Cocaina? Non lo so e non lo voglio sapere. Il problema non è capire cosa ci sia dietro l’esecuzione di lunedì sera in via Muratori. Il problema sono i proiettili alla nuca a una madre dominicana con un figlio di pochi mesi in braccio. Il problema è il vigile schiacciato da un suv guidato da uno slavo in via Varè. Il problema è il dodicenne in bicicletta travolto dal tram per via di un’auto lasciata in doppia fila in via Solari. Il problema è la filippina uccisa dai pugni di un pugile dilettante in via Padova. Il problema è il giovane morto dopo una rissa in via Corelli. Il problema è il tassista picchiato a morte in via Ghini. Il problema è la madre aggredita al parco di Villa Litta dopo aver accompagnato i figli a scuola, la tredicenne violentata nell’androne di casa in Porta Romana, la ragazza svizzera con deficit cognitivi adescata in centro, trascinata fuori città e struprata da due rumeni. Il problema è che la vita umana, in questa città, non vale più niente.
Il problema non è capire perché Milano ormai sia peggio della Chicago degli Anni Trenta, o come la San Paolo del Duemila. Che sia l’immigrazione selvaggia, l’assenza di controllo sociale, l’inefficienza delle forze dell’ordine, il sovvertimento dei valori e soprattutto, l’esasperazione delle persone, per me, che ho due bambini da accompagnare alla scoperta del mondo, non conta. Il mio problema è dover insegnare ai bambini la diffidenza, invece della fiducia. Se qualcuno ti avvicina offrendoti una caramella, non accettarla: potrebbe essere drogata. Se qualcuno ti fa una carezza, scappa: potrebbe molestarti. Se c’è il semaforo verde non attraversare, perché può esserci un ubriaco alla guida, magari senza patente, a travolgerti. Se in mensa quello che hai nel piatto non ti convince, non mangiarlo, perché non sai chi te l’ha preparato e cosa ci ha messo dentro. Il mio problema è dover insegnare ai bambini l’indifferenza, invece della compassione. Se qualcuno allunga la mano chiedendoti un po’ di spiccioli per mangiare, non glieli dare, perché potrebbe essere uno zingaro che vive di quello e poi viene a rubarti in casa. Se a ogni semaforo gli storpi bussano al finestrino della mamma, fà finta di niente, perché aiutandoli fai il gioco di chi li porta in Italia per sfruttarli campando alle loro spalle. Se il tuo compagno di scuola viene deriso e picchiato dagli altri e le maestre non fabnno niente, stanne fuori, prima che capiti anche a te.
Ecco perché, bambini, ce ne siamo andati dalla nostra casetta nel “quartiere bello”, in mezzo al verde, e siamo venuti a vivere qui, in mezzo ai cinesi. Perché questo è un posto sicuro: dove ci sono i cinesi, si sa, non ci sono problemi di ordine pubblico. Magari c’è la mafia, ci sono le prostitute sfruttate nei “centri benessere” sotto gli occhi di tutti, ci sono bambini a lavorare nei bar e nei ristoranti. Ma per la strada è tutto tranquillo: non c’è la polizia, perché non ci deve essere. E soprattutto, ho ancora un po’ di tempo prima di dovervi spiegare anche tutte queste altre cose. Se potessimo permettercelo, bambini miei, saremmo già in Svizzera. Pensate, in quel paese fatato, quando sei per strada, nessuno ti bussa sui vetri, ti insulta, ti picchia, ti deruba, ti violenta o ti uccide. In quel luogo di fiaba le auto, quando vedono un bambino, si fermano e lo lasciano passare. E le aziende, quando fanno fare ai ragazzi i tirocini, li pagano. Perché in Svizzera i conti li fanno bene, e sanno su quali asset puntare. Così investono su quello che hanno di più prezioso: le nuove generazioni, che sono il futuro del paese. Ma noi, bambini miei, siamo nati a Milano. E questa è una città per vecchi. Che hanno già tutto e al futuro non ci pensano più.