in possesso di terminati requisiti sulla base di parametri standardizzati. In seguito, potranno essere gli stessi enti a comunicare le strutture di cui dispongono, le proprie tempistiche e i livelli di qualità. Ovviamente, per loro si tratta di un costo. Che sarà, tuttavia, ripagato dall’affluenza dei pazienti se le informazioni date corrisponderanno al vero». E’ fondamentale che tutte le procedure siano estremamente oggettive e trasparenti. «Se è vero che in fase di accreditamento potrebbero sorgere fenomeni distorsivi, lo è anche il fatto che non è certo interesse dell’amministrazione pubblica attuare politiche di cattiva qualità; perché, infatti, creare un sistema che genera malcontento e, di conseguenza, fa perdere consensi?».
Resta il fatto che, dopo la decisione della Regione, alcuni enti si troveranno in difficoltà. «I rischi di fallimento, purtroppo, sono inscritti nella natura di ogni impresa. A meno che non si assuma una strada garantista, come normalmente si adotta per il sistema pubblico. Dove, indipendentemente dalla qualità delle prestazioni, tali rischi non ci sono». Ma, ovviamente, vale il rovescio della medaglia: «si spiegano facilmente, in questo modo, le voragini nei conti della sanità delle amministrazioni pubbliche. Siccome non esistono sanzioni, né di mercato, né politico-amministrative, non c’è alcun incentivo a operare bene».
(Paolo Nessi)